Narrativa italiana Romanzi Il castello dei destini incrociati
 

Il castello dei destini incrociati Il castello dei destini incrociati

Il castello dei destini incrociati

Letteratura italiana

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Le storie intrecciate di un gruppo di viaggiatori che il destino ha radunato in un castello. Il loro unico modo di comunicare è rappresentato da un mazzo di tarocchi. "Mi sono applicato soprattutto a guardare i tarocchi con attenzione, con l'occhio di chi non sa cosa siano, e a trarne suggestioni e associazioni, a interpretarli secondo un'iconologia immaginaria. Quando le carte affiancate a caso mi davano una storia in cui riconoscevo un senso, mi mettevo a scriverla." (Dalla 'nota' di Calvino all'edizione del 1973)



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Il castello dei destini incrociati 2022-08-03 14:39:16 Tommaso Praloran
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Tommaso Praloran Opinione inserita da Tommaso Praloran    03 Agosto, 2022
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Disordine controllato

Ho affrontato la lettura di questo romanzo di Italo Calvino in una sola giornata e, benchè nel corso della lettura le emozioni da me provate siano state contrastanti, una volta chiuso il libro mi sono ritenuto complessivamente soddisfatto.
Alcuni cenni sulla trama sono già stati riportati in altre recensioni, pertanto li tralascio onde evitare di ripetere quanto è già stato scritto.
Ho deciso di leggere Il castello dei destini incrociati perchè lo spunto mi sembrava parecchio intrigante e, conoscendo Calvino, mi sarei aspettato un capolavoro che mi avrebbe lasciato a bocca aperta. Un po' a malincuore, tuttavia, devo dire che, pur avendolo apprezzato, non mi ha restituito le emozioni di altre opere più conosciute dello stesso autore.
Il primo capitolo del primo testo (ossia, quello pubblicato originariamente nel 1969 e che reca il titolo dell'intero volume) mi è piaciuto moltissimo. Seppur breve, in esso Calvino tratteggia un quadretto piacevolissimo e che invoglia a proseguire la lettura e a cominciare questo viaggio nel mondo dei tarocchi. Ho trovato godibili le varie storie proposte, seppure nessuna di esse mi abbia fatto gridare al miracolo, ma, soprattutto nell'ultimo capitolo ("Tutte le altre storie"), l'intreccio studiato da Calvino a volte mi ha fatto perdere il filo del discorso e mi ha un po' scombussolato. Certo, nulla è lasciato al caso e tutto, se analizzato con calma, trova la sua giusta conclusione (non a caso la recensione si chiama "disordine controllato"), ma alcuni passaggi non sono piacevolissimi e lasciano l'amaro in bocca.
Intendiamoci, non che non mi sia piaciuto, ma si arriva all'ultima pagina con la sensazione che ci sia qualcosa di acerbo e non perfettamente oliato.
Il secondo testo proposto, ovvero "La taverna dei destini incrociati", comincia delineando una situazione meno particolareggiata e a tratti senza grossi elementi di novità rispetto alla precedente, ma comunque ricca di potenziale.
Anche qui, ho trovato piacevoli i racconti proposti (ad esempio, considero molto riuscito "Storia della foresta che si vendica"), ma arrivando verso la fine, il rischio è quello di perdere un po' dell'entusiasmo iniziale della lettura per via delle vicende che si mescolano, a volte lasciando un po' spiazzato il lettore. In questo senso, non ho apprezzato molto il capitolo "Anch'io cerco di dire la mia" (penultimo), e mi ha un po' stancato l'ultimo, "Tre storie di folla e distruzione".
Come scrivevo all'inizio, la lettura di questo libro è comunque stata senz'altro piacevole e difatti lo consiglio (magari a chi ha già letto qualcosa di Calvino...se lo si leggesse come prima opera dell'autore potrebbe non entusiasmare e quindi allontanare dalla lettura di altri libri meravigliosi di questo importante scrittore), ma è mancata quella scintilla che mi abbia fatto emozionare veramente e che, da un autore come Calvino, credo sia lecito aspettarsi (eccezion fatta per il primo capitolo, che sembra il preludio ad un capolavoro).
In ogni caso, avendo comprato il libro, non escludo, fra un po' di tempo, di riprenderlo in mano, per vedere se ad una seconda lettura la scintilla scoppierà.

