Il catino di zinco
Letteratura italiana
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Il catino di zinco di Margaret Mazzantini
Senza nulla togliere allo stile di Margaret Mazzantini, che anche in quest’opera prima è curato ed elegante (forse troppo), devo dire che per la prima volta mi sono trovata dinnanzi a un suo romanzo, che non mi ha lasciata estasiata.
Forse perché, essendo il suo primo libro, il lessico è diverso da quello dei romanzi che l’hanno succeduto e che io ho di gran lunga preferito.
A mio parere l’autrice, in quest’opera prima,, ha dato più importanza allo stile (molto sfarzoso e con un linguaggio in alcuni punti desueto) che alla trama, penalizzandola.
Questo uso di termini particolari, a mio avviso, ha tolto fluidità a linearità alla storia, distraendomi spesso, durante la lettura.
Ho invece adorato, nel capitolo sette, le pagine dove la scrittrice usa la tecnica dello stream of consciousness: un bellissimo e divertente flusso di coscienza di nonna Antenora, che riflette sulle cose della vita. La seconda parte del libro, è secondo me molto più piacevole della prima.
Sicuramente non lo consiglio come primo approccio a questa scrittrice, perché potrebbe frenare qualcuno alla lettura del seguito della sua produzione (che merita di essere letta in toto).
Comunque, a parte tutto, merita di essere letto (come tutti i romanzi di Margaret Mazzantini!)
Le espressioni o le frasi che mi sono piaciute:
“Sente la linfa della vita seccarsi negli strati imi del corpo: l’indolimento s’è fatto arsura. Gli occhi sbranano l’alto:”Stanotte dovrai scendere in terra con me. Dovrai visitarmi, tu, Madre di tutte le Madri!”;
“La madre terrena, ferina di dolore, stanava la madre celeste dalla sua pace ornamentale, e la tirava giù dabbasso con lei, in ginocchio sui sassi”;
“La guerra, ancora troppo vicina, aveva il sapore delle loro bocche allappate di vino”;
“Il mare gli risvegliava la percezione d’una vita anfibia, prenatale. Lo sentiva avvolgente come quel ricovero uterino, da cui s’era staccato tanto tempo fa, e dove avrebbe desiderato tornare”;
“Gran bel gioco del cazzo la vita, quando inizia a palleggiarti con la morte! Questo è mio, questo è tuo: si mettessero d’accordo prima, e li tracciassero più netti questi confini”;
“Mentre nonna moriva, io dormivo. Morì come tutti gli altri, senza nulla che valga la pena di essere ricordato”.
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un buonissimo esordio
Dopo aver letto e apprezzato le sue ultime opere mi sono detta “troppo facile così, devo leggere il suo romanzo d’esordio e vediamo se il parere su di lei resta uguale” . Ebbene si il parere su di lei non cambia.
Devo essere obbiettiva e sicuramente non è al pari dei suoi ultimi libri, manca quel qualcosa che ora per me la rende unica nel nostro panorama letterario, ma lo stile è il suo, inconfondibile, la durezza delle sue parole che a volte contrasta con le emozioni che descrive c’è già in questo romanzo, insomma le basi erano già buone.
Particolare che ho notato è l’utilizzo di termini un po’ in disuso, e ho scoperto che “scancello” è corretto (devo smettere di sgridare mio figlio), c’erano parole che sono andata a cercare sul dizionario, mai sentite in vita mia, e non parliamo di cent’anni fa è uscito nel 1994 se non sbaglio.
Decisamente interessante l’ambientazione storica, con il suo racconto la Mazzantini ci trasporta in un viaggio lungo un secolo nella nostra nazione, e ci fa conoscere i membri della famiglia che l’anno vissuto, dalla bisnonna alla nonna, si incontrano molti personaggi tutti ben caratterizzati, a me hanno colpito più gli uomini , a volte messi da parte, un po’ schiacciati da queste possenti figure femminili capaci però , una volta governata un’intera famiglia, di trovare la tenerezza dell’amore coniugale anche in età avanzata.
Un libro che mi sento di consigliare, anche se in alcuni punti la lettura non è così fluida e perde un po’ di ritmo anche nella parte che precede la fine , credo che valga la pena di essere letto soprattutto gli amanti della Mazzantini come me troveranno in questo romanzo d’esordio lo stile, qua un po’ acerbo, che ora la contraddistingue.
