Narrativa italiana Romanzi Gli occhiali d'oro
 

Gli occhiali d'oro Gli occhiali d'oro

Gli occhiali d'oro

Letteratura italiana

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In una Ferrara ricca, affascinante ma oppressa dal fascismo, un giovane studente ebreo, voce narrante del romanzo, incrocia il suo destino con quello di Athos Fadigati, un maturo medico di chiara fama. L'amicizia che nasce fra i due farà scoprire al narratore che dietro tutta la cultura e la raffinatezza del dottor Fadigati si cela un abisso di solitudine dovuto alla sua presunta omosessualità. Un peccato che l'Italia di allora non contemplava fra quelli che potevano essere redenti... E gli occhiali d'oro dello stimato professionista diventano il simbolo di una diversità sempre meno tollerata, così come l'appartenenza all'ebraismo del narratore, una diversità che non potrà che andare incontro a una catarsi tragica.



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Gli occhiali d'oro 2020-04-27 09:47:01 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    27 Aprile, 2020
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Chi è il diverso?

Protagonista de “Gli occhiali d’oro” è l’emarginazione, il disprezzo sociale, la paura del diverso. Diverso è considerato infatti il medico Athos Fadigati, nella ricca e affascinante Ferrara fascista. Non basta essere un affermato e stimato professionista. Non basta essere un uomo colto e raffinato. Serve la conformità di comportamento, l’approvazione sociale. Altrimenti, con lentezza, quasi con riluttanza, cominciano a salire a galla rade bolle d’aria, che scoppiano in silenzio increspando per sempre la superficie melmosa della quotidianità. Sono domande, insinuazioni, dicerie. Perché un uomo della sua posizione non è ancora sposato? Cosa fa durante quelle passeggiate notturne? Ebbene, ho sentito dire che è…

Sì, è, Athos Fadigati. È riservato, cortese, caritatevole. È omosessuale, anche. Ed è dolorosamente solo. Solo, perché essere apertamente se stesso lo escluderebbe definitivamente dalla cerchia di persone istruite e beneducate a cui ha sempre appartenuto. Solo, perché i silenzi e le ombre che si è autoimposto sono diventati una cassa di risonanza in cui rimbomba forte un ingenuo desiderio di consenso, di libertà e di accettazione. Quello stesso desiderio che può portare a credere, a innamorarsi, ad afferrare imprudentemente la prima mano tesa. E a pagarne magari le conseguenze.

Ma chi è il diverso? Diverso è il bonario e placido omosessuale di mezz’età. Diverso è il giovane narratore ebreo, che scopre all’improvviso l’intolleranza e la ghettizzazione imposti dalle leggi razziali. Ma, in fondo, se ci guardiamo intorno, sono tante le diversità condannate all’esclusione. Ecco allora che questa lettura diventa indispensabile, ieri come oggi, per aiutarci a guardare con occhi diversi il mondo che ci circonda, inforcando quegli occhiali d’oro dietro cui Athos Fadigati ha nascosto per tutta la vita il proprio ingenuo, fragile, semplice bisogno di felicità.

“Il dottor Fadigati aveva due vite. Ma chi non ne ha?”

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Gli occhiali d'oro 2019-10-03 19:41:11 archeomari
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archeomari Opinione inserita da archeomari    03 Ottobre, 2019
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La diversità ha sempre un prezzo sociale altissimo

Secondo libro del ciclo “Il romanzo di Ferrara”, “Gli occhiali d’oro” è un romanzo breve che supera di poco le cento pagine. Pubblicato nel 1957, quindi anteriore al ben più famoso “Il giardino dei Finzi-Contini”, ha avuto poi trasposizione cinematografica trent’anni dopo ad opera del regista Giuliano Montaldo.