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Il castello dei destini incrociati 2020-04-15 22:26:15 aislinoreilly
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aislinoreilly Opinione inserita da aislinoreilly    16 Aprile, 2020
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La voce delle carte

Italo Calvino pubblicò questa opera nel 1969, è un romanzo fantastico definito di “letteratura combinatoria”. Alla base di questa classificazione sta il fatto che al suo interno si possano trovare combinazioni di immagini e parole. Infatti, Calvino, sfruttò i tarocchi per la composizione dei diversi racconti, aggiungendone le immagini relative. Abbiamo così un romanzo illustrato, ma ben diverso dal solito, più complesso. La difficoltà nell’interpretare i tarocchi fu riscontrata, in prima battuta, soprattutto da Calvino in persona, che rischiò di lasciare la sua opera incompiuta. Esiste anche un secondo racconto, “La taverna dei destini incrociati” ed inizialmente ne era stato concepito addirittura un terzo, “il motel dei destini incrociati”. Purtroppo Calvino perse di interesse per la tecnica narrativa ed il terzo romanzo non fu mai scritto.

Breve accenno sulla trama: alcuni viandanti, durante il loro viaggio, attraversano un bosco ed entrano in un castello. Qui perdono tutti la voce, ma non la voglia di narrare le loro storie. L’oste mette a disposizione degli ospiti un mazzo di carte di tarocchi, essi sfrutteranno il potere narrativo ed i significati mutevoli delle carte per poter parlare di loro e delle vicende che li hanno portati lì. Apparentemente sembrano tutti estranei fra loro, ma in ogni storia ci sarà un elemento in comune con qualcuno dei commensali che non si farà sfuggire l’occasione di dare voce alla sua storia. Uno dei viandanti è Calvino stesso che ci fa da interprete delle carte, offrirà spunti e riflessioni.

Questo è forse uno dei libri più particolari che io abbia letto. Ringrazio Calvino per aver separato i racconti di ogni personaggio in diversi capitoli, altrimenti non ci avrei capito nulla. Durante la lettura ci si sente catapultati nel passato medievale nella quale è ambientato il romanzo, si percepiscono i suoni, si immaginano i volti. Chissà perché i protagonisti debbano per forza perdere la voce per usare come mezzo di comunicazione le carte… Sicuramente è un espediente geniale, perché nemmeno nella fantasia avrebbe senso parlare con le figure quando si ha il dono della parola. Quindi ci ritroviamo a dare un senso a figure che potrebbero non appartenere nemmeno alla nostra cultura e i diversi protagonisti in questo ci somigliano. Molti usano le carte per quello che semplicemente rappresentano, altri ne sfruttano il significato simbolico più o meno riconosciuto. Le storie poi, sono pazzesche. Intrighi, amori e passioni, tradimenti e magia, battaglie e tormenti, sembrano cose inenarrabili attraverso figure, semplici o complesse che siano, invece ecco delineate storie che si intrecciano, si perdono e si ritrovano. Calvino deve esserci veramente diventato matto per dare un senso logico alle innumerevoli combinazioni ottenibili con le carte! Sono veramente incrociati i destini dei viandanti, anche quando una storia pare del tutto conclusa, ecco che ne riparte subito un’altra, prendendo spunto da un avvenimento o un personaggio citato dal narratore precedente. La cosa più bella, è che ogni protagonista riconosce se stesso in una carta in particolare, oppure si può dire che siano le carte a somigliare al protagonista. La prima carta, per tutti, è quella che li rappresenta, sia esteticamente che simbolicamente. Funge praticamente da carta d’identità, ogni viandante si presenta con essa e inizia a raccontare la sua storia.
Al solito, lo stile narrativo di Calvino mi fa apprezzare tutto della lettura delle sue opere, nonostante non sia stata sempre semplice per questo romanzo. Parole desuete, periodi lunghi che ricordavano molto un flusso di coscienza, sono alcune codine che mi hanno un po’ rallentato. Ad ogni modo, l’ho trovato comunque piacevole e intrigante, facilmente gestibile. Lo consiglio, infatti, a chi è abituato a leggersi un capitoletto alla volta: ogni personaggio ha il suo, che si conclude al terminare della sua storia personale, alcuni sono più lunghi di altri, ma in media sono piuttosto brevi.
Mi pare ovvio che io consigli questo romanzo, anche solo per la curiosa esperienza visiva del leggere e ricercare, nei tarocchi disegnati, dettagli e significati nascosti.
Concludo citando un piccolo pezzettino che mi ha fatto ridere, lo trovate nel capitolo “Storia dell’Orlando pazzo per amore”:

