Narrativa italiana Romanzi Il sale rosa dell'Himalaya
 

Il sale rosa dell'Himalaya Il sale rosa dell'Himalaya

Il sale rosa dell'Himalaya

Letteratura italiana

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Duro, incalzante, corrosivo: Il sale rosa dell’Himalaya racconta la disavventura di Giada Carrara, una trentenne milanese. Tutto ha inizio il 13 febbraio, in una sera di pioggia, mentre la ragazza aspetta un ospite molto importante, anzi, decisivo. La cena è pronta, ma, poco prima che l’uomo arrivi, mossa dall’assurda necessità di aggiungere una nota esotica ai sapori della serata, Giada esce di casa per comprare del sale rosa dell’Himalaya. I tacchi, il telefono, i capelli lisci, la fretta, l’attesa di un uomo che potrebbe cambiare il corso delle cose. All’improvviso entrano in scena due sconosciuti che stravolgeranno i suoi programmi, cambiandole la vita in modo ben diverso dalle aspettative. Giada vuole farsi strada. È furba, ma purtroppo scopre di esserlo molto meno della somma delle furbizie altrui. La sua lotta per affermarsi nel lavoro diventa, dopo quella sera di pioggia, la lotta della “biondina di via Massena” contro il mondo. Un conflitto non solo contro i cattivi conclamati, i mostri espliciti: anche contro i nemici sottotraccia che sono ovunque. Il sale rosa dell’Himalaya racconta l’avventura di Giada a partire dal momento in cui nulla potrà più essere come prima.



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Il sale rosa dell'Himalaya 2019-03-05 11:40:29 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    05 Marzo, 2019
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Quel fatale dettaglio forse non così irrinunciabil

«Ha ragione il ragazzino. A tutti capita un giorno di partire dal quale niente sarà più come prima. Per alcuni è un giorno felice, memorabile: nasce finalmente una bambina dopo tanti figli maschi; oppure ricevono un’eredità inattesa che sapranno far fruttare; può persino capitare che escano dal coma e all’improvviso parlino inglese meglio dello sperduto dialetto cinese con cui sono cresciuti. Sono cose possibili, si leggono sui giornali. Ma la maggior parte degli esseri viventi quella giornata fatidica vorrebbe ridisegnarla, dimenticarla, cancellarla, perché vi accade un incidente irreversibile, che innesca una catena di vicende sciagurate. Come sostiene il ragazzino saggio, a quel punto conviene non nascondere niente, e anzi allenarsi a servire la propria catastrofe su un piatto d’argento, per farne un punto di forza.»

