Narrativa italiana Romanzi Il basilico di Palazzo Galletti
 

Il basilico di Palazzo Galletti Il basilico di Palazzo Galletti

Il basilico di Palazzo Galletti

Letteratura italiana

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L’estate avvampa a Palermo, la terra è arida e i bacini a secco. Dai rubinetti, come sempre in agosto, l’acqua scende appena, sui marciapiedi l’immondizia fermenta rendendo l’aria irrespirabile, e a nulla servono preghiere e invocazioni a santa Rosalia affinché faccia piovere. I poveri si muovono nei bassi come fantasmi nella polvere, i più abbienti hanno già lasciato i quartieri alti per le loro ville al mare. Nell’attesa della festa in onore della patrona della città, Marò, da poco promossa a capo del gruppo “antifemminicidio”, porta avanti con riluttanza una nuova complessa indagine su un omicidio avvenuto il giorno di Ferragosto. Non attraversa un periodo felice, la commissaria. La promozione, anziché gratificarla, l’ha resa insicura, come non si sentisse all’altezza di quella nuova responsabilità – e in cuor suo desidera smettere “la pesante divisa da poliziotta, per vestire i panni più leggeri della cuciniera” -; la turbolenta relazione con Sasà, sempre più intrattabile da quando il questore l’ha spedito in un sonnacchioso commissariato dove nulla funziona e nulla accade, pare volgere al tramonto fra risentimenti, incomprensioni e défaillance sessuali. Gli anni passano veloci, troppo, e forse quell’uomo bizzoso, un tantino rozzo e grossolano, è l’ultima possibilità che le rimane di crearsi una famiglia. È per questo, perché la sua vita è a un punto morto, che Marò avrebbe preferito non occuparsi del caso? Intanto l’indagine, inaspettatamente, le sta mettendo sotto il naso man mano elementi che sembrano avere bizzarre implicazioni con la sua vita privata. Quale svolta l’attende in fondo a questa estate “che non lascia presagire nulla di buono”?



Recensione della Redazione QLibri

 
Il basilico di Palazzo Galletti 2018-07-07 17:11:42 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    07 Luglio, 2018
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Non la migliore Torregrossa

“Glielo spiego per l’ultima volta, si tratta di omicidio quando uno, pure che è fimmina, l’ammazzano e basta. Nel femminicidio invece c’è una violenza ideologica che si protrae nel tempo e si vuole annientare l’autonomia della vittima. È chiaro adesso?”

Giuseppina Torregrossa ritorna al giallo e ripropone i protagonisti di “Panza e prisenza”. Marò è stata promossa e si dedica ai casi di anti-femminicidio, Sasà, invece, non è soddisfatto del suo destino e la relazione con Marò non sembra procedere per il meglio.

Fra i due, il ruolo principale è quello di Marò che si ritrova a dover risolvere un caso non semplice perché la vittima è in vista e soprattutto ha molte similitudini con la nostra protagonista che oltre alle indagini dovrà pensare anche a se stessa e al suo futuro.

Come di consuetudine, la Torregrossa ambienta i suoi libri in Sicilia, qui siamo a Palermo e questa volta le Sante a cui chiedere aiuto sono più di una. Si prova con la santuzza Rosalia, che questa volta sembra non aver voglia di ascoltare le preghiere dei devoti, che così sono costretti a invocarne altre per ricevere “aiuto”, perché il caldo non sta rendendo facile la vita agli abitanti.

Ho letto diversi libri di quest’autrice e amo molto il suo stile ma come “giallista” un po’ perde. La
Torregrossa mette l’amore per la sua terra nei suoi romanzi e trascina sempre il lettore, dove vuole lei. Con i gialli invece mancano quelle digressioni o quelle ambientazioni che ti fanno “volare” in Sicilia. Specialmente nelle prime cinquanta pagine mi sono proprio sentita spaesata, era tutto un susseguirsi di situazioni sconnesse fra loro con lo scopo di presentare i vari protagonisti, che invece di aiutarti ad ambientarti, non ti facevano ancora entrare nella lettura. Questa volta sono molte le accuse al popolo “siculo” che l’autrice presenta.

Il basilico poi pensavo avesse un ruolo più “evocativo”, invece rimane abbastanza marginale. Insomma non la migliore Torregrossa, questo non toglie il fatto che l’autrice sa scrivere e che rimane per me una scrittrice veramente valida.

