Narrativa italiana Romanzi Grandi ustionati
 

Grandi ustionati Grandi ustionati

Grandi ustionati

Letteratura italiana

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Non si ricorda, Learco, che a un certo punto si è alzato in piedi nella macchina in fiamme Ochèi, ochèi, si è messo a gridare. E quando l'egiziano che l'ha tirato fuori gli racconta l'incidente per filo e per segno gli vengono, a Learco, delle reazioni sentimentali, ma non è lui è il posto, pensa Learco, che provoca delle reazioni sentimentali, perché la prima volta che l'han messo in piedi sulle sue gambe dopo le operazioni, un'infermiera, gli ha detto sua mamma che si è messa a piangere, quando l'ha visto che camminava, dopo trenta giorni che lo vedeva sempre steso sul letto. Queste sono le nostre soddisfazioni, ha detto questa infermiera, al reparto Grandi ustionati dell'ospedale maggiore di Parma.



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Grandi ustionati 2013-01-23 04:26:15 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    23 Gennaio, 2013
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“Grandi ustionati” – commento di Bruno Elpis

Il protagonista di questo delizioso libello di Paolo Nori ha rischiato di morire arso vivo durante un incidente d’auto. Si ritrova ad affrontare un difficile percorso di guarigione nel reparto asettico di un ospedale, nella sezione “grandi ustionati”.
Verrebbe da pensare a un romanzo “medical”, che cerca di coinvolgere il lettore nelle atroci sofferenze fisiche di un percorso tutto in salita.
Il percorso è sì in salita, ma il lettore si trova a riderne, in una specie di beffardo sacrilegio, grazie all’abilità di Paolo Nori, scrittore molto colto che – proprio grazie alla sua cultura – inventa uno stile eccentrico e assolutamente fuori registro.
Così, sfogliando le pagine, ci scopriamo divertiti e ci sorprendiamo a ridere di situazioni paradossali, ingoiando il senso di colpa che è lo stesso che proviamo quando troviamo umoristica una situazione che non dovrebbe esserlo (perché – faccio un esempio - quando vediamo una persona scivolare sul ghiaccio dobbiamo reprimere il nostro primo istinto, grazie all’intervento del superego che ci impone di dominare una tendenza tanto innata quanto crudele?).
L’autore costruisce una sequenza di nonsense e situazioni iperboliche, con uno spirito fanciullesco che incanta il lettore in cerca di novità.
“Per esempio io avevo pensato di prendere Rocco da parte di dirgli Rocco, facciamo un patto; il primo di noi che esce prende l’impegno che entro tre giorni là fuori ne ustiona un altro”.
Il romanzo è infarcito di inserti che sono racconti-divagazione: oltre a “Fischiò”, ripreso nel titolo, un indimenticabile racconto sul mare (“Al mare, io sono vent’anni che non ci vado, al mare …”).
E in tutto questo, il protagonista chi è? Naturalmente uno scrittore (!), che si destreggia tra critici, premi letterari e case editrici. Senza perdere occasione per imbastire parodie demistificate attraverso frasi destrutturate, aggrovigliate e sconclusionate. Ma comprensibilissime.

Bruno Elpis

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