Doveva semplicemente essere una serata perfetta quella di quel 13 febbraio in una Milano piovigginosa e sul finire della giornata. Quel dettaglio, quel sale rosa dell’Himalaya non poteva mancare, era quel particolare che avrebbe reso la cena con quell’importante uomo eccelsa, che l’avrebbe resa indimenticabile. Cinquanta minuti di tempo per procurarselo e per tornare a casa per l’incontro con quello che sperava poter essere il primo cliente della sua futura agenzia, un progetto che coltivava da tanto e che l’avrebbe resa finalmente una imprenditrice di successo autonoma. Nessun taxi disponibile, rinunciare o prendere la metropolitana? Tacco alto, vestitino e borsetta abbinati, ombrello, telefonino all’orecchio e capelli biondi perfettamente piastrati sono la mise con cui Giada decide di uscire, non ha tempo per cambiarsi e non può astenersi da quella perfezione che tanto ricerca. Una chiamata di Filippo, un uomo che le si avvicina per chiederle una sigaretta quando lei non fuma, il mondo che finisce, l’inizio dell’inferno con due carcerieri, Yon e Dimitru, di una prigionia durata 31 giorni fatta di violenze fisiche e morali, violenze sessuali, desiderio di fuggire o esser salvata o in alternativa di morire pur di porre fine al supplizio, di fame e stenti. Talmente tanta è la sete della giovane protagonista, quasi trentenne, che non esita a lappare l’acqua di una pozza putrida riscoperta in quella galera, sita nella periferia più estrema della metropoli milanese, dove resiste tra i suoi stessi reflui corporei, abiti strappati e una magrezza scheletrica. Quanto tempo ci vorrà affinché qualcuno si renda conto della sua scomparsa? Perché alcuno si fa vivo? Cosa aspettano i soccorsi? Come immaginarsi che tra le conseguenze intrinseche dell’esser prigioniero vi sarebbe stata anche la noia?
È un progetto ambizioso quello di Camilla Baresani che cerca di ricostruire nella veste di un’inchiesta un fatto soventemente oggetto di cronaca. La prima a ripercorrere le vicende è la stessa Giada che si interroga e rivive le vessazioni con coraggio e con la determinazione e la volontà di non rispondere all’odio con altro odio, alla violenza con altra violenza. E se da un lato il lettore riscopre dai suoi pensieri e dalle sue riflessioni quel che sta subendo, al contempo allo stesso viene sbattuto quel che accade esteriormente alla dimensione del sequestro: l’indifferenza. Passano giorni prima che qualcuno si renda conto della sua scomparsa, passano giorni prima che gli impegni non siano così improrogabili da rendere atipica la sua assenza dal lavoro, passano giorni prima che vicini di casa e portieri si accorgano di quell’assenza nell’interno 12, passano giorni prima che i familiari stessi decidano di far partire le ricerche con i loro usi e costumi da “provinciali”. Al tutto si sommano maldicenze, critiche sfrenate, malelingue che non perdono l’occasione per screditare la malcapitata.
Non serve molto a Giada per capire che la sua vita fino al rapimento è stata fatta di apparenze e futilità, è stata un’esistenza composta da falsi valori e errate priorità a cui si avvicendavano persone inutili, inconsistenti, che ricercavano in lei un’amicizia di convenienza. Elementi a cui si somma ulteriormente la consapevolezza che quegli amici, quei colleghi, quegli stessi familiari che di fronte ai mass media si dimostravano angosciati, in ansia, preoccupati, erano in verità infastiditi dal doversi mettere a nudo, dal dover rivelare aspetti di vita privata che avrebbero preferito celare, o ancora di dover rallentare i rispettivi ritmi, o ancora di dover rinunciare ad impegni e progetti per consentire agli inquirenti di procedere nella risoluzione della scomparsa.
Sono proprio questa falsità e questa vacuità mixate all’indifferenza e all’apatia del mondo moderno e a una impostazione narrativa intelligente, a costituire i punti di forse di questo romanzo caratterizzato da una storia dura e attuale.
Buona la caratterizzazione dei luoghi e dei personaggi (in particolare di Giada che matura riuscendo a compiere i primi passi per un nuovo avvenire privo di collera e ira) nonché la fluidità della penna dell’autrice che riporta, ricompone senza cadere in prolissità.

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Il sale rosa dell'Himalaya 2019-02-24 20:27:25 marinablu
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marinablu Opinione inserita da marinablu    24 Febbraio, 2019
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TROPPO SALE FA MALE

Milano 13 febbraio, ore 19:36…Giada Carrara, trent’anni, capelli lunghi, lisci e biondi, un filo di trucco leggero, addosso il profumo fresco di una crema per il corpo al bergamotto e abito da sera, nonché le sue décolleté con tacco alto…e’ tutto pronto per la sera che le cambierà la vita… la cena comprata alla migliore gastronomia di Milano…la casa è perfetta, Giada è perfetta, è “quasi” tutto perfetto …manca un solo piccolo particolare che nell’immediato diviene indispensabile, il famoso sale rosa dell’himalaya che darà un sapore esotico a quel cibo servito su eleganti piatti di porcellana bianca, quel tocco in più che con il senno di poi doveva essere evitato …” A tutti capita un giorno a partire dal quale niente sarà più come prima. Per alcuni è un giorno felice, memorabile: nasce una bambina dopo tanti figli maschi; oppure ricevono un’eredità inattesa che sapranno far fruttare; può persino capitare che escano dal coma e parlino inglese meglio dello sperduto dialetto cinese con cui sono cresciuti. Sono cose possibili, si leggono nei giornali. Ma la maggior parte degli esseri viventi quella giornata fatidica vorrebbe ridisegnarla, dimenticarla, cancellarla perché vi accade un incidente irreversibile, che innesca una catena di vicende sciagurate”…per Giada il punto di non ritorno è proprio quella sera del 13 febbraio, quando esce, tra la pioggia, per comprare il sale rosa dell’himalaya viene aggredita da uno smilzo e uno sfregiato, che la caricano in macchina e la rapiscono, per un mese intero Giada vivrà letteralmente segregata in una baracca nella periferia milanese….
Con una scrittura scorrevole, priva di giudizi, limitandosi a raccontare i fatti, Camilla Baresani è abilissima a far descrivere a famigliari, amici e colleghi la personalità di una Giada “pre-sequestro” e tra loro la superficialità, il cinismo e il tornacontismo se la giocano così che stringi stringi esce fuori il ritratto di una trentenne bocconiana e arrivista, maniaca della perfezione e attenta alle apparenze, una che sa quel che vuole e lo ottiene sempre, una che è sempre un passo avanti agli altri, una che, in questa faccenda, è un pò "meno vittima" delle altre vittime, una che ha sempre avuto tutto quindi in fondo le sta anche bene quel che è successo, … a controbilanciare ciò c’è Giada, sola, che ha paura e che subisce la violenza, il freddo, la fame, la sete, il sonno, c’è la sua voglia di sopravvivere e poi i giorni che passano e le cose che non cambiano, la voglia di morire e di nuovo la forza per continuare a vivere, catalogare tutto nella sua mente, anche il più piccolo particolare, da poter poi raccontare agli inquirenti quando l’avrebbero trovata, c’è il suo concentrarsi per non uscire di senno, per essere presente almeno a se stessa, per non dimenticare chi è e chi avrebbe potuto essere.
L’autrice racconta di una civiltà sciacalla delle disgrazie altrui, il cavalcare la notizia alimentandola con illazioni per poi passare a notizie più fresche che fanno più audience, ci sbatte in faccia luoghi comuni parlando di un atteggiamento chiuso e provinciale per chi proviene da una piccola città e al contrario si passa alla vita delle grandi città dove i rapporti umani hanno perso ogni valore e “morte tua = vita mia”, ci racconta di una donna che trova il coraggio di dover sopportare i due esseri sciagurati e meschini che l’hanno sequestrata, ma ci racconta anche del suo essere ignara che altrettanta meschinità e miseria d’animo è presente tra coloro che fino a trenta giorni prima abitavano il suo mondo.

