Il censimento dei radical chic
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Una piacevole sorpresa
C'è da premettere che non sono una persona che si scervella troppo sugli avvenimenti politici che avvolgono l'Italia. Certo, non provo molta simpatia né stima per le persone che attualmente guidano il Paese, persone che non si fanno il minimo problema a nascondere la propria ignoranza su determinati argomenti, spesso sparando giudizi o facendo proclami che non hanno alcun fondamento logico né che denoti una minima conoscenza di ciò di cui si parla; ma questo è un atteggiamento che mi urta indipendentemente dalla politica. Oltretutto, la disumanità che queste persone stanno dimostrando giorno dopo giorno non fa altro che rendere il quadro più squallido e preoccupante.
Questo libro si concentra proprio su questi aspetti, su qualcosa che oggi stiamo vivendo e toccando con mano, e credo lo faccia in maniera efficace, mettendoci in condizione di ridere ma anche di riflettere. Ci sono tantissimi rimandi alla nostra attualità: ci sono i "buonisti" e i "pietisti"; c'è la propaganda feroce e disinibita tramite social e l'offendere quel che non si può contrastare con la logica; c'è un Ministro dell'Interno amato dal popolino che ragiona con la pancia (chissà chi è); c'è un Italia che ormai si è disabituata a ragionare con la propria testa per seguire i propri istinti e coloro che questi istinti sanno scatenare.
Giacomo Papi si rivela una buona penna, con uno stile fluido e piacevole da leggere; ma credo proprio che i sostenitori di Salvini e company (ops, ho detto il nome, vabbè chissene) non apprezzeranno molto questa lettura. Chi ha un minimo di sale in zucca la apprezzerà o quantomeno saprà prenderla con un po' di filosofia.
Gli intellettuali sono le prossime vittime delle ire del governo e del popolo. Dopo gli immigrati, i rom e gli omosessuali è il turno di quelli che "si sentono più intelligenti degli altri": i radical chic.
La cultura è difficile, noiosa, complica le cose; dunque va eliminata.
Il primo a fare le spese di questa forma mentis è il professor Giovanni Prospero, insegnante che viene ucciso a suon di botte per aver citato Spinoza durante un talk show. L'assassinio di Prospero è soltanto l'inizio di quella che sarà una vera e propria soppressione della cultura, delle parole e dei concetti difficili che il popolo non può e non vuole comprendere. Dato che il popolino viene prima di tutto, queste cose vanno eliminate. Parte dunque una censimento degli intellettuali, che dovranno iscriversi a un programma di protezione (che sarà pagato di tasca loro, il popolo non deve cacciare un euro per i "diversi").
Giacomo Papi ci racconta una realtà scomoda e ai limiti del surreale, ma che al lettore accorto risulterà spaventosamente familiare. La non tanto velata citazione a Fahrenheit 451 fatta nelle ultime pagine (ti ho scoperto, Papi) è quasi un grido d'allarme, per farci comprendere che noi esseri umani non solo siamo capaci di ripetere gli stessi errori del passato, ma siamo in grado di farne anche di peggiori.
"Perché le emozioni sono facili, elementari. Se impari i trucchi, le puoi governare, mentre i pensieri rimangono liberi, vanno dove dicono loro e complicano le cose. Dove comanda la ragione, la statistica muore."
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A cosa serve la cultura
Chi sono i radical chic e quali sono le caratteristiche che li differenziano dalla massa? Sicuramente l'intellettuale radical chic usa parole difficili che fanno pensare e pensare non è utile alla gente.
Avete presente le spugne? Come ci insegna il protagonista, fu Giovanni Prospero, esse rinunciarono ad un cervello, troppa fatica rispetto alla semplice finzione di assorbire particelle dall'acqua per nutrirsi.
Tutto ha inizio con la morte causa pestaggio del Sig. Prospero per aver citato Spinoza in un talk show, nulla di più osceno per il popolo. Gli assassini sconosciuti e la voce del popolo che mormora il classico, se l'era cercato.
Gli intellettuali diventano bersaglio della battaglia popolare, cappeggiata dal Primo Ministro e dal nuovo ministero dell'ignoranza.
Per accontentare il popolo il governo opta per un censimento degli intellettuali, a tappeto. In base ai vestiti, ai libri e ai gusti personali si viene inseriti in questo albo che concede diritti (sconti nei negozi etnici e similari) e non.
È diventata una vergogna la cultura che ha perso la guerra contro l'ignoranza, gli slogan, la mancanza di parole. Sono proprio le parole le prime ad essere additate, gli intellettuali sono inutili e succhiano soldi, quanto le parole difficili che che spremono di fatica le menti di chi ascolta.
La soluzione viene dettata dal nuovo garante per la semplificazione della lingua italiana: tagliare parole inutili e semplificare, sfoltire, alleggerire la grammatica.
In queste vicende rapide troviamo le vicissitudini della figlia di Giovanni, una pasticcera che vive a Londra. Al ritorno in Milano per il funerale del padre nutre sentimenti contrastanti ed un improvviso vuoto. La donna incontra vecchie conoscenze del padre a loro volta intellettuali. Lei stessa non capisce queste assurdità contro questa gente che ha pregi e difetti come tutti.
Un racconto che rappresenta un breve saggio sulla cultura e sulle parole che vivono nella nostra vita, un elogio alla bellezza ed alla delicatezza del sapere di fronte alle continue battaglie quotidiane.
Da leggere tutto d'un fiato. Non contiene parole difficili!
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Attenzione, attenzione! Radical chic in vista!
