Il libro delle case
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Educazione sentimentale a metri quadri
Andrea Bajani con il suo nuovo romanzo decide di raccontare la vita di Io (così verrà chiamato per tutto il libro), attraverso le abitazioni in cui il protagonista è cresciuto ed ha vissuto gli attimi salienti della sua vita.
Il romanzo è innovativo, su questo non ci sono dubbi, l'autore suddivide il libro in capitoli dedicati alle varie case, ogni due o tre pagine ci troviamo in un anno diverso e in una nuova casa.
Partiamo dalla sua nascita, ma i salti temporali sono continui, andiamo avanti e indietro nel tempo e spesso ci ritroviamo dopo molte pagine nelle solite case, ma in anni e situazioni differenti.
Lo stile dell'autore è particolare, forse anche un po' troppo, minimalista nel rappresentare alcune scene ma comunque non superficiale. Non sarà facile mettere tutti i tasselli al posto giusto per avere alla fine un quadro generale, molte volte durante la lettura mi sono sentita un po' spaesata, non è poi semplice leggere un libro in cui i protagonisti sono Io, Nonna, Madre, Padre, Sorella, Moglie, Bambina e Tartaruga.
Bajani mostra il dietro le quinte, quello che succede nelle case e non solo. Un romanzo che si fa leggere ma che non mi ha entusiasmata. Avrei preferito un approccio più empatico, una storia se non più lineare, almeno più coinvolgente. Le basi ci sono tutte, l'idea è interessante, le dinamiche molto forti ma nel complesso non incanta.
Questo è solo un pensiero personale, l'autore a mio avviso “gioca” troppo con l'italiano, cerca di esaltarlo e di utilizzare parole molto ricercate, a volte anche troppo, ma il risultato non è poi così piacevole, che voglia mettere troppo in luce le sue doti?
Non so se consigliarlo e non saprei a chi consigliarlo...posso dire che è un libro diverso e forse adatto a chi vuol apprezzare nuovi stili di scrittura.
“È da qui, nascendo che il mobilio detterà a Io per sempre la sua legge: sarà lui, da oggi in poi, ad avere l'ultima parola su tutti gli spazi che Io vorrà abitare, sulle metrature, sull'altezza dei soffitti, sull'organizzazione degli oggetti, dei vestiti, della pasta e del cibo in scatolette.”
Buona lettura.
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Narrazione “al chiuso”
Narrazione al “chiuso”
Dalle prime pagine ti aspetti qualcosa di grande che sembra avvicinarsi, ma non arriva. Mi è sembrato di rincorrerlo, di cercarlo dietro l’orlo della pagina…ecco, l’ho preso. No, quel qualcosa di grande, di particolare, che rende un libro indimenticabile, non sono riuscita ad afferrarlo.
L’impianto, basato su una narrazione avente ambientazioni al chiuso, le case, appunto, da cui il titolo, è la particolarità dell’opera.
Ogni ambiente dà il nome anche al paragrafo: Casa di Parenti, Casa delle pietre, casa sopra i tetti, etc…seguita da una data, che scandisce i momenti salienti della vita del protagonista, Io.
La sua storia, ambientata in varie case o stanze al chiuso, segue vari binari temporali, prosegue per flashback e ritorni al presente.
A questa interessante e, per me, originale struttura narrativa si aggiunge anche uno stile scorrevole, sincopato, tipico dei poeti che a me piace tanto.
Tuttavia non sono stata in grado di apprezzarlo in pieno e me ne spiace tanto.
Si sente da mille miglia che Bajani sa scrivere molto bene, ha una penna interessante e sicura, ma a parte la progettazione per spazi chiusi, non sono stata coinvolta.
Mi meraviglia inoltre la doppia candidatura (non solo sua) sia allo Strega che al Campiello.
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Casa può essere ovunque...
Ma che bello questo viaggio nella vita di un uomo attraverso le case da lui abitate, dove con il termine "casa" non s'intende solo quello comunemente riconosciuto, ma anche altri luoghi, fisici e non, che hanno avuto un ruolo importante nella formazione di "Io" (il protagonista) e del suo Io.
In questo senso può essere stata "casa" anche un'automobile, una banca, un'ospedale, il tribunale, una cabina telefonica (casa della voce), una banchina ferroviaria, il carapace di una tartaruga, la fede nuziale (casa del persempre) ed anche una casa al di fuori di ogni localizzazione geografica, ma collocata sulla linea spazio-temporale, la casa dei ricordi fuoriusciti...ovvero la scatola nera di ciò che si è dimenticato, di ciò che anche la memoria ha rifiutato di trattenere.
