Il prete bello
Letteratura italiana
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Ciclisti con le ali
Parise ci fa entrare nei pettegolezzi di un condominio pieno di zitelle innamorate del prete bello del titolo. Il prete oltre a essere bello pare avere poche altre qualità, ma nel corso della storia si umanizza e sembra nutrire veri sentimenti nei confronti dei due ragazzini protagonisti. La cosa più bella del romanzo sono i due ragazzini e la loro amicizia. Il libro ha un finale poetico e bellissimo che vale l'intero libro.
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Ragazzi di vita
La mia edizione datata 1965, a lire 350, quella con la copertina amaranto e il classico capello romano da prete, nella collana Garzanti per tutti - Romanzi e realtà, reca in copertina una sorta di occhiello che recita: “vizi e pettegolezzi della vita di provincia di uno dei più spregiudicati romanzi del realismo italiano”. Sorrido: è il segno del tempo. Mi chiedo, ancora una volta, che segno lascia un'opera d'arte in noi lettori a dispetto delle categorie, della moda dei tempi, di un lancio editoriale. Sono partita dal più famoso romanzo di Parise, scritto nel 1954 quando l'autore aveva venticinque anni, e se l'ho acquistato nel mercato dell'usato è perché qualche meccanismo, legato molto probabilmente a un'indecifrabile reminiscenza, è scattato; eppure tutto è respingente, fin da quelle righe sopra citate. La lettura, purtroppo, per un misto di contingenze, tutte estranee al romanzo, si è dilatata in modo disfunzionale, languendo e arrivando perfino a incancrenirsi; la tentazione di abbandonarlo è stata forte. Complice la voce narrante di Sergio, un ragazzetto della Vicenza fascista, città mai palesata nel suo toponimo ma a cui lo scritto tende per natura e per genesi, proseguo nonostante le decantante bellezze di Don Gastone e benché le smancerie virginee delle sante donne ecclesiastiche non mi facciano affatto divertire, a tratti sbadiglio e mi annoio. Neanche le bravate della naia, la cricca di poveracci a cui Sergio si rifà, o il suo momentaneo assurgere alle grazie delle pie donne, affinché egli sia il mezzo per arrivare a cotanta proibita bellezza, via beneficenza, mi aiutano a superare la reticenza. Poi arriva lei, Fedora, ventiduenne rigogliosa, e finalmente l'azione narrativa subisce una gradevolissima svolta e la caratterizzazione supera le beghine e le frontiere della piccola provincia si aprono e succede ciò che fino ad allora si era solo paventato: il prete si fa uomo. E i monelli vivacchiano e tutto smette di ruotare intorno all'immobilità delle vergini e la lotta per la sopravvivenza del povero si fa più ardua e più dura. Sorprendente seconda parte, mentre già qualcosa mi aveva spinto fin lì: la rappresentazione realistica, vivida , verace e insieme poetica della miseria, gli ampi inserti descrittivi di uno spaccato suburbano i cui bozzetti pennellati finemente dell'autore si imprimono nella memoria come fotogrammi. Sono il portico della custodia biciclette, i salotti perbene, il gabinetto volante, uno stravagante sgabuzzino fra i tetti, dotato di un prezioso water: immagini felliniane, quasi. Ecco, il pettegolezzo vicentino è quello che mi ha meno interessato, così come ho trovato certo funzionale la critica al fascismo attraverso la rappresentazione di un suo mirabile prodotto fattosi prete ma non bella. La bellezza del romanzo però l'ho trovata, senza ricercarla appunto, anzi quasi rischiando di non avvertirla, nella storia del piccolo Sergio, del suo amico Cena e nella sfortuna che si ha a nascere poveri. Lo consiglio, con consapevolezza.
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L'umanità in un cortile
Vicenza,1940: in un cortile popolato da personaggi eccentrici e miserevoli, “simile a un'orchidea i un cumulo di spazzatura” lussureggia la figura di don Gastone, prete bello, giovane, vanesio e
intraprendente, che presto accende la passione nell'anima di ogni uomo e donna, come eroe, modello di fascista, come santo,come sogno proibito. Sergio e Cena, ragazzini poveri, reietti, protagonisti di questa storia,sono gli unici a vederlo come un uomo, e piuttosto che venerarlo, sfrutteranno la passione dei vicini, in particolare delle tante “signorine” di età avanzata, per ottenere soldi e regali, per saziare la fame e godersi l'ultima stagione della propria infanzia.
Come ogni romanzo di Parise, anche “Il prete bello” racconta il mondo attraverso i personaggi che lo abitano, pieni di passioni, vizi, difetti e fissazioni: il cav. Esposito, meridionale, vedovo con cinque figlie, con due soli beni, più importanti di ogni cosa al mondo: la fede nel duce, e il suo personale gabinetto, invidiato dal quartiere; le Walenska, espressione dell'aristocrazia decaduta, vestite di piume di struzzo, ma che si riscaldano amplificando un raggio di sole con una lente; la signorina Immacolata col suo occhialino d'oro e la sua eleganza che la distingue come padrona di tutto il quartiere. Viene poi la massa dei personaggi più miserevoli, che non sentono molto oltre la fame, e da questa emerge Sergio, il narratore. Attraverso la sua voce si esprime Parise, nel suo stie incredibilmente vario, che passa da momenti di comicità ad altri di incredibile commozione, in un graduale passaggio dalla spensieratezza dell'infanzia alla presa di coscienza della durezza della vita, proprio attraverso l'osservazione del microcosmo del cortile.
Un romanzo che disegna il quadro perfetto di un pezzo della società in un preciso momento storico, ma con la leggerezza dell'occhio del bambino, con un linguaggio sensoriale, velato spesso di un erotismo infantile, con la delicatezza di un primo approccio al mondo degli adulti. Da leggere per lo stile magistrale, e per tutti gli amanti del romanzo neorealista.