«Suo padre si era sbagliato: la funzione degli intellettuali della sua generazione era stata garantire che qualcuno sapesse davvero le cose e che il futuro sarebbe stato migliore. Invece adesso la conoscenza appariva un imbroglio.»
Giovanni Prospero, settantadue anni ex professore in pensione, è stato il primo. La sua colpa? Aver citato Spinoza in un talk show in cui, tra l’altro, è stato immediatamente rimbrottato dal Primo Ministro degli Interni. La sua condanna? Morte per un’aggressione a suon di bastonate, pugni e calci innanzi all’ingresso della sua abitazione. Un decesso che, come potrà constatare la figlia Olivia, da anni trasferitasi in un paesino vicino Londra dove lavora come pasticcera e in cui intrattiene una relazione clandestina con un giapponese sposato, verrà ben presto archiviata e gettata nel dimenticatoio con la sentenza irrevocabile che la vittima celava in realtà le spoglie del colpevole perché provocatore, perché fomentatore con parole, concetti troppi difficili per le masse, elucubrazioni incomprensibili, semplicemente con quella cosa chiamata cultura mixata a quell’altra qualità appellata come intelligenza. Da qui la necessità di un censimento di tutti questi cattivissimi intellettuali che hanno sempre avuto tanto a discapito del popolo (“Ma ci pensi? Pagato da noi per scrivere poesie!”), da qui la semplificazione della lingua e della grammatica italiana, l’eliminazione dei termini troppo complessi e il sanzionamento di tutti coloro che di questi fanno un utilizzo improprio anche dopo l’opera di snellimento.
È da queste premesse che ha inizio “Il censimento dei radical chic” ultima fatica di Giacomo Papi, autore che negli anni ci ha abituati alla sua penna ironica e sarcastica ma immancabilmente capace di descrivere e evidenziare i paradossi dell’essere umano. Tuttavia, nonostante ciò, di fronte a quest’ultimo lavoro non possiamo che restare colpiti da una inarrestabile sensazione di dejà vu, da una sensazione di familiarità esasperante, da una profonda amarezza innanzi a quella che è diventata la società attuale.
Perché pagina dopo pagina, battuta dopo battuta, quello che leggiamo non riesce proprio a sembrarci soltanto un libro da tenere sul comodino o da leggere nelle ore libere. Al contrario, anche se interrompiamo la lettura, anche se la ultimiamo, anche se la accantoniamo perché non ci è piaciuta, questa continua a picchiettarci nella mente come un martello pneumatico.
Perché questo elaborato fa una sintesi cruda e nuda di quelli che sono gli avvenimenti politici che vedono protagonista la penisola italiana degli ultimi anni e in particolare dall’avvento dell’attuale esecutivo. Un esecutivo che, sia che si ami, sia che si odi, non nasconde – e non si fa un problema di ciò bensì una forza – la propria ignoranza, che fa leva sulla cecità, che non esita a emettere sentenze, che non risolve davvero i problemi di uno Stato in recessione perché impegnato a scaricare le colpe invece di assumersi le responsabilità ma che soprattutto fa leva sulla disumanità dimenticandosi che siamo tutti esseri umani a prescindere dal colore della pelle e dei confini nazionali perché talvolta è solo questione di fortuna il nascere in un paese civilizzato e ricco rispetto che a uno del terzo o quarto mondo.
Papi riesce in questo. Ci pone innanzi al fatto compiuto, facendoci ridere ma anche preoccupare con la riflessione che successivamente al sorriso si apre in noi. Non nascondo, inoltre, di aver rivisto in alcuni passaggi retaggi di opere quali “1984” di Orwell o "Fahrenheit 451" di Bradbury che in passato, alla loro pubblicazione, venivano considerate fantascienza a dispetto dell’attualità odierna.
E tra “buonisti”, “pietisti”, propaganda a mezzo social e sua strumentalizzazione, populismo, ignoranza diffusa, incapacità di pensare con la propria mente, i soliti cliché di chi dice che l’altro ha di più ingiustamente, immigrati, rom, omosessuali quali nemici degli italiani a cui si sommano gli intellettuali che sono additati come male assoluto perché hanno studiato o cercato di raggiungere un obiettivo per poi trovarsi disoccupati (perché sanno troppo o non sono abbastanza qualificati o hanno una laurea che non li rende idonei), o ancora surclassati dal raccomandato di turno, perché chi conosce è un radical chic che ha sempre avuto e che ora deve tacere per lasciar posto al popolo, e la cultura che è una peste diffusa e contagiosa, il libro si legge con fluidità e si assimila con parsimonia.
Indipendentemente dalla fazione politica di appartenenza, l’invito è quello di avvicinarsi allo scritto con un atteggiamento di apertura mentale perché l’autore ci mostra una realtà scomoda, che può far storcere i nasi o risultare essere provocatoria ma che può anche ampliare la prospettiva. Per comprendere quel che sta accadendo, per evitare di commettere, ancora una volta, gli stessi – se non peggiori – errori.
«”È quello che mi chiedono i miei elettori, Olivia.”
“E tu li accontenti.”
“Il popolo non si deve elevare al livello delle élite, sono le élite che devono abbassarsi al livello del popolo.”
Olivia non rispose.
“Il popolo muore dalla voglia di parlare. Non ne può più di ascoltare.”
“E per fare parlare gli stupidi, bisogna far tacere gli intelligenti.”
“No, bisogna che gli intelligenti imparino a dire le cose in modo che gli stupidi credano di averle pensate da soli.”» p. 87