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Il catino di zinco
Nel suo romanzo d'esordio, la Mazzantini da voce ed anima ad una storia di famiglia, abbandonandosi alla rievocazione di uomini e donne del passato, dedicando particolare attenzione alla nonna Antenora, figura femminile a tutto tondo, stupendamente ritratta in una quotidianità fatta di gesti, di emozioni e sentimenti.
L'originalità stilistica dell'autrice esce prorompente da queste pagine, mostrando già le doti di una brillante narratrice, capace di utilizzare il linguaggio in modo incisivo, passando da toni aspri a momenti di pura tenerezza e introspezione. Buona la caratterizzazione dei personaggi, carichi di umanità e di calore, colti nella fragilità dei loro errori, delle debolezze,delle delusioni, negli slanci d'affetto e nelle gioie; insomma, persone vere e genuine, che si muovono sulla scena con naturalezza, perfettamente orchestrate da una penna accorta e sagace.
Interessante lo spaccato storico sotteso al racconto, che abbraccia il cammino del nostro paese da inizio secolo ad oggi, mettendo in luce cambiamenti del vivere sociale, della morale, della pudicizia e delle relazioni all'interno della famiglia, il tutto raccontato con tocco leggero senza alcun appesantimento del flusso narrativo, tuttavia foriero di ottimi spunti di riflessione sull'evoluzione del ruolo della donna sia in ambito familiare sia sociale.
Qualche piccolo calo del ritmo narrativo è certamente ravvisabile e pienamente giustificabile essendo un'opera prima, ciononostante rimane un romanzo piacevole da leggere e coinvolgente perché si parla di vita, e l'autrice riesce a farlo in modo profondo, suggestivo e poetico.
La lettura de Il catino di zinco è un ottimo modo per avvicinarsi alla produzione letteraria della Mazzantini ed iniziare ad assaporare il gusto forte e avvolgente del suo narrare, che pur essendo ancora leggermente acerbo in questa fase, tuttavia è lo stesso che ritroviamo pienamente maturo nei lavori successivi.
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Opera Prima
Avendo letto questo libro dopo averne lette altri dell'autrice, usciti successivamente (Zorro, Non ti muovere) si rischia di rimanere delusi.
Ma il libro è ben scritto, Margaret Mazzantini dimostra fin da questo esordio letterario una cifra stilistica unica nel suo genere.
La storia in questo caso è autobiografica, la scrittura è più intima e concentrata sull'esperienza personale.
Come accade spesso nelle opere prime la scrittrice da voce alla propria esperienza, ma coinvolge anche il lettore che rimane comunque affascinato dal fatto che vengono messi su carta pensieri e sentimenti che di solito si preferisce tenere nascosti.
Il libro è chiuso sull’esperienza propria della perdita della nonna, ma la protagonista si apre mettendo in evidenza tutto il suo sentire, con un linguaggio a volte antico come i ricordi che evoca, a volte ruvido e diretto come quello dei sogni che rimangono nell’inconscio e che si fa fatica a ricordare.
Si narrano le vicende di una famiglia ma ad una voce, la voce di questa nipote legata alla nonna con sentimenti che spesso contrastano. E il catino di zinco è un elemento che compare in diverse fasi della storia, simbolo che caratterizza l’ambientazione per così dire domestica della vicenda, il luogo in cui si lavano via vecchie macchie.
La vita termina per una persona, e per chi rimane, continuare a parlare di chi non c’è più è un modo per sconfiggerne la morte. È una storia vecchia come il mondo questa, perché non si è mai pronti a lasciar andare qualcuno, si è sempre colti di sorpresa.
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Ancora acerba
Dopo aver letto Non ti muovere e Venuto al mondo, si sente la differenza di stile di quest'opera prima, ancora un po'acerba rispetto all'attuale e, secondo me, anche meno coinvolgente e figurativo... Antenora è un personaggio carico di vita vissuta, dolori e privazioni, ma non fa breccia nel cuore come i protagonisti degli altri libri. Comunque sono contenta di averlo letto per farmi un' idea ancora più completa dell' autrice,e mi piace sempre moltissimo!
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