Il professore di Viggiù
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Massimalismo alla Mauro Corona
Mi ricordo ancora l'intervista radiofonica a Aldo Nove che terminava in un qualcosa di simile a: “Viva la drog..., ehm non si può dire”. Ecco, ora capisco: temo che gran parte del libro sia stato scritto e concepito sotto l'effetto di qualche sostanza allucinogena, altrimenti non si spiegano i salti logici e semantici, gli errori sintattici, la punteggiatura buttata a caso; o quantomeno appare evidente che la bozza non è mai stata riletta e corretta. In ogni caso ci troviamo di fronte ad un'opera a metà tra il farneticante e il dilettantistico, irritante per il modo in cui è stata scritta.
Oltre che la forma, anche la trama è alquanto traballante. C'è questo professore di Viggiù, guarda caso città natale dell'autore, una sorta di mago Merlino dei tempi moderni, esperto, saggio, tuttologo, che prima di sparire lascia un messaggio al protagonista, forse in sogno, forse no – il libro è pieno di indecisioni e di aspetti contrari e contraddittori che dopo un pò non vale nemmeno la pena di risolvere – oppure lo trascina in un viaggio, in un'avventura, a tratti puramente trash, guazzabuglio di finzione, realtà, attualità surreale, che mi guardo bene dallo svelare...
Peccato, perché la volontà di denunciare alcuni mali della società, che sottende alla confusa trama, è condivisibile ma totalmente inefficace, in quanto messa in bocca a personaggi per nulla credibili e caratterizzati poco e male. Tramite essi, l'autore sale in cattedra e spara a zero con toni apocalittici contro l'umanità tutta, definendola già morta, a causa dello spostamento dall'essere all'avere, della schiavitù ai soldi e al profitto, della “Finanza” e del controllo delle grandi famiglie capitalistiche sul pianeta. Sono temi senz'altro importanti che però vengono banalizzati da un massimalismo che ricorda le invettive di un Mauro Corona.
Senza contare gli scivoloni presuntuosi nello scagliarsi contro le case editrici ed i lettori stessi. Qui vale la pena citare testualmente:"...in un paese di deficienti in cui editori e lettori non si sottraggono certo alla demenza, alla povertà mentale e di valori del resto della popolazione per il fatto che leggono o dicono di leggere libri (sarebbe troppo facile)".
Un libro pieno di astio, poco rispettoso nei confronti dell'intelligenza umana, catastrofista e catastrofico. Un'occasione persa.
Viene voglia di disintossicarsi con un “1984” o un “La fattoria degli animali” di Orwell. Ma lo chiederei a Aldo Nove: perché non esistono più scrittori così?
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Se tutti delirano, nessuno delira?
Aldo Nove immagina che Il professore di Viggiù – un uomo che dopo tanto peregrinare si stabilisce nel paese lombardo (“Villa Omero, si chiamava la dimora del Professore”) - consegni un manoscritto all’amico panettiere, il quale a sua volta lo affida allo scrittore affinché venga pubblicato.
Il manoscritto contiene verità rivelate, talvolta espresse in versi (“Io ero quel calore, quel calore era la Terra. E la Terra ero io”), teorie (“Se smetti di essere qualcuno, se smetti di cercare di esserlo, allora semplicemente sei”), assiomi (“Ogni cosa è desiderabile e degna di essere amata, perché ogni cosa è tutto”) e critiche rivolte alla società e all’economia globale (“La Finanza, che non è altro che un mostro prodotto dalla nostra immaginazione, è diventata l’unica realtà in cui tutti crediamo”).
Nella seconda parte dell’opera alcuni eventi surreali (“Il noto miliardario Gianluca Vacchi… ha subito l’attacco di un orso polare… Vacchi… uno dei più rappresentativi ed emblematici modelli del nostro tempo”) e paradossali (la Merkel viene divorata da un coccodrillo) sono spie della deriva di un mondo che poggia la propria organizzazione sui trucchi della finanza.
Il libro è un concentrato di teorie che simpatizzano per lo spiritualismo orientale e un agglomerato di eventi strampalati e deliranti che riecheggiano certe atmosfere alla Bukowski.
Giudizio finale: sincretistico, surreale, a tratti delirante (“Il delirio di gruppo non è diagnosticabile: se tutti delirano, nessuno delira”).
Bruno Elpis
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