I divoratori
Letteratura italiana
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Tutti divorati e divoratori. Tutti infelici.
La vita è feroce, affamata, non risparmia niente e nessuno.
C'è chi è abituato ad essere "pasto" per gli altri, chi ha messo la propria vita in un piatto, il piatto più bello e costoso possibile ovviamente, e si lascia divorare senza pietà da chiunque, per vanità, per bramosia di successo, per contratto.
Il suo sapore non è genuino, è finto, come finta è la sua esistenza patinata.
Piacere ad ogni costo è faticoso, stancante, sfibrante... ad un certo punto si ha il bisogno di chiudersi in un bagno e tirare fuori il peggio, o forse il meglio... di sicuro "il vero".
Ma c'è anche chi è inconsapevole di mettere in atto e di subire questo aspetto famelico dell'esistenza.
Fino a quando non si ritrova faccia a faccia con i propri istinti, fino a quando non si ritrova nel piatto le briciole dei propri fallimenti.
Tutto accade nell'arco di una cena.
Una grande abbuffata la cui portata principale è costituita da loro, le celebrità hollywoodiane, ma i cui contorni, le esistenze comuni, sono la parte più viva e saporita della cena, perché non artefatti, non costruiti a tavolino, perché ignari di essere cibo per le loro debolezze, vittime della loro stessa fame.
Fame di realizzazione, di riscatto sociale, fame di potere, fame di piacere, di sedurre, o anche solo incapacità di proteggersi, e quindi, per questo, destinati ad essere fatti a pezzi, divorati e masticati dai sensi di colpa, dai rimpianti, o semplicemente da una vita che non dà molte seconde occasioni.
Tutti divorati da se stessi, spolpati da una vita che, in fondo, per nessuno di loro, è andata come avrebbero voluto.
Tutti divorati e divoratori. Tutti infelici.
L'essere umano contemporaneo di Sgambati è cinico, meschino, affascinato dal sopruso, autodistruttivo.
Sostanzialmente solo e disperato.
Poco emozionale e molto cerebrale, esattamente come il romanzo.
Un libro sicuramente originale, scritto bene, chirurgico, attento al dettaglio.
Che fa pensare.
Però, per me, ha un grande difetto: l'eccessiva caduta nel "mondo delle celebrità reali".
L'ho trovato troppo infarcito di veri personaggi dello spettacolo, del cinema, della musica (da Fabio Fazio e Filippa Lagerbäck a Charlize Theron e Damien Hirst, passando per una lunga serie di citazioni: Jude Law, Hugh Grant, Saviano, Bono, David Letterman, ecc.).
Questo voler inserire nella narrazione persone vere, famose, ha tolto al romanzo il suo respiro universale, relegandolo ad un tempo piccolo, molto circoscritto.
Il nostro adesso. Qui e ora.
Avrei preferito meno riferimenti celebri, meno scimmiottamenti (la coppia hollywoodiana è troppo esplicitamente simile a Brad Pitt e Angelina Jolie, lo chef stellato è una versione letteraria di Cracco...).