Anche la televisione è stata un mezzo attraverso il quale Io è potuto entrare, non visto, nella casa di Prigioniero (chiaro riferimento al rapimento di Aldo Moro) e nella casa di Poeta (chiaro riferimento alla morte di Pasolini).
Così come in "Un bene al mondo" anche qui i personaggi non hanno nome, ma sono indicati in modo impersonale, o attraverso il loro grado di parentela con Io, quindi Padre, Madre, Sorella, Nonna, Parenti, Donna con la fede, Tartaruga, Prigioniero, Poeta, ecc.
Non li conosceremo mai veramente bene, mai fino in fondo, ma solo in funzione di ciò che hanno rappresentato per Io, in questa strana prospettiva che analizza angoli, perimetri, superfici, metri quadri, luci, ombre, corridoi, finestre e porte, alcune aperte attraverso cui passano messaggi e la vita, altre sempre chiuse.
Una prospettiva che parte dall'esterno, dalle mura che abitiamo, per poi arrivare al centro, all'anima.
Ma l'anima, come ben sappiamo, è imprendibile e inconoscibile... esattamente come sfuggente è il personaggio creato da Bajani.
Un libro molto originale, pieno di buona poesia, dalla scrittura curatissima, metaforica e visionaria, ma anche essenziale nella sua struttura, pregna di sensazioni visive, con un'architettura letteraria cronologicamente disordinata che obbliga il lettore a costruire un puzzle.
Sicuramente un libro tutt'altro che facile... molto denso, per certi versi faticoso, da assaporare a piccole dosi e solo se si è pronti a lasciarsi trasportare dalla visione di ogni casa in cui Bajani, con grande maestria, ci porta.
Non bisogna avere fretta con questo libro, non bisogna cercare "la storia".
Apparentemente non succede niente, eppure succede tutto... ci scorre davanti agli occhi un'infanzia non proprio felicissima, situazioni famigliari difficili, depressione, crescita e innamoramento, matrimonio, figli, ascesa sociale, malattia, separazione, solitudine, parole sentite, parole dette e parole scritte.
Sembra niente... e invece è la vita!
Per me, bellissimo.
Bajani è davvero bravo, ha una grande personalità letteraria, un suo timbro... i suoi libri hanno un suono, una melodia riconoscibile anche da lontano.
Con lui hai sempre la sensazione di essere in superficie, poi, all'improvviso, ti accorgi di essere giù nel profondo.
Su di me ha un effetto ipnotico.
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Dimmi dove abiti
Talvolta a proposito di eventi accaduti all'interno di una abitazione, si suol dire “.. se quei muri potessero parlare..”.
La case sono un elemento importante per l'essere umano, sono una pietra miliare, sono memoria, sono un pezzo di dna.
Quanti episodi della vita viene spontaneo associare ad un ambiente della casa, in cui si è pianto si è riso, si sono fatti progetti e prese decisioni vitali, in cui si amato o detestato qualcuno, in cui si è costruito o distrutto.
Partendo da questo incontrovertibile legame tra abitazione e uomo, Bajani costruisce un'architettura narrativa sui generis, ripercorrendo le tappe salienti dell'esistenza di un signore qualunque, a cui non serve neppure associare un nome di battesimo.
Il protagonista è il frutto di tutti gli eventi accaduti in ogni ambiente domestico vissuto; la nascita, l'adolescenza in una famiglia tormentata, la scoperta dell'amore e della sessualità, la vita adulta, tutto scorre ma resta associato ad una cucina, ad un tavolo, ad un letto, ad un giardino.
Contenuto narrativo che mescola realismo a sprazzi visionari, strutturato con capitoli brevissimi che alternano decine di case senza seguire il filo temporale ma viaggiando avanti e indietro nel tempo, in parallelo agli ultimi quarant'anni di storia italiana che viene catapultata all'interno delle mura domestiche dal tubo catodico del televisore.
Un romanzo dall'impatto destabilizzante, occorrono un po' di pagine affinchè il lettore possa districarsi nel labirinto immobiliare e abbandonarsi ad un racconto fatto di immagini.
Interessante prova di scrittura che tenta di rompere gli schemi classici per raccontare un uomo, una famiglia e un paese.
