Il maestro
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
CORRADO E I SUOI RICORDI
Corrado Lazzari è il protagonista di questa libro molto particolare, è un uomo anziano che vive da solo in un palazzo dove è l’unico coinquilino.
Il sentimento che pervade l’intera lettura del romanzo è la solitudine e la difficoltà di rimanere soli con se stessi.
Corrado è stato uno dei più grandi attori del Novecento, questo lo capiamo perché la narrazione in terza persona ci riporta molti episodi del passato dell’uomo, ci racconta i suoi viaggi, le persone che ha incontrato, i lavori di cui ha fatto parte.
Il palazzo in cui vive l’uomo è al centro di Roma, una città che non è più la stessa di tanti anni fa, che sta perdendo a poco a poco la speranza e la vita.
Roma è diversa, ormai spenta e non illuminata più dai splendori di una volta e dalla bellezza di cui Corrado ha solo un ricordo lontano, una città che in passato l’ha emozionato e affascinato.
Corrado è un uomo schivo, riservato e anche un po’ burbero non lascia avvicinare nessuno, solo una ragazza gli porta da mangiare , è Alessandra una giovane che studia lettere alla Sapienza.
L’uomo si vuole isolare e lasciare tutti fuori dalla casa in cui vive, come se si volesse allontanare da un mondo che non sente più suo, di cui non fa più parte.
Un giorno Alessandra prova a chiedere aiuto a Corrado per il suo percorso di studi, ma l’uomo inizialmente non vuole aiutarla, ma poi tutto cambia e i due iniziano a parlare. Corrado inizia ad essere “Il maestro” del titolo, a spiegare e ad insegnare quello che sa e quello che ha fatto per una vita.
Quello che notiamo è un forte contrasto tra il passato glorioso, pieno di successo, di soddisfazioni, pieno di amore, di viaggi e un presente di solitudine e di tristezza, dove regnano solamente la malinconia e dove ogni gesto diventa abitudinario.
Con Alessandra ritrova il piacere di parlare con qualcuno, di non essere più solo e la ragazza gli confessa le sue paure, i suoi momenti difficili e come se il maestro fosse una sorta di padre, di zio che la consiglia.
Lo stile di Carofiglio è molto scorrevole, il romanzo si legge velocemente e la narrazione è quasi teatrale, frammentata, con periodi molto brevi.
Il filo conduttore dell’intera storia è l’opera “Amleto” di William Shakespeare, che viene citata in più pagine e che è molto cara ai due protagonisti.
Un romanzo che è pieno di malinconia, di tristezza e di rimpianti, un uomo che è rimasto solo, nonostante il gran talento, il successo, gli amici.
Un libro che ti fa pensare, che ci insegna a non dare nulla per scontato, a dare il giusto valore e importanza alle persone che ci stanno accanto.
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Sipario
“Tutto il mondo è in una stanza.
Tutto il mondo è in quella stanza.”
Corrado Lazzari, il Maestro, appena diciottenne è entrato nell’Accademia di Arte Drammatica, è da poco finita la guerra. Vuole fare l’attore.
E’ stato il più grande attore del Novecento e Shakespeare il suo mondo. Affollatissimo.
Poi sono trascorsi gli anni e le stagioni. La folla è scemata. I sipari si sono aperti e chiusi.
Oggi è solo. Nessuno va a trovarlo. Nessuno si siede con lui per parlare, per ricordare.
E’ solo con i suoi scatoloni strapieni di ricordi del teatro, della sua vita ormai fatta di foto, ritagli di giornale, vecchi copioni.
Abita in un vecchio palazzo al quinto piano al centro di Roma, esce poco, per lo più legge, scrive, ascolta musica, riordina il suo archivio. Un appartamento frequentato solo da lui, se non fosse per Alessandra, che a pranzo e a cena gli va a consegnare il pasto su un vassoio.
Le giornate trascorrono tutte uguali, alcuni parlerebbero di una perfetta solitudine e ne avrebbero paura. Lui no. Lui, le sue abitudini e la sua quotidianità, scandita ogni giorno.
La sua casa che vive anche quando lui non c’è.
Sembra un racconto di una grande solitudine, ma forse mi inganno.
Forse basta poco a far ritornare quel mondo, forse basta un po’ di luce.
Qualcosa ancora può succedere. Accade che Alessandra vada a bussare alla sua porta, questa volta non per portagli il pasto, ma perché sta’ studiando alla sua tesi sulla storia della messa in scena di Shakespeare in Italia, dunque ha pensato a lui, al Maestro.
Alessandra. Parlare. Ascoltare. Raccontare. Rivivere. Lasciare l’eredità dei ricordi.
“A volte invece è come se si aprisse una porta, ed entrasse una luce che acceca.
E quel mondo torna.”
Francesco Carofiglio fratello del più famoso Gianrico, ci narra di una vita avventurosa e felice e del suo evolversi nella vecchiaia. Di come la solitudine possa trasformarsi in un interesse ritrovato, come i ricordi possano smettere di essere solo ricordi e tornare a rivivere lasciando una eredità di racconti.
Si può tornare a essere vivi se i desideri non sono definitivamente morti, ma solo sopiti.
Non importa quanti spettatori ci saranno.
Basta la ritrovata emozione per scoprire che nulla è perduto, per intraprendere il nuovo viaggio in serenità.
Ridere a voce alta quando si è soli fa compagnia oppure rende il silenzio più concreto?
La prosa scorrevole, a tratti quasi lenta, sembra essere scolpita a immagine di quest’uomo, che in fondo mi tiene compagnia, e mi chiedo se lui riesca a sentire la mia. Mi viene facile immedesimarmi e mi chiedo chi potrebbe essere la mia Alessandra, e se ci possa essere una Alessandra per me.