Lo stile e la scrittura di Giorgio Bassani sono inconfondibili: ritmo lineare, prosa asciutta, dialoghi in forma indiretta, pochi ed essenziali quelli in forma diretta.
Il tema, quello dell’emarginazione ebraica, nel pieno delle leggi razziali in Italia - qui secondario, ma sempre più forte nei capitoletti finali del breve romanzo- si intreccia con quello dell’emarginazione dell’omosessuale, nella fattispecie, del dottor Athos Fatigati. La voce narrante è la stessa di quella de “Il giardino dei Finzi-Contini “, tant’è che viene anche ricordata la nota famiglia ferrarese di origine ebraica e le partite di tennis tenute nel giardino della loro grande casa. Il narratore è interno alla storia, un ventenne che da bambino, insieme a tanti altri come lui ammalati di tonsilliti o adenoidi ipertrofiche, era passato dallo studio del celebre dottore ed era guarito. Nei primi tempi Fatigati era molto amato ed apprezzato dai ferraresi, che spesso, non propriamente ammalati, andavano nel suo studio solo per godere dei confort nella sala d’aspetto e del sorriso della giovane infermiera.
L’età dell’oro dura poco. D’oro ci ritroviamo solo gli occhiali del dottore che spiccano nella sala del cinema, di cui è assiduo frequentatore. Gli anni passano, il dottore non si è mai visto accompagnarsi ad una donna, conduce una vita molto riservata, è quasi sempre solo al passeggio e nei luoghi pubblici e la curiosità della gente non conosce misura...il romanzo è breve, mi fermo e lascio a voi il gusto di scoprire una storia che tocca le corde più intime del vostro animo.

La conoscenza de “Il giardino dei Finzi-Contini”, letto pochi mesi fa, purtroppo influenza non poco il mio giudizio finale. Lo stile di Bassani è di 5 stelle con la lode, però questo breve romanzo non tocca le punte di quello più famoso scritto successivamente. Il personaggio voce-narrante ne “Il giardino dei Finzi-Contini” è molto meglio delineato, ne comprendiamo la psicologia. E l’indimenticabile Micól? Chi può dimenticarsi di lei? lei che amava il tempo presente e non voleva mai parlare del futuro...no, decisamente i due romanzi non sono allo stesso livello.
Tuttavia bisogna lo stesso riconoscere la pregevolezza di una storia di respiro molto meno ampio che in poche pagine, in pochi tratti narrativi riesce comunque ad emozionare, a toccare tematiche delicate come quella dell’omosessualità.

“Forse bisognerebbe essere così, saper accettare la propria natura. Ma d’altra parte come si fa? È possibile pagare un prezzo simile? Nell’uomo c’è molto della bestia, eppure può, l’uomo, arrendersi? Ammettere di essere una bestia, e soltanto una bestia?”. (Pag. 100, ediz. Oscar Mondadori, 1987)

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Consigliato a prescindere dalla lettura delle altre cinque opere facenti parte del ciclo “Il romanzo di Ferrara”
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Gli occhiali d'oro 2018-12-26 15:48:15 Chiara77
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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    26 Dicembre, 2018
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I diversi per la società

“Gli occhiali d'oro” di Giorgio Bassani è un romanzo breve o racconto lungo che fa parte del “Romanzo di Ferrara”.
La narrazione in prima persona ha la voce di uno studente ebreo di Lettere di circa vent'anni, probabilmente alter ego dello stesso Bassani. Il giovane ricorda una vicenda che coinvolse uno stimato otorinolaringoiatra di origini veneziane, Athos Fadigati, che nei tardi anni Trenta del Novecento viveva ed esercitava la professione a Ferrara. Il dottor Fadigati apparteneva alla ricca borghesia cittadina ma un'ombra gravava sulla sua vita privata: era infatti sospettato di essere omosessuale, una condizione che sicuramente nell'Italia fascista del 1937 non era contemplata, era considerato un vizio, un peccato, una grave colpa da dissimulare e da non mostrare in pubblico.
Il racconto è costruito in modo magistrale: si parla dell'omosessualità di Fadigati per arrivare a parlare dell'emarginazione sociale, a cui ben presto sarà sottoposto anche l'io narrante, in quanto ebreo.
La narrazione scorre intrisa di realismo, sono descritti ambienti, paesaggi e situazioni come se le potessimo vedere e come se ci trovassimo lì anche noi. Leggendo, ho avuto la sensazione ( forse sarebbe da aggiungere un -purtroppo- ?) di trovarmi in un mondo non molto lontano e diverso da quello di oggi. Pur notando i particolari tipici di quell'epoca storica, la descrizione degli atteggiamenti e delle emozioni dei personaggi mi sono sembrate vicinissime e molto moderne: la penna di Bassani mi è sembrata di un'attualità sconcertante nel descrivere l'emarginazione sociale, che si nasconde sempre dietro alibi più o meno rassicuranti, ma che ha il solo scopo di separare, marginalizzare, distruggere, chi è considerato “diverso”.
Il trattamento che la società attua nei confronti dell'omosessuale Fadigati infatti anticipa e riflette quello che sarà il comportamento da mettere in atto nei confronti degli ebrei: il narratore e il medico sono due vittime, due elementi “estranei” della società, due diversi da escludere. E' interessante notare la reazione completamente diversa che i due oppongono a questo trattamento: l'uno si arrende, l'altro combatte.
In conclusione, una lettura che non può lasciare indifferenti, che affronta un tema ancora molto attuale e che stimola pensieri e riflessioni.