“La verità si fece largo nella mente d’Orlando: nell’umido fondo del bosco femminile c’è un tempio di Eros dove contano altri valori da quelli che decide la sua Durlindana."

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Il castello dei destini incrociati 2020-03-12 17:28:13 Clangi89
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Clangi89 Opinione inserita da Clangi89    12 Marzo, 2020
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Parole sulle carte e simboli nel tempo

Due mazzi di tarocchi, il Bembo risalente al secolo XV per i Visconti di Milano e i Marsigliesi stampati a Marsiglia nel 1761. Carte diverse, le prime riccamente elaborate con dettagli in miniatura, le seconde in stile più grezzo e lineare. Ai due mazzi corrispondono, di conseguenza, ambientazioni diverse: un castello ed una taverna, luoghi di rifugio in una foresta, per viandanti, cavalieri, trovatori e dame in movimento.
Ci troviamo di fronte a personaggi muti. Entrati nel non luogo letterario essi sono riuniti davanti ad un tavolo sia nel castello che nella taverna. Chi parla per loro? Chi racconta le vicende, i tormenti, gli amori e le tragedie vissute o perse? I tarocchi.
Ogni avventore muove ed affianca una carta all'altra e dal mimo e dagli sguardi, i compagni di avventura si costruiscono domande e risposte.
La voce narrante segue ogni carta e la rispettiva posizione. I simboli interpretati e rielaborati non possono che collegarsi alla carta precedente e a quella successiva, ogni racconto si intreccia così nell'altro.
Noi lettori perdiamo il senso del tempo e dello spazio e incontriamo l'Orlando furioso, Ophelia, Amleto, Elena di Troia, ancora, Diavoli, ciarlatani e donne fatali o guerriere che ripercorrono le avventure.
Sono le carte che leggono il personaggio, ognuno si riconosce nelle carte che lo attraggono come calamite.
Le immagini a margine del testo aiutano il viaggio a ritroso o nel futuro, attraverso città moderne in cui l'uomo non è più nulla e le macchine hanno preso potere. Altri passi ci conducono invece in città abbandonate o in campi di battaglia dissanguati. I tarocchi che tanto esprimono nella simbologia e nella magia diventano il filo conduttore attraverso tempo, spazio e gesta che rappresentano l'avvicendarsi delle nostre piccole grandi quotidianità interconnesse.
L'autore si diverta a giocare non solo con le carte ma anche con noi lettori, ci smarrisce, ci acciuffa e ci fa roteare dappertutto. A tratti infatti la lettura può risultare di non semplice comprensione per via dei simboli e dei pensieri espressi.
Nella premessa l'autore ci descrive la struttura del libro e la grande difficoltà incontrata nella "taverna". Difficoltà che egli stesso ammette essersi ripercossa nella coerenza delle carte.
A chi piace Calvino, consigliatissimo!

Leggere il passato o assaporare il non tempo ancora da vivere, "l'eremita, qui rappresentato come un vecchio gobbo con la clessidra in mano, un indovino che rovescia il tempo irreversibile e prima del prima vede il dopo"

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Calvino il cavaliere inesistente. Se una notte d'inverno un viaggiatore
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Il castello dei destini incrociati 2018-09-11 11:26:11 Marcantonio
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Opinione inserita da Marcantonio    11 Settembre, 2018