Il Maestro mi fa riflettere, in silenzio, mi perdo nei miei ricordi e nelle mie elucubrazioni.
Una nota malinconica accompagna tutto il racconto, provo una tristezza che è anche una constatazione, mi inseguono continuamente e mi accompagnano nel finale che è anche consolazione.
Buone prossime letture.
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L'ultima rappresentazione
Francesco Carofiglio ne Il maestro fa emergere, in tutta la sua potenza, il suo amore personale per il teatro. I suoi significati, i suoi temi.
Il libro narra la storia di Corrado Lazzari, uno dei più grandi attori del Novecento. Ha interpretato parecchie opere in tutto il mondo, è stato l’interprete perfetto della tragedia shakespeariana, un interprete vissuto, competente e impareggiabile, le platee di tanti teatri lo hanno osannato. Ma ora è un uomo solo. Vive nel ricordo del tempo che fu e non è più. Una donna gli cura le pulizie della casa, la propria igiene personale, i pasti gli vengono consegnati due volte al giorno dalla trattoria vicina. Ora è:
“insofferente a tutto. A volte se ne rende conto, a volte no. (…)vorrebbe che sparisse per sempre, vorrebbe tornare a letto e risvegliarsi vent’anni prima.”.
Vive circondato da una marea di carte, dai ritagli di giornali ai copioni studiati, arricchiti da note e riflessioni proprie. Rimpiange l’amore di una vita, Francesca. Da lui amata come non mai, tradita innumerevoli volte. Abbandonato improvvisamente da lei, con un biglietto con poche essenziali parole: “Sono infelice. Addio”:
“Chissà dov’è adesso, Francesca. Chissà dove vive. Chissà se è viva. (…) Non rimane niente. Ecco, non resta niente, delle persone con cui abbiamo vissuto e diviso una intimità che ci è sembrato un dono da conservare. Nessun contatto, nessun segnale. Come se la vita fossero scatole. Vivi dentro una scatola, quell’anno, quei giorni meravigliosi o terribili. E puoi riviverli ancora, nella consistenza variabile del ricordo, ma non sai mai come sarebbe adesso, di cosa parleresti. O se magari preferiresti restare in silenzio, ancora una volta.”.
Fino a quando incontra Alessandra, una giovane laureanda, timida, insicura, vuole conoscere il Maestro. E’ insistente lei, insofferente lui. Ma qualcosa muta, conquistato dalla sete di conoscenza e dalla giovinezza di lei:
“Sorride. (…) Adesso nella stanza è come se la tensione si fosse allentata, o meglio, la tensione ha preso una forma diversa. E’ una irrequietezza leggera, sembra espandere i sensi. Corrado sente l’odore, il profumo, la traspirazione del corpo giovane. Vede meglio i tratti del viso, i piccoli segni dell’espressione, niente trucco, solo la matita sugli occhi. La ragazza ha una piccola cicatrice sul labbro.”.
Fino all’ultima, trascendente, rappresentazione; quella che gli dona l’immortalità.
Un libro la cui lettura mi ha conquistato letteralmente. Venato da una sottile triste malinconia, scritto con una prosa essenziale, precisa, limpida, apre uno squarcio sul teatro, come rappresentazione costante della realtà e della quotidianità, del vissuto umano. Poiché quando cala il sipario e gli attori abbandonano la scena non rimane che l’uomo e la sua solitudine, il peso dei ricordi che sono stati, il rimpianto per quello che non abbiamo più, che vorremmo avere e non l’abbiamo. Il peso della vita, ma anche la bellezza e l’imperituro di ciò che rimane per sempre, oltre l’umano.
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La vita è uno stato mentale
Il maestro Corrado Lazzari, protagonista del romanzo di Francesco Carofiglio, è la solita storia d’amore – filone piuttosto sfruttato nella narrativa, ma anche nelle canzoni – tra docente e discente?
Corrado Lazzari è stato un grande in campo artistico e, per l’egocentrismo tipico di molti artisti, ha forse distrutto la sua storia d’amore con Francesca.
Si ritrova solo (“Non tornerà mai in scena”), anziano, a rimpiangere i fasti (“Ripiegata accuratamente tra i fogli, ritrova la locandina dello spettacolo”), il prestigio (“Quella volta andò a vederlo anche Sartre”), il carisma (“Una volta incontrò anche Genet”) e il successo del tempo che fu.
Alessandra è una giovane studentessa (“Faccio una tesi sulla storia della messa in scena di Shakespeare in Italia”), porta il pranzo al maestro e uno squarcio di sentimento (“Alessandra è il suo pubblico”) nella solitudine del vecchio.
Il sottofondo è malinconico e amaro (“Non è mai presto. Quanto tempo perduto a immaginarsi il futuro. Quanto tempo passato a consegnare la vita a un futuro perfetto, mai avverato. Non è mai presto, ma è tardi. Te ne accorgi quando è tardi”), la storia è imbastita sulle opere di Shakespeare e sorretta da citazioni (“La fantasia è un posto dove ci piove dentro” - Calvino), lo stile ha i toni della sceneggiatura, è molto dialogato (con frequente ricorso alle sospensioni del tipo «…») e con qualche frase d’effetto (“La vita è uno stato mentale”).
Ma allora, riprendendo la domanda iniziale, è la solita storia tra docente e discente? Sì, secondo me manca qualche guizzo che potrebbe differenziare la storia...
Giudizio finale: sceneggiato, agrodolce, citazionista.
Bruno Elpis
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