Il bacio del pane
Letteratura italiana
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Di certo non grande letteratura
Dopo aver letto La collina del vento ed esserne rimasto francamente deluso, tanto che il mio giudizio critico scritto nell’occasione è in pratica una mezza stroncatura, ho voluto tuttavia approfondire la conoscenza del suo autore, al fine di verificare se quel lavoro, pur vincitore di un Campiello, fosse stato un fenomeno episodico. Mi ero rammentato infatti che per un altro narratore fra i miei preferiti, Mauro Corona, ero rimasto piuttosto insoddisfatto di un suo romanzo, finalista fra l’altro al Campiello dello scorso anno, un’opera che oserei definire illeggibile, perché La voce degli uomini freddi altri non è se non una noiosa litania di un concetto indubbiamente valido, cioè quella necessità di vivere in accordo con la natura che è da sempre nelle corde dell’autore ertano e pure nelle mie.
Mi sono detto allora che il mio giudizio sul romanzo di Abate non doveva diventare un giudizio su chi l’ha scritta, vale a dire che non dovevo effettuare una ingiusta generalizzazione, e per far questo era ovviamente necessario che leggessi almeno un altro lavoro di questo romanziere calabrese.
La mia scelta è caduta su Il bacio del pane ed è stata determinata dagli entusiastici commenti presenti su Internet Book Shop.
L’ho reperito nel mio circuito bibliotecario e l’ho letto, ma anche questa volta non sono rimasto soddisfatto, poiché ho trovato alcuni elementi che considero non positivi, primo fra tutti che Abate continua imperterrito a dividere l’umanità fra buoni e cattivi, o meglio ancora i suoi personaggi o sono tutti buoni o sono tutti cattivi. Certo ci sono i profumi della sua terra, un’accurata descrizione della natura, ma è un ambiente che sembra ricostruito come il teatro di posa di una pellicola, cioè manca di quella spontaneità che si ritrova in Mauro Corona e in Mario Rigoni Stern che non solo raccontano quello che vedono con gli occhi, attraverso il filtro del cuore, ma che anche sono capaci di proporre sensazioni ed emozioni con una misurata partecipazione. Inoltre i contenuti delle loro opere non sono nemmeno paragonabili a La collina del vento e a Il bacio del pane, questi ultimi prodotti ben confezionati, non c’è che dire, ma con ben poca sostanza.
In particolare in questo libro di cui sto scrivendo c’è una gioventù un po’ di maniera, ben delineata, ma manca di realtà in una storia tutto sommato piccola piccola, con un alone di mistero ben presto svelato e addirittura infilandoci la malavita organizzata calabrese. Sarebbe potuto anche andar bene, ma il tutto sembra posticcio, messo lì come tante belle statuine di un presepe e con una dose assai bassa di attendibilità. Certo ci sono giovani che si amano, bisticci di fidanzati, un modesto velato erotismo e perfino il lieto fine che non guasta mai, ma si è persa l’occasione per scrivere dell’endemico problema della Calabria, di quelle cosche malavitose che la impoveriscono e rendono la vita non facile ai suoi abitanti; questo tema della criminalità che strangola quella regione è stato appena accennato e sembra messo lì per cercare di dare almeno un accenno di brivido a chi legge.
Mi sono chiesto a un certo punto: ma di fronte alla vicenda di un uomo braccato dalla ndrangheta com’è possibile che nel paese teatro del romanzo non se ne avverta la presenza? Non ho saputo darmi subito una risposta, tanto più che l’autore è un figlio di quella terra, di cui si limita a ricordare per lo più stereotipi, ma poi è arrivata quasi all’improvviso: lo scopo è stato di confezionare un libro in cui offrire ai lettori tutto ciò che desiderano e cioè un’ambientazione quasi esotica, una storia d’amore, un po’ di suspense con un uomo che fugge dalla delinquenza organizzata e, immancabile, ciliegina sulla torta, un lieto fine. Il bacio del pane è un libro furbo, ma secondo i miei metri di giudizio non può dare di più che far trascorrere qualche ora spensierata.
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Sono i luoghi che ti cercano e ti trovano
Carmine Abate vive in Trentino ma è calabrese al 100%.
"Il bacio del pane" è ambientato appunto in Calabria, a Spillace uno di quei paesini che definirei quasi "fantasma", nel senso che d'estate sono vivi e rumorosi (tutte le persone che sono emigrate al nord, ma che al sud hanno ancora i parenti, nel periodo estivo tornano alle proprie origini per riunire la famiglia) e per il resto dell'anno sono un pò spenti, rimangono solo i locali che sono sempre meno e vivono nel ricordo dell'estate passata e nell'attesa della prossima.