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Il sale rosa dell'Himalaya 2014-07-07 16:51:10 giuse 1754
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giuse 1754 Opinione inserita da giuse 1754    07 Luglio, 2014
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Uccide più la lingua

A volte un dettaglio ininfluente, un gesto non necessario, possono modificare il corso degli eventi. E’ qui che entra in gioco il caso, al servizio del Fato, a imprimere alla nostra vita una svolta insospettata e spesso indesiderata, obbligandoci a seguire una direzione necessaria, ma incomprensibile ai nostri occhi.
Nel libro di Camilla Baresani l’uscita da casa di Giada, alla ricerca del sale rosa dell’Himalaya che dovrebbe rendere più raffinata la tavola per una cena importante per la sua carriera, è il fattore scatenante degli eventi che ci vengono narrati.
E’ un libro ben scritto, duro ed esplicito quanto basta, che tuttavia non indulge in facili particolari da letteratura pulp.
La vicenda coinvolge, si tende a identificarsi con la protagonista, sequestrata e violentata. Specie noi donne siamo portate a pensare che quello che è successo a Giada potrebbe capitare anche a noi, come purtroppo succede quotidianamente a tante donne stuprate o ammazzate.
La parte più interessante del libro, a mio parere, consiste tuttavia nello smembramento dell’identità della protagonista da parte dei suoi conoscenti, che approfittano dei riflettori dei mezzi di comunicazione puntati sulla scomparsa della ragazza per avere i famosi dieci minuti di popolarità. Parlano e sparlano della sua personalità; la vittima tende ad assumere pian piano i connotati di una che tutto sommato se l’è cercata.
L’ambizione diventa arrivismo, i piccoli escamotage per emergere assumono i contorni di azioni moralmente riprovevoli, se non vere e proprie truffe a danno di altri.
Quasi nessuno di questi presunti amici o colleghi, alla fine, spererebbe in una soluzione favorevole alla ragazza scomparsa.
A conclusione della vicenda c’è invece il colpo di scena di un fato finalmente favorevole, unita a una scelta radicale che cambierà per sempre la vita della protagonista e che ribalterà i valori in cui ha sempre creduto.
E’ un finale a cui invece io credo poco. E’ vero che le persone cambiano dopo un evento particolarmente traumatico, ma non cambiamo mai così tanto da rinnegare tutta la vita precedente.
Anche il comportamento di Giada durante il sequestro mi desta qualche perplessità. Camilla Baresani descrive un comportamento condiscendente che rasenta la sindrome di Stoccolma, anche questo poco credibile in una personalità come quella che ci viene presentata all’inizio del libro.
Poi, si sa che in certe situazioni bisognerebbe trovarsi, e io spero di non dovermici trovare mai.
Nonostante le perplessità appena descritte, è un libro che consiglio di leggere, e che non lascia indifferenti.



