Il teorema del babà
Letteratura italiana
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Opinioni inserite: 3
Leggero e piacevole
Ed eccoci di nuovo a Bauci, paesino della costiera amalfitana, piccolo centro dove tutti si conoscono e dove la vita scorre tutt'altro che tranquilla.
Un nuovo romanzo che, con ironia e semplicità, porta i lettori in un altro spaccato della nostra Italia; come Camilleri, Vitali e tanti altri, gli scrittori italiani del genere ci fanno viaggiare da nord a sud presentandoci personaggi tipici e ben caratterizzati, perfettamente ambientati nella terra in cui vivono e ne narrano piccole storie quasi quotidiane, dandoci modo di conoscere il loro carattere e il loro spirito fino in fondo. In questo caso ci addentriamo in un ambito appetibile al giorno d'oggi, un paese che viene sconvolto dall'arrivo di nuove mode "cittadine", quelle in campo culinario per la precisione, così lontane dallo stile di vita dei piccoli borghi di periferia, che quindi causano grande scompiglio e paura, come sempre il cambiamento porta con sè.
La storia è meno divertente rispetto al primo libro, che già dall'inizio denotava una nota ironica che qui non si intravede; nonostante questo la storia scorre, i personaggi si susseguono, volti già noti si alternano a volti nuovi, ma tutti senza dubbio entrano in sintonia con il lettore.
Mi piacciono i libri del genere, mi fanno sorridere e difficilmente mi deludono. Anche in questo caso, la storia forse manca un po' di mordente nel finale, ma tutto sommato si conferma quella lettura leggera e piacevole che ci si aspetta. Un libro consigliato per passare qualche ora di relax.
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Cotiche e cotenne
Sono stato fortunato a leggere questo libro proprio sotto il periodo natalizio. E' proprio in questo periodo che Di Mare fa nuovamente visita a Bauci.
E' sorprendente vedere come, in così poche pagine, l'autore concentri un libro di ricette, un manuale d'amore e una storia di vita quotidiana.
Ne ho approfittato per suggerire di approfondire il discorso "cucina molecolare" che personalmente avevo solo sentito in alcune occasioni. Mi ha stupito e impressionato.
Anch'io sono stato vittima più di una volta dei reality sulla cucina e nonostante non sia affatto un cuoco, amo cucinare sin da quando, da piccolo, aiutavo mia madre a posizionare le melanzane fritte per la parmigiana (o parmiggiana come direbbe Salentino D.O.C.). Questo racconto mi ha trasportato immediatamente a quei tempi dove la vita era più lenta e riflessiva. Infatti, nonostante sia un libro per niente impegnativo, non è privo di riflessioni anche profonde sulla vita e sul sentimento.
Ho apprezzato Franco di Mare in "Il caffè dei miracoli" e continua a divertirmi e sorprendermi sempre in modo differente.
Bauci esiste forse solo nella fantasia dell'autore (anche di Italo Calvino ne "Le città invisibili") o forse esiste davvero ed colorata e profumata e proprio vicino al Duomo c'è un ristorante dove fanno la parmigiana sempre allo stesso modo, da tre generazioni.
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Vite da babà
Franco Di Mare è un giornalista istruito e sincero, il suo romanzo è ironico e divertente. Mette di buonumore la storia di Procolo Jovine che nel suo ristorante custodisce e propone i piatti tradizionali di Bauci.
Per Procolo le storie d’amore e le ricette vanno di pari passo: gli entusiasmi dell’inizio, l’attenzione e la cura nella scelta e nella trasformazione degli ingredienti. E' indispensabile l'equilibrio di una mente e di un cuore sani nell’arte amatoria come in quella culinaria. Cucinare è come meditare: la pasta fatta a mano è imperfetta come la quotidianità dei "cristiani". L’alimentazione eccellente, la passione, il metodo e la lentezza rappresentano sicuramente la base per ogni desiderio di benessere.
Proprio nel piccolo paese della costiera amalfitana, Jacopo Taddei, attore della rivoluzione molecolare in cucina, decide di aprire il suo ristorante sensoriale. Sua Schifezza Reale, come Procolo apostrofa il “nemico”, si cimenta fra cibi e trasformazioni, seduzione e composizione chimico-fisica degli alimenti.
Nel romanzo il conflitto fra i due chef diventa pretesto per raccontare caratteri e comportamenti: don Assane, il saggio prete senegalese, il furbo assessore Ludovico Percuoco, il saccente professor Alceste Buonoconto e poi Rosa, la moglie giovane che richiede attenzioni, le cuoche che governano con maestrìa tutta femminile i pettegolezzi, le intuizioni, le benedizioni e le sfide.
La napoletanità, melanconica e speranzosa, e l’arte culinaria, fra tradizione e innovazione, diventano metafore della vita. Il babà è come il matrimonio: gli ingredienti semplici senza “la mano” sicura e geniale non ne assicurano la riuscita. La vita di coppia è come la pasta e fagioli che se è buona, è meglio quando è riposata. Basta distrarsi o amare di meno e il risultato finale è fallimentare per la vista e per il palato.
E’ la predisposizione alla relazione, all’accoglienza del nuovo e del diverso che, infine, salva l’esistenza di ogni persona. L’integrità e la difesa non sono il contrario del contagio e del disonore. A Natale, come per i due ristoranti di Bauci, aprire e godere delle contaminazioni e degli incroci possibili è il più degno messaggio di rinascita.
“Per la riuscita di un piatto l’abilità di chi lo prepara conta al quaranta per cento. Un altro venti per cento del merito va alla brigata, alla squadra che lavora ai forelli e alla preparazione degli elementi base. Ma il restante quaranta per cento va ai prodotti utilizzati, alla materia prima.”p.20
“La tua felicità è vedere la gente che paga il conto con un sorriso, perché l’hai fatta stare bene. Però nessuno se lo immagina che dietro quel piatto così buono ci sta la sveglia alle sette, la spesa al mercato, la stanchezza di una giornata di lavoro che può durare pure quattordici ore.”145