Un originale esperimento

“Il castello dei destini incrociati” è un’opera di Italo Calvino la cui edizione definitiva uscì nel 1973, pubblicata dalla casa editrice Einaudi. L’opera si divide in realtà in due parti, la prima intitolata come il libro stesso mentre la seconda è intitolata “La taverna dei destini incrociati”. In questa opera Calvino racconta rispettivamente di un castello e di una taverna incantati in cui gli avventori o i viandanti che si trovano di passaggio perdono l’uso della parola, il loro unico modo di comunicare è rappresentato da un mazzo di tarocchi (78 carte): essi infatti, a turno, iniziano a gettare le carte del mazzo su di un grande tavolo fino a formare la loro storia, che naturalmente deve essere interpretata implicitamente dagli altri. Il modo con cui si leggono le carte cambia di volta in volta: quando dal basso verso l’alto o viceversa, quando da sinistra a destra o viceversa e così via. Alla fine, tutte le carte devono essere scoperte finché non si realizza un vero e proprio mosaico in cui le storie dei vari personaggi si intrecciano in modo unico (da cui il titolo), apparentemente confuso ma in realtà molto razionale. Il vero capolavoro di Calvino, in questa opera, non sono tanto le storie dei vari individui ma il lavoro per riuscire a incastrare quest’ultime tra di loro; i tarocchi sono una vera e propria macchina narrativa. Calvino ha inoltre chiesto all’autore che, man mano che le carte vengono scoperte durante la narrazione, esse siano messe in ordine al margine di ogni pagina del libro e alla fine vi è una intera pagina dedicata al mosaico di carte per far vedere al lettore che effettivamente vi è stato un lavoro vero dietro a tutto ciò. Gli ospiti del castello o della taverna possono essere sia personaggi fittizi, caratterizzati solo dal loro mestiere (cavaliere, dama di corte, becchino, etc…), ma in molti casi si tratta di personaggi “presi in prestito” da altre opere letterarie molto celebri, tra questi possiamo citare personaggi ariosteschi (Orlando, Astolfo), oppure personaggi shakespeariani (Lady Machbet, Amleto), o ancora personaggi del folklore europeo e non (come il dottor Faust), lo stesso narratore ad un certo punto racconta la sua storia… Tutti sono accomunati dalla mancanza della parola e da quelle 78 carte che, opportunatamente disposte, raccontano la storia di ognuno. Riguardo ai personaggi “presi in prestito” da altri autori, lo stesso Calvino, in una lunga prefazione dice: “Il riferimento letterario che mi veniva spontaneo era l’ “Orlando furioso”: anche se le miniature di Bonifacio Bembo precedevano di quasi un secolo il poema di Ludovico Ariosto, esse potevano ben rappresentare il mondo visuale nel quale la fantasia ariostesca s’era formata. Provai subito a comporre con i tarocchi viscontei sequenze ispirate all’Orlando furioso; mi fu facile costruire l’incrocio centrale di racconti del mio .” Calvino continua dicendo che, nonostante questo, il lavoro dietro “Il castello dei destini incrociati” fu molto laborioso e travagliato, egli dovette più volte buttare intere sequenze quando già erano quasi finite solo perché non combaciavano nel suo mosaico. Ma, in sostanza, cos’è “Il castello dei destini incrociati?” Che genere è? Si può considerare un romanzo? Assolutamente no, se proprio dovessimo trovare una risposta a questi quesiti, essa sarebbe che si tratta di un esperimento, un qualcosa di assolutamente originale e innovativo che solo la grande mente di Italo Calvino poteva partorire; alcuni direbbero che si tratta di una raccolta di storielle, di novelle, un po’ come “Le Cosmicomiche”, ma quest’opera va oltre, la pazza idea di subordinare la stesura delle storie a un mazzo di 78 carte è un qualcosa che solo leggendo il libro si può provare ed eventualmente apprezzare. “Eventualmente” perché, a discapito di tutte le belle parole che si sono finora dette sull’opera, si tratta comunque di un libro talmente complesso e particolare da non essere sicuramente adatto al palato di tutti i lettori, non è un romanzo dalla lettura agile e scorrevole, anzi, a tratti la narrazione può apparire lenta e noiosa, nonostante passaggi ben cesellati tra loro e i dotti riferimenti letterari di cui si è già parlato. Ma in definitiva: vale la pena leggere “Il castello dei destini incrociati”? Assolutamente sì, è un esperimento e come tale va preso, ma per chi vuole una lettura magari più impegnativa (e fidatevi che diverse volte sarà necessario tornare indietro con le pagine e ricominciare) è un’esperienza da provare, d’altronde si tratta sempre di un’opera di quella mente geniale che Italo Calvino fu.