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Casa su ruote
In estrema sintesi, questo è un libro diverso dai soliti, a sé stante.
L’idea di fondo è buona, l’autore è bravo e capace, nessun dubbio in proposito, ha già dato ampia prova di sé.
In questo romanzo, il modo di gestirlo, di presentarlo, di raccontarlo, la scelta artistica di come scriverlo e di come scriverne, è molto particolare.
Insomma, è un romanzo insolito per gli standard narrativi di cui siamo abituati, sia nella trama che nella struttura espositiva, è un racconto veramente singolare e magari anche innovativo, genuino ed eccentrico allo stesso tempo.
Originale è la parola giusta, ecco; originale…forse anche troppo.
Talora, il troppo storpia.
Per questo è un romanzo a rischio, ma nemmeno, direi che è una storia aut aut, o la prendi esattamente com’è, e allora finisce pure per piacerti, ti diverte, ti riconosci, o semplicemente ti pare troppo oltre, e ti delude. Forse no, che sia un testo difficile magari è un effetto voluto, è questo troppo che si offre consciamente al lettore perché sia lui a sfrondarlo, a setacciarlo, e ricondurre infine il testo all’emozione che si vuole trasmettere.
Difficile dirlo, si fa fatica a convincersene, ma così è se vi pare.
Direi che è un racconto di crescita, sottilmente autobiografico.
E come si cresce, in pratica? Ma cambiando casa, naturalmente.
Almeno per la maggior parte di noi è così. Cambiamo sempre casa nel corso della nostra vita, non siamo alberi fermi con le radici, e per fortuna, la maturità richiede cambiamenti di stato.
È rarissimo trascorrere normalmente tutta la nostra esistenza nella stessa, unica abitazione.
Quindi i tempi, i fatti, il vissuto emozionale del nostro divenire sono riconducibili ai nostri domicili. Intesi non solo in senso fisico; potremmo dire che la nostra vita è un continuo viaggiare su una casa su ruote, spostarci con un camper o una roulotte, siamo tutti globetrotter, ci portiamo dietro la nostra vita come una tartaruga con la sua casa sulle spalle, manco a farlo apposta proprio la Tartaruga è citata tra i protagonisti del libro.
Perciò questo è il libro delle case, ci spostiamo da un posto all’altro, a volte ci fermiamo per breve tempo in un alloggio, in altre stazioniamo di più, talora da soli, talaltra in compagnia.
Spostandoci facciamo delle soste obbligate, altre impreviste, imbocchiamo strade diritte o dissestate, incontriamo incroci, intoppi, scontri, vie di fuga.
Ciò che siamo è il risultato, risente non solo dall’interagire con chi viviamo d’intorno, ma anche il luogo importa, insiste, ci influenza. E gli spostamenti da un luogo all’altro.
Si nasce in una casa, di essa ricordiamo certe stanze più di altre, certi ambienti, certi momenti della nostra esistenza, certi interni soprattutto dove abbiamo vissuto dei momenti salienti nella nostra infanzia, giovinezza, adolescenza, o che almeno a noi sono parsi tali.
Poi si cambia, si cresce, si passa ad altri ambienti, in altri interni, i tratti di questo testo in cui l’autore si esprime al suo meglio sono proprio la descrizione degli interni.
Questi interni sono, nello stesso tempo, camere dei ricordi, e giustamente, l’intuizione è davvero geniale, per cui è normale associare ad ogni camera un ricordo che tratti delle figure tipiche della nostra esistenza, iniziando dalla famiglia, passando per gli amici, gli amori, le scelte di vita e le relative conseguenze.
Ogni ricordo ha un proprio ambiente in cui si è formato, per associazione di idee la stanza richiama l’evento, e viceversa.
Come se l’autore mettesse insieme tutte le case in cui ha vissuto, trasforma i metri quadri calpestabili in capsule del tempo, in ognuna delle quali sono incise nel silicio i messaggi importanti che hanno scandito il proprio esistere, quasi che un domani una intelligenza futura ne estrapoli i ricordi per farsi un’idea di com’era un tempo l’esistenza umana: inossidabile nel reiterare gli errori, inappuntabile nel design dei luoghi.
Perciò Andrea Bajani nel suo “Libro delle case” usa questo utile espediente per parlare non dico di sé, ma della vita; racconta di domicili a Roma, di appartamenti a Torino, di mansarde a Parigi, di camere di albergo a Londra. Si dilunga su residenze universitarie e abitazioni per le vacanze, sempre e comunque discetta di case, a vari livelli dell’esistenza. La casa come la vita, e viceversa.
