Il muro. Vita precaria di giovani tacchini
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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SIAMO TUTTI PRECARI
“Eh già, ci sono anch’io. Il deus ex machina. Il giovane disoccupato, precario nel corpo e nello spirito. Il tacchino-madre.
L’unico, vero e inimitabile proprietario del cumulo di pietre che hai appena visitato.”
Ho estratto qualche riga dalle ultime pagine per introdurre questo romanzo dalle caratteristiche poco romanzesche, che narra lo scontro tragicomico tra le due fazioni interiori di un italiano di giovane età, una delle tante vittime dell’attuale, serissima, crisi economica. La lotta interiore, come capita spesso, si infila nei panni letterari di due personaggi antagonisti: speranza contro rassegnazione, voglia di reagire contro voglia di morire, Brando contro Aceto. Il cane Charlie anima con la sua vitalità canina la convivenza all’interno di un’unica mente, un muro di neuroni in bilico tra l’essere e il nulla.
L’invasione progressiva del nulla nella quotidianità è rappresentata con efficacia. La mancanza di occupazione può portare prima alla morte civile e in seguito, non di rado, alla morte fisica, a quei suicidi in giovane età difficili da capire, forse perché la spiegazione è fin troppo semplice: non si è davvero giovani quando non si hanno prospettive davanti, l’età anagrafica conta poco o niente se si ha l’impressione di non avere uno spazio in cui muoversi, se qualsiasi sforzo sembra inutile.
Il nulla, però, forse è troppo poco per un romanzo. La testimonianza è ben scritta e il ritmo è ben costruito, ma l’ironia non decolla, spesso non funziona.
Interessante la postfazione del professor Renzo Carli, sulle cause e la natura della sfiducia nel futuro così diffusa tra le nuove generazioni. Forse può suonare assurdo domandarsi per quale motivo questa generazione di giovani tacchini “choosy”, “sfigati” e “bamboccioni” non abbia fiducia nelle proprie possibilità. Ma la domanda è doverosa, soprattutto quando la risposta sembra fin troppo ovvia.
Leggiamo questo libro, comunque. Forse siamo davvero tutti precari.