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Gli occhiali d'oro 2016-06-13 14:29:19 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    13 Giugno, 2016
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Il dramma dell’emarginazione

L’essere perseguitati in base a una legge perché si è nati ebrei e l’essere emarginati solo perché si è nati omosessuali sono i percorsi quasi paralleli di cui tratta questo romanzo breve di Giorgio Bassani, parte integrante di quel grande progetto letterario che molto opportunamente chiamò Il romanzo di Ferrara.
La vicenda del dottor Fadigati, conosciuto e stimato medico otorinolaringoiatra, con avviato studio in città, può essere solo un pretesto per delineare l’esistenza di chi, per natura o per legge, è definito un diverso, ma è anche emblematica di un falso puritanesimo che al giorno d’oggi farebbe sorridere, ma che negli anni 30’, in cui in Italia predominava tanto da sembrare eterno il fascismo, era più che mai radicato. Stimato si è detto questo clinico, almeno fino a quando, pubblicamente, non rivela la propria sessualità, perché allora, all’impietosa luce del sole, si insinua nei cittadini dapprima un senso di scherno e di ilarità e poi una vera e propria emarginazione che si traduce in un calo marcato della clientela dello studio medico, in un isolamento in cui l’interessato avverte colpe che non ha. Non è un caso, poi, che pur non approvando il suo comportamento, l’autore e la sua famiglia non lo evitano, già in procinto di essere considerati pure loro diversi in quanto ebrei. Sintomatico di questo atteggiamento, se non di consenso, almeno di comprensione, è quel puvraz che pronuncia il padre dell’autore, apprendendo, raggiunta la famiglia a Riccione per le vacanze, che quella persona che così tanto stima – e che continuerà a stimare – ha manifestato pubblicamente, con grande scandalo, le sue tendenze accompagnandosi al Grand Hotel con un giovane studente sfaccendato, amico del Bassani. L’amante non è altri che un gigolò, senza alcuna morale, che va con le donne, ma che non disdegna gli uomini quando questa compagnia sia ben fruttifera. Gli spasimi di Fedigati, le sue gelosie, il lento scendere nel baratro sono descritti in modo splendido e con una penna guidata da un grande senso di pietà; sono pagine in cui l’autore riesce a cogliere il tormento dell’esistenza che può avere solo un innamorato tradito e un uomo che avverte palpabilmente un progressivo isolamento, da cui non potrà uscire se non con un gesto estremo, con un suicidio che i giornali di regime faranno passare per incidente. La vicenda si svolge mentre già la stampa comincia ad attaccare gli ebrei, tanto da parlare di imminenti leggi razziali, che di lì a poco in effetti verranno promulgate. L’ansia di questi israeliti, che memori di antiche persecuzioni sono sempre attenti a cogliere sintomi avversi, è ben esposta e procede di pari passo con le chiacchiere e gli atteggiamenti dei ferraresi nei confronti del dottor Fadigati.
Due diversità, dunque, ed entrambe incolpevoli, un senso di graduale afflizione che pervade gli animi, che rende insicuri, un’inconscia sensazione di colpevolezza quando invece colpevoli non si è, incidono le pagine come rasoi, descrivono in un italiano colto e ricercato il passaggio dai timori alla disperazione, condannano senza se e senza ma l’atroce delitto dell’emarginazione, un altro crimine di cui si macchierà il fascismo, incapace di fornire agli italiani un ideale diverso da quello che gli fu proprio, cioè la violenza per la violenza, la discordia civile, il senso dell’inutilità di una vita non libera di essere vissuta.
Non ho altro da aggiungere, salvo che questa piacevolissimo libro, che appaga in tutto e per tutto, lascia alla fine un senso di disorientamento, quasi di incredulità, come se certi fatti – e non dico quelli del romanzo – non possano essere accaduti, quando invece sappiamo che altri ben più gravi avvennero, come l’Olocausto conferma.