Passano i giorni della nostra vita, anche gli immobili subiscono il trascorrere del tempo, e le case ne risentono per stile ed architettura, si susseguono pertanto tutti diversi via via gli alloggi della giovinezza, degli studi, della maturità, con i corrispondenti fatti, azioni, eventi e sentimenti che si susseguono di pari passo. Il libro non è però un elenco immobiliare, piuttosto è un continuo andare su e giù da una casa all’altra, talora sempre le stesse, dopotutto non è che normalmente si vive in tantissime case, in genere sono poche.
Si vuole invece discettare, precisare meglio il proprio dire, passando nel tempo da un ambiente, e dal corrispettivo stato d’animo, all’altro, tratteggiando eventi che non appartengono solo ai citati nel testo, ma possono adattarsi con facilità all’esterno degli ambienti delimitati, quasi un continuum con l’universo.
Per questo protagonista, personaggi, luoghi e persone non hanno nomi propri ma nomi comuni, quasi che la storia fosse plasmabile, a misura di ciascuno, e magari lo è, perché in fondo è vero, si cresce cambiando, e il cambiamento comprende anche non dico l’evolversi, ma la modifica degli habitat. Flora e fauna rimangono gli stessi, perciò nessuno è chiamato per nome proprio, abbiamo il protagonista che è semplicemente Io, poi altri identificati come padre, madre, nonna, moglie, tartaruga. Anche i tempi, l’epoca, il periodo storico, benché reali e definiti, sono indicati più che con date come eventi, più con i fatti salienti che con dettagli cronologici precisi e minuziosi.
Per cui l’azione si svolge in un arco temporale che comprende per esempio il brutale assassinio all’idroscalo romano di Pier Paolo Pasolini, qui indicato semplicemente, e però significativamente, il Poeta; oppure è circoscritto dall’arco temporale del rapimento con infausto esito di Aldo Moro, altrettanto esemplarmente indicato come il Prigioniero.
Bajani, in sintesi, parla di sé attraverso i muri di casa, di tutte le case in cui ha vissuto, come se su questi avesse dipinto murales, avesse inciso graffiti che esternano la sua biografia, ed insieme il suo mondo interiore.
Una bella idea, indubbiamente, e in estrema sintesi, può piacere o meno.
Dopotutto, alcuni murales effettivamente riscontrano lusinghiero e unanime successo, basta pensare ai murales di Banksy, o quelli di Jorit.
Talora però, per qualcuno, i graffiti imbrattano le pareti, sono solo un guazzabuglio di linee e colori senza alcun costrutto artistico.
Dipende: dopotutto esistono condomini, ville, regge, chalet, cottage; ma anche casupole, catapecchie, tuguri, stamberghe, tane.
Questione di case.
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Le emozioni abitano le case
Mi è capitato sotto gli occhi come una luce, per caso, che ha risvegliato la mia curiosità.
Non sono rimasta delusa, una scoperta davvero piacevole e inaspettata.
Con uno stile originale e coinvolgente Bajani riesce a scardinare ogni chiodo che forma le sovrastrutture lasciando il posto a ciò che davvero è essenziale: le emozioni.
Le emozioni rimangono come echi nelle case vuote, i concetti stessi si fanno casa di emozioni proteggendole e amplificandole.
Lo stile, come accennato prima, è senza dubbio la caratteristica che più risalta, esalta una trama banale, la storia di una vita fatta di amore, paure, tristezza, odio, malinconia, liberata dalla pesantezza dei particolari, dei dialoghi spesso inutili.
I personaggi,quelli viventi, (ma possiamo davvero affermare che le case non abbiano una loro vita aldilà di coloro che la occupano?) seppure appena accennati sono tridimensionali, vivi, potrebbero essere ognuno di noi e la scelta di chiamarli con il nome comune di persona rende ancora più universale il concetto.
Difficile poter trasmettere il senso di fusione che si realizza durante la lettura di qeusto libro, ogni individualità si disperde e si fonde, appunto, con il resto, diventando parte di un tutto, quasi ancestrale, in cui spicca come emozione paradigmatica, fattasi casa per antonomasia la Tartaruga, vera chiave di lettura di tutto il libro.
Piena di sensazioni piacevoli ho lasciato questa lettura, felice per aver finalmente trovato un autore italiano che mi ha davvero completamente convinta.