Buona lettura.

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Il basilico di Palazzo Galletti 2020-05-08 16:53:25 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    08 Mag, 2020
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Un delitto a Palazzo Galletti.

In primo piano Palermo, “bella e morbosa”, come la definisce l’autrice. Una città unica, con i suoi vicoli, le sue viuzze trafficate, i suoi palazzi fatiscenti un tempo dimore nobiliari, ora abbandonati, rifugio di diseredati e nascondiglio di malavitosi. Una città piena di luci e ombre, appiccicosa sotto il bruciante sole di ferragosto, ricettacolo di vizi e virtù, laddove le dimore sfarzose delle famiglie che contano fanno da contraltare a piazzette ed angoli dimenticati, maleodoranti di rifiuti, palcoscenico indiscusso di un’umanità colorata e vivace, allergica a divieti, leggi e regolamenti.
Sullo sfondo di questa città così bella e piena di contraddizioni, ecco, a sbalzo, i personaggi della storia, quelli che spiccano di più. Sono due commissari di polizia. Lei, Marò Pajno, una donna ancora bella, decisa, amante della buona cucina e ottima cuoca, lui, Sasà D’Alessandro, rozzo, grossolano, deluso dalla vita e dal lavoro. I due si vogliono bene a modo loro, a volte convivono, lei lo ritiene il suo fidanzato, lui è stanco, sfiduciato, non vede l’ora di mollarla. Un delitto li accomuna nelle indagini: a Palazzo Galletti, una vecchia e malandata dimora che aveva conosciuto fasti d’altri tempi, divenuta poi bordello e infine abbandonata, viene barbaramente uccisa una ragazza d’alto lignaggio, Giulia, che, affetta da una rara malattia, lo xeroderma pigmentoso, aveva lasciato la famiglia (i nobili Arcuri) per vivere da sola in un appartamento del palazzo, lontana dai suoi e soprattutto (lo richiede la malattia) dalle luci del giorno. La giovane è bella, diafana, è incline ad inquietanti incontri amorosi variamente declinati: non disdegna incontri a tre e, durante uno di questi, accade l’imprevedibile. Le indagini procedono a rilento, Marò scava nella famiglia della vittima, nelle sue conoscenze, evita che venga incolpato un poveraccio mentalmente ritardato che si rifugiava nei meandri del palazzo e provvedeva a bagnare periodicamente le piantine di basilico sul balcone della ragazza (da qui il titolo!). Alla fine i colpevoli confessano, Sasà lascia definitivamente la sua compagna che però, vedi i casi della vita!, trova consolazione in modo imprevedibile ed inatteso.
Il romanzo si legge piacevolmente, i personaggi hanno un loro spessore ben definito, la storia è ben costruita anche se il finale, intendo la conclusione delle indagini e l’individuazione dei colpevoli, appare un po’ affrettato e sbrigativo. Traspare dal racconto la simpatia umana per le figure secondarie: vedi, ad esempio, quel Karol, vagabondo dell’Est, che dorme per strada, tiene pulito il suo giaciglio e lava i panni nella fontana della piazza, sempre pronto ad aiutare in qualche modo il prossimo, oppure quella Maria, la “buttana”, che staziona davanti a Palazzo Galletti, piena di umanità e dispensatrice di buoni consigli. Negativi in genere i giudizi sulle persone di rango: pochi sono i cosiddetti “nobili” che si salvano (ad esempio la madre di Giulia, dolente e compassionevole), altezzosi o frivoli quelli che contano, come il questore Bellomo e il viscido medico legale Burgio.
Negli ultimi capitoli ritorna prepotente in primo piano Palermo, con i suoi colori e la sua voglia di vivere: è passato Ferragosto, si prepara la festa della patrona Santa Rosalia, il caldo e l’arsura feroce sono interrotti da violenti temporali, con pioggia e grandine che mitigano la siccità e lasciano spazio al sereno, “ una distesa di stelle lucide come argento… su una città grata e finalmente paga”. E il 4 settembre ecco la cosiddetta “acchianata”, la salita del popolo in festa al Santuario della Santuzza, in cima al Monte Pellegrino, in un tripudio di bancarelle chiassose, luci, canzoni napoletane, rosari e litanie…
Alla fine del romanzo, un utile glossario con la traduzione in italiano dei termini e delle frasi in dialetto siciliano.