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Il castello dei destini incrociati 2018-02-06 11:14:32 Cristina72
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    06 Febbraio, 2018
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Claustrofobico

La sperimentazione del postmoderno in letteratura, ostica e un tantino snob, non è probabilmente adatta al palato di tutti i lettori. Certamente, non a quello della sottoscritta, che ha faticato a finire il romanzo in questione, per quanto breve.
Pregevoli alcuni passaggi, con frasi interessanti e ben cesellate, raffinata e non priva di humour la prosa, dotti i numerosi riferimenti letterari, ma al di là di tutto ciò la noia incombe.
Noia, e persino un senso di claustrofobia mai sperimentato prima, per l'ambientazione surreale, certo, ma soprattutto perché le pagine sembrano infinite e non si fa altro che buttare un occhio al numero di quelle ancora restanti.
E' la seconda opera di Calvino che mi capita di leggere dopo Il sentiero dei nidi di ragno, che non mi ha entusiasmato, sia pure per motivi diversi.
Riproverò con qualcos'altro, riconoscendo comunque allo scrittore un talento di fondo che sarebbe forse opportuno approfondire, e seguirò - parafrasando una delle frasi del libro - “la via della sapienza, che richiede di pensarci su e imparare a poco a poco”.

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Il castello dei destini incrociati 2013-08-29 08:31:31 manu chan
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manu chan Opinione inserita da manu chan    29 Agosto, 2013
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…Parlare “con le carte in mano”!

Viaggio di Calvino alla riscoperta dell’immaginazione a partire dai tarocchi.

Il castello dei destini incrociati è un libro di Italo Calvino, pubblicato nell’ottobre 1973 da Einaudi.
Nella nota dell’edizione del ’73, Calvino scrisse: “mi sono applicato soprattutto a guardare i tarocchi con attenzione, con l’occhio di chi non sa cosa siano, e a trarne suggestioni e associazioni, a interpretarli secondo un’iconologia immaginaria. Quando le carte affiancate a caso mi davano una storia in cui riconoscevo un senso, mi mettevo a scriverla”.
La narrazione, ambientata in un castello e in una taverna, si sviluppa nell’intera opera sotto forma di tante storie, che scaturiscono dall’immaginazione dell’autore alla vista di diversi tarocchi. I due luoghi dove i personaggi si ritrovano sono accomunati dal mutismo degli stessi una volta che vi entrano, così si trovano costretti a parlare a gesti e...con le carte in mano. Il castello, raggiungibile solo dopo aver attraversato un bosco pieno di tranelli e trappole di ogni tipo, è dunque luogo di approdo per coloro che escono vivi ma estremamente stanchi dalla boscaglia; tuttavia, l’aspetto del castello, con i suoi arredamenti sfarzosi e malandati allo stesso tempo, sembra quello di una locanda piuttosto che di una reggia. E’ qui che si incontrano persone diverse, accomunate dal viaggio e dalla lingua inutilizzabile, che passano il loro tempo all’interno della struttura raccontandosi storie tramite i tarocchi, disegni all’apparenza insignificanti a cui italo Calvino cerca di attribuire un nuovo e personale significato.
Con questo libro, che sembra un altro dei tanti “laboratori” letterari dello scrittore italiano, Calvino si inserisce in prima persona anche nel periodo letterario di Ludovico Ariosto, immaginandosi con i tarocchi la storia di Orlando e del suo amico Astolfo, mandato sulla Luna a cercare il senno del furioso, contenuto in un’ampolla, la più grande tra tutte quelle presenti sul suolo lunare.
Tra le altre storie raccontate, anche quelle di ladri, regine, foreste, mercanti e fanciulle, disposte in un ventaglio di personalità e situazioni di vita che mettono anche in crisi la personalità dello stesso protagonista-autore, che si chiede chi sia lui veramente, a quale tarocco egli si possa associare, e quale possa realmente raccontare la sua storia. Tutte le storie hanno qualche tarocco in comune e questo permette all’autore di poter intrecciare un folto insieme di immagini non staccate tra di loro, ciò diventa dunque occasione di similitudine con la vita di ogni uomo, la cui storia si intreccia con quella degli altri grazie a momenti e incontri vissuti insieme.

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