Grandi ustionati
Letteratura italiana
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“Grandi ustionati” – commento di Bruno Elpis
Il protagonista di questo delizioso libello di Paolo Nori ha rischiato di morire arso vivo durante un incidente d’auto. Si ritrova ad affrontare un difficile percorso di guarigione nel reparto asettico di un ospedale, nella sezione “grandi ustionati”.
Verrebbe da pensare a un romanzo “medical”, che cerca di coinvolgere il lettore nelle atroci sofferenze fisiche di un percorso tutto in salita.
Il percorso è sì in salita, ma il lettore si trova a riderne, in una specie di beffardo sacrilegio, grazie all’abilità di Paolo Nori, scrittore molto colto che – proprio grazie alla sua cultura – inventa uno stile eccentrico e assolutamente fuori registro.
Così, sfogliando le pagine, ci scopriamo divertiti e ci sorprendiamo a ridere di situazioni paradossali, ingoiando il senso di colpa che è lo stesso che proviamo quando troviamo umoristica una situazione che non dovrebbe esserlo (perché – faccio un esempio - quando vediamo una persona scivolare sul ghiaccio dobbiamo reprimere il nostro primo istinto, grazie all’intervento del superego che ci impone di dominare una tendenza tanto innata quanto crudele?).
L’autore costruisce una sequenza di nonsense e situazioni iperboliche, con uno spirito fanciullesco che incanta il lettore in cerca di novità.
“Per esempio io avevo pensato di prendere Rocco da parte di dirgli Rocco, facciamo un patto; il primo di noi che esce prende l’impegno che entro tre giorni là fuori ne ustiona un altro”.
Il romanzo è infarcito di inserti che sono racconti-divagazione: oltre a “Fischiò”, ripreso nel titolo, un indimenticabile racconto sul mare (“Al mare, io sono vent’anni che non ci vado, al mare …”).
E in tutto questo, il protagonista chi è? Naturalmente uno scrittore (!), che si destreggia tra critici, premi letterari e case editrici. Senza perdere occasione per imbastire parodie demistificate attraverso frasi destrutturate, aggrovigliate e sconclusionate. Ma comprensibilissime.
Bruno Elpis