I protagonisti di questo romanzo sono due giovani, Francesco (di Spillace al 100%) e Marta (compaesana che vive a Firenze e torna per le vacanze). Fra i primi innamoramenti ed incomprensioni, i due si avvicinano di più quando entrambi devono mantenere il medesimo segreto.
Il segreto ha un nome e si chiama Lorenzo. Vive in un rudere, nascosto, braccato.
Marta subito più espansiva, Francesco più diffidente, ma basta che Lorenzo baci il pane che tutto cambia e al giovane torna in mente il nonno (una madeleine nostrana..), un uomo che gli ha insegnato molto.
Pur vivendo in Toscana, ho radici nel sud e la tradizione vuole che non si butti via mai il pane, neanche se sporco o ammuffito:
"Il pane non si butta così, come una pietra senza valore. Il pane è vita, ci vuole troppa fatica per farlo. Diede un bacio sul lato pulito della fetta e andò a posarla sotto il fico, dove beccheggiavano affamati tre o quattro uccelli. Poi concluse: il pane va rispettato."
Un romanzo breve, che inizia con un pò di lentezza ma basta poco per rimanerne coinvolti.
Abate ci racconta una realtà non così scontata, ricca di tradizioni, di rituali (bellissima la preparazione del pane) e di famiglia.
Per concludere vi lascio una frase di Francesco che forse rappresenta con poche parole il romanzo:
"Ora so che l'esperienza di quei giorni d'estate mi aveva maturato all'improvviso, come succede ai fichi che la sera sono acerbi e al mattino diventano maturi al punto giusto".
Lo consiglio.
Buona lettura!
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Pane e … companatico!
L’autore che l’anno scorso ha vinto il premio Campiello con “La collina del vento” propone un nuovo romanzo, “Il bacio del pane”, sempre ambientato a Spillace, immaginario borgo calabrese ove Francesco compie la maggiore età scoprendo l’amore per Marta in un’estate indimenticabile trascorsa con un gruppo di amici.
LA NATURA DELLA CALABRIA
Non fa soltanto da sfondo; è essenza, impregna gli esseri umani con i suoi profumi intensi, con i colori forti, con i contrasti grazie ai quali, dopo l’aridità della fiumara (“il letto della fiumara, uno squarcio secco come un’antica ferita”), si scopre un paradiso naturale: la cascata del Giglietto (“Ai piedi della cascata si apriva un laghetto ovale”), alla quale si accede – dopo uno slargo - attraverso “un dedalo di mulattiere… che si perdevano tra le ultime vigne e il bosco fitto di lecci. In mezzo brillava una fiumara di pietre e oleandri fioriti, senza una goccia d’acqua”.
Nel luogo paradisiaco, ove i ragazzi si recano per divertirsi e fare il bagno, c’è un vecchio mulino, dopo gli “otto ruderi dei mulini lungo la fiumara”. Lì avviene …
… L’INCONTRO
Grazie al quale Francesco e Marta oltrepassano la soglia dell’adolescenza verso la maturità, venendo a contatto con una storia incredibile.
Lì conoscono “un vagabondo che secondo me è pure ciòto”. Presto si accorgono che “quell’uomo ha bisogno di” loro!
Lorenzo è un tipo strano: “Leggo Dante, la Divina Commedia: lì c’è tutto, l’amore e l’odio, il bene e il male, la vita e la morte”. E ha un passato che lo costringe a vivere in solitudine e terrorizzato: “Vi raccomando, non parlate con nessuno del nostro incontro, se mi volete rivedere ancora vivo”.
Nell’eremo in cui vive, “L’unica cosa che… manca è il pane”
IL SAPORE BUONO DEL PANE
E allora i due ragazzi glielo portano, il pane, quello sfornato dalla mamma di Francesco con un’arte che affonda le radici nella tradizione: “Un pane da resuscitare i morti, non quella specie di spugna inodore che si compra nei supermercati”.
E, negli incontri successivi, i due giovani avranno modo di capire che “non si scappa dai luoghi … si scappa semmai dalle persone subdole e violente, a volte persino da se stessi, dalla propria storia di rimorsi”.
Il nuovo romanzo di Carmine Abate è breve, ma intenso. Ancora una volta emana i sapori della Calabria: primo fra tutti l’aroma del pane fatto in casa, da gustare con i fichi appena colti dall’albero. O con i peperoni. Il nuovo romanzo di Carmine Abate trasuda di amore per la terra d’origine e si esprime in un linguaggio che riecheggia la parlata locale.
Bruno Elpis