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Il sale rosa dell'Himalaya 2014-06-30 21:10:05 ant
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ant Opinione inserita da ant    30 Giugno, 2014
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Milano e Giada

Una discesa agli inferi, partendo da situazioni banali e molto comuni. Il romanzo inizia in una fredda sera di metà febbraio, a Milano, una ragazza in carriera, Giada, ha come ospite a cena a casa sua un rampante uomo d'affari e per dare un tocco esotico ai suoi piatti esce x comprare sale rosa himalayano. Mentre Giada attraversa i giardinetti pubblici, le si avvicina un mendicante x chiedere soldi, l'alito cattivo di quest'ultimo, la faccia deturpata, l'insistenza, scatenano in Giada un senso di repulsione che la portano a scacciare via il seccatore con insofferenza e brutalità. Yon, il nome del diseredato, a questo punto toccato nel vivo blocca Giada e la trascina dietro un albero e da lì in poi la discesa agli inferi di Giada ha inizio. La ragazza viene portata in una baracca, alla periferia di Milano, in balia di Yon e del suo compare Dimitru.
L'autrice è abilissima a tracciare il quadro psicologico, comportamentale e sociale della protagonista, descrivendone le ambizioni sfrenate di carriera e il contesto in cui abitualmente lavora , allo stesso tempo vengono dettagliatamente sviscerati usi, costumi e abitudini molto provinciali e da parrucconi dei familiari, vicini di casa, amiche e amici etc. In una situazione drammatica come un sequestro maldestro di persona, tipo quello descritto sopra, invece di far emergere immediatamente angoscia e preoccupazione nelle persona vicine a Giada, paradossalmente è fonte di critiche sfrenate e maldicenze sulla malcapitata e prima che le indagini partano con decisione , passano parecchi giorni e la povera Giada sopravvive di stenti e privazioni a due passi da una delle città più moderne d'Europa.
Un presa di coscienza, da parte di Giada, che la sua vita fino al rapimento sia stata vissuta circondata da gente a dir poco inutile, d'altro canto sia i colleghi che i familiari di Giada, se apparentemente si mostrano ai mass media preoccupati e in ansia x le sorti della rapita, in cuor loro sono più che infastiditi di dover dar dettagli sulle loro vite private e di dover rallentare i loro frenetici ritmi di vita per dare spazio alle indagini e alle notizie sulla rapita.
Notevole spaccato psicologico, che fa riflettere sulla falsità e vacuità di tante esistenze basate sul nulla.
Giada riesce a liberarsi, ma la sua vita non sarà più come prima, con una sorpresa finale che spiazza veramente. Concludo riportando il commento di un ragazzo di 16 anni che x rincuorare Giada dice:
..."Il passato non molla la presa, è un'ombra che prima o poi si ripresenta. Inutile far finta che non ci sia stato ed escogitarne uno diverso. Sfruttalo così com'è fallo diventare leggendario"
Note personali: ho iniziato questo libro nei giorni in cui è sparita l'imprenditrice romana M. Giorlandino, in più il testo inizia la sera del 13 febbraio(data del mio compleanno) e il rapimento di Giada avviene nei giardinetti nei pressi della fermata metro Pagano(a Milano) che io conosco molto bene.
Questo libro non lo dimenticherò facilmente

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Il sale rosa dell'Himalaya 2014-06-17 16:46:45 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    17 Giugno, 2014
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Da dentro e da fuori

Libro che spezza il fiato. Racconta la storia di una violenza su una giovane donna. E la racconta da dentro di lei e da fuori lei. Tutto parte da un giorno, un istante, una scelta, a partire dalla quale niente sarà più come prima. Giada esce di casa per andare a comprare il sale rosa dell’Himalaya, senza cui il piatto che ha in programma per la sera non sarebbe stato perfetto come voleva. Quella sera uno smilzo e uno sfregiato entrano nella sua vita, e non solo nella sua vita e gliela cambiano per sempre. Giada resiste, non combatte, ma, a modo suo, si difende, per non lasciarsi rovinare né dentro né fuori. Prova paura, schifo, dolore, fame, sonno, freddo e trova il modo di sopravvivere. Scrittura dura, che ricorda lo stile della Mazzantini. Storia ancora più dura. Con un dopo-storia ancora più forte. Perché gli altri sono davvero capaci di fare tanto male. Giada trova la forza, trova l’energia, trova la rabbia, ritrova la vita. Perché occorre conoscere per riuscire a dimenticare e dimenticare per poter procedere e ricominciare. Giada ricomincia e ti rimane nel cuore.

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