Il cipiglio del gufo
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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Maschere, avatar e il “gorgo” veneziano.
Tre personaggi, tre storie, tre approcci diversi alla realtà. Un gioco di maschere, in una città, Venezia, nota per le sue “bautte”. È, infatti, proprio il tema del rapporto realtà e apparenza che sembra essere più interessante in questo romanzo semplice e tuttavia complesso allo stesso tempo. Il mondo del famoso telecronista sportivo, Nereo Rossi, convinto di essere ormai alla fine dei suoi giorni, a causa di una malattia degenerativa, è diverso sia da quello del professore Cazzavillan che sogna di diventare scrittore di successo, sia da quello del giovane tuttofare, Carletto Zen, a caccia perenne di attempate ricche signore che possano offrirgli facili opportunità di vita migliore. Il tutto sullo sfondo del “gorgo” commerciale veneziano. Ciascuno di questi personaggi offre di se stesso un’immagine che differisce da quella che effettivamente costituisce la sua essenza. Ognuno, in fondo, gioca un ruolo, entra in una finzione scenica, quasi fosse protagonista di un dramma teatrale. Ognuno si dibatte tra l’illusione e la realtà e la personalità di ciascuno rimane temporaneamente sospesa in questo gioco di maschere che diviene il mezzo per conoscere e analizzare se stesso.
Nel caso di Cazzavillan, l’aspirante scrittore, la problematica dell’identità diviene assai più complessa, nel momento in cui si trova ad agire nei panni del suo avatar in un videogioco, per salvare il figlio adolescente che rischia di rimanere tagliato fuori dal mondo, come uno dei numerosi hikikomori della nostra epoca. Ed è proprio il videogioco che è “fatto di nulla, impastato di non-essere, che dà la dimensione dell’illusorietà del mondo degli avatar, che “ si muovono in paesaggi artificiosi [……] dove le immagini fingono di essere tridimensionali, solide e profonde. Ma la terza dimensione non c’è […..] non c’è il volume.”
Alla forza delle parole si rivolge anche il celebre cronista Nereo Rossi, quelle parole che sono state lo strumento del suo lavoro, che hanno saputo creare una realtà ricca di immagini per chi le ascoltava. Ad esse si rivolge per rimanere attaccato a un mondo sfuggente e mutevole. Qui, come ne “Il brevetto del geco” Tiziano Scarpa allude alla forza del mezzo espressivo e della letteratura, alla quale va restituita quella dignità che spesso le viene negata. Non è un caso che l’autore affidi al personaggio di Cazzavillan un giudizio sul genere “noir” in un più ampio discorso sul romanzo.
Su questo panorama narrativo, con questi personaggi che mostrano più di un limite caratteriale, più di una debolezza umana, si affaccia severo il cipiglio del gufo. Nessuna immagine avrebbe potuto esprimere con maggiore efficacia la presenza vigile della coscienza che segue ogni percorso di vita con gli stessi occhi spalancati e seri del gufo che emergono da “sporgenze fatte di penne che partono dalla sommità del becco e proseguono fino alle orecchie [….] rendendo lo sguardo del gufo ancora più torvo: come se lo spazio del viso non gli fosse sembrato sufficiente a contenere tutto il suo sdegno.”
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Opinioni inserite: 2
ma proprio no
Tiziano Scarpa scrive bene, niente da dire, ma il romanzo mi ha lasciato la netta sensazione di avere buttato via il tempo che ho impiegato a leggerlo. Le tre storie sono separate e così proseguono, non basta il vago sfondo veneziano e qualche personaggio minore per unirle. Dettagliati racconti erotici francamente sovrabbondanti, una noia mortale l'inseguimento del figlio da parte di Cazzavillan nel mondo degli avatar, la sofferenza di Nereo Rossi troppo ripetuta e sfilacciata. Quando non vedi l'ora di arrivare alla fine non per "sapere come va a finire", ma per poter finalmente riporre il libro, c'è qualcosa che non va.
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La maschera dell'esistenza
Tiziano Scarpa per la casa editrice Einaudi scrive Il cipiglio del gufo: un romanzo che mi ha lasciato con un “cipiglio”! Tre protagonisti per tre storie che procedono parallele- un capitolo per ciascuna- per almeno larga parte del libro, riflettendosi l’una nell’altra senza integrarsi in un mosaico lindo e pulito: il radiocronista Nereo Rossi, invecchiato e in preda all’Alzheimer che incombe, è preda di una malattia degenerativa, dalla quale cerca di difendersi raccogliendo tutti i ricordi personali di vita, prima che si dissolvano nel vuoto del cervello; lo fa con l’aiuto di un ghostwriter che prova a riordinare nelle sue esperienze, senza sapere fino in fondo perché, visto che vere o false le cose non corrispondono al vissuto, e che quattro mani complicano il disegno autobiografico. Il professor Cazzavillon, invece, ha un sogno letterario: raggiungere il successo con un libro, vero e proprio bestseller, che gli consenta un vero e proprio benessere economico. Ma non solo: agogna anche un ruolo preponderante all’interno della scuola e della società, che invece lo mortifica e lo appiattisce in una vita senza possibilità di riscatto. Le cose andranno come lui voleva, ma non sarà in grado di gestire il successo, venendone travolto ed umiliato. Infine c’è Carletto Zen, giovane e sbandato, ma con una straordinaria capacità di seduzione, un fascino erotico, che lui usa per sedurre ricche ed annoiate signore, cercando di capirne un po’ di denaro.
Sono il ritratto di tre uomini senza qualità, ma non privi di talento e di fortuna. Il mondo nel quale vivono è esattamente come loro, nulla toglie, e nulla offre di gratificante: Venezia è in preda ad una invasione turistica, dove tutto è paludoso, fermo ed immobile, mascherato. In questo libro i personaggi raccontano se stessi, perché narrarsi e mettersi in scena è l’unico modo di esistere. E’ un romanzo pirandelliano. La realtà è presentata, ma qual è? Quella che gli autori presentano o è quella che chi legge si costruisce? E’ una costruzione difficile, complicata che lascia nel lettore un senso di incompiuto, di forzatamente ostico e poco chiaro.
Indicazioni utili
- sì
- no