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Gli altri romanzi di Giuseppina Torregrossa.
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Il basilico di Palazzo Galletti 2018-09-10 12:01:15 Liebestraum
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Liebestraum Opinione inserita da Liebestraum    10 Settembre, 2018
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Una piacevole scoperta

Era da tempo che volevo leggere un libro di questa autrice. L'occasione mi si è presentata per caso, ma quasi prepotentemente imposta dalla bellissima copertina del libro che ammiccava su un tavolo espositivo della mia libreria di riferimento. E si, devo ammetterlo, ho un debole per le così dette "teste" in ceramica dell'arte siciliana. Quindi detto fatto.
Il libro scorre bene. E' di lettura piacevole, agile e mai pesante.
La storia è un giallo nel più stretto significato del termine: c'è un assassinio e c'è un investigatore, in questo caso la bella Marò, commissario di polizia.
Sullo sfondo una Palermo accaldata e riarsa dalla siccità che lentamente si prepara alla festa solenne di Santa Rosalia. E sullo sfondo ancora la storia d'amore che procede stanca e lenta tra la commissaria Marò e Sasà. Marò dimostra di avere una forte personalità, ma anche una sensibilità d'animo molto particolari al punto che crea, inaspettatamente (e forse n on troppo) un legame ed un dualismo con la povera vittima Giulia. E questa circostanza permea l'intera indagine al punto che Marò fa propria questa sensazione e nel risolvere il giallo, risolve anche alcuni problemi della sua vita.
La storia, come sopra ho detto, scorre bene e si legge piacevolmente. I personaggi sono tutti ben tratteggiati, anche quelli minori assumono una propria forte individualità.
Adorabili e mai troppo ridondanti le locuzioni in dialetto siciliano presenti nel libro.
In definitiva leggere questo libro è stato per me una piaceva e costruttiva scoperta.

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Il basilico di Palazzo Galletti 2018-07-14 17:48:32 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    14 Luglio, 2018
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Marò e Giulia

Indiscussa protagonista del libro di Giuseppina Torregrossa, Il basilico di Palazzo Galletti, è Maria Teresa Pajino, vicequestore aggiunto al commissariato del quartiere Politeama a Palermo, specializzata in crimini violenti come il femminicidio. Ora deve occuparsi del brutale delitto di Giulia Arcuri, una giovane donna efebica, affetta da una malattia particolare che non le permette di stare alla luce del sole. Lei, creatura della luna, viene uccisa nella sua casa, il famoso Palazzo Galletti, ex bordello di grido, in mezzo alle tante piantine di basilico, che:
“induce torpore ed conduce alla pazzia.”.
Una donna molto simile a Marò, che si identifica in lei, abile cuciniera, che prepara deliziosi manicaretti per il fidanzato Rosario detto Sasà, burbero e antipatico sostituto commissario, che non apprezza per nulla il suo amore. La relazione con lui ha qualche difficoltà, e
“Marò , come Giulia, rimase incantata dalla magia del luogo e dimenticò di un tratto le amarezze del suo amore impossibile, sprofondando nel gorgo della nostalgia. I ricordi della sua vita felice le passarono davanti e si vide bambina, mentre giocava con la sorella, sentì le delicate carezze del padre sui capelli, nelle orecchie le filastrocche della nonna, sulle labbra la freschezza del primo bacio. Erano belli, quei giorni, neutri gli accadimenti, facili le relazioni.”.
Per lui, Rosario, forse:
“era stata l’ultima occasione di avere una vita normale.”.
Su tutto Palermo, i suoi colori, i suoi profumi, un mondo variegato di indubbio fascino e bellezza, e di indubbie contraddizioni.
“Giuseppina Torregrossa ha scritto una storia guizzante e sensuale, punteggiata di humour, e capace di circoscrivere in modo conturbante i desideri inespressi e le impasse di una donna che si trova nel passaggio cruciale dalla giovinezza alla maturità.”
Un ottimo libro, la cui lettura però mi è risultata un po’ faticosa, troppo avvicendata da continue espressioni siciliane, che interrompono la comprensione del testo. Ma per il resto un bel libro. Anche se non il migliore della scrittrice. Come giallista convince meno.

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