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Il giardino dei Finzi Contini e Cinque storie ferratesi, entrambi di Giorgio Bassani.
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Gli occhiali d'oro 2016-01-11 21:55:43 siti
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siti Opinione inserita da siti    11 Gennaio, 2016
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“Il romanzo di Ferrara” : secondo libro

Ci si addentra con questo racconto lungo, quasi romanzo , nel corpus di quello che lo stesso Bassani definì “una specie di poema romanzesco di quasi mille pagine”; sono evidenti infatti i riferimenti intertestuali in particolare ai personaggi già menzionati nelle “Cinque storie ferraresi” e colpisce il lento incedere, quasi una sorta di passerella letteraria verso il famigerato giardino degli schivi Finzi – Contini.
Si ha il tempo con questo intermezzo di familiarizzare ancor di più con le atmosfere ferraresi, non solo gli scorci paesaggistici o la prepotenza della Storia; ci è consentito infatti entrare dentro le famiglie borghesi di estrazione ebraica, in particolare dentro quella del narratore che è spontaneo identificare col giovane Bassani. Si tratta di uno studente universitario, unico del suo gruppo di amici a studiare Lettere, i primi anni della vita trascorsi in quel “clima di agitazione, di distrazione generale entro cui si svolse la prima infanzia di tutti coloro che sarebbero diventati uomini nel ventennio successivo...” Racconta il giovane la sua Ferrara, l’ovattato clima provinciale, il perbenismo, la devozione al regime fascista e il suo lento incrinarsi. È un società classista quella nella quale vive, il pubblico e il privato tendono a collimare rovinosamente nelle bocche mai sazie di pettegolezzo e negli animi che facilmente vengono attratti quanto preme in loro la necessità di essere rassicurati. È pertanto ben accetto anche il nuovo otorinolaringoiatra: i suoi modi sono cortesi e discreti, evidente è il disinteresse che accompagna l’esercizio della sua professione nel pubblico e ancor più nel privato. Non c’è però una signora Fadigati e presto strane, stranissime voci circolano sul medico. La rappresentazione della sfera privata di questa esistenza è delicata, il lettore percepisce l’inclinazione sessuale dell’otorino che il narratore rende esplicita progressivamente calandoci nella narrazione. Il dottore frequenta la compagnia universitaria e condivide gli spostamenti in treno per Bologna, alcuni giorni della settimana. Gran parte dell’azione successiva si svolge tra Bologna e la riviera romagnola. Ferrara fa da sfondo al ricordo con eleganti e suggestive pagine che trasfondono l’immenso amore di Bassani per la città soprattutto quando termina l’idillio vacanziero e le tremende legge razziali si concretizzano agli occhi dell’operosa borghesia cittadina di estrazione ebraica, mentre si chiude anche la vicenda umana di un’altra diversità. Ferrara sarà allora il porto sicuro: “Mi era bastato recuperare l’antico volto materno della mia città, riaverlo ancora una volta per me, perché quell’atroce senso di esclusione che mi aveva tormentato nei giorni scorsi cadesse all’istante. Il futuro di persecuzioni e di massacri che forse ci attendeva (fin da bambino ne avevo sentito parlare come di un’eventualità per noi sempre possibile), non mi faceva più paura.”
Storia della metamorfosi subitanea ma presagita in una “razza inferiore”.
Tra l’ottobre del 1943 e il febbraio del 1945, più di 7.000 ebrei italiani furono deportati nei campi di sterminio nazisti , 5.969 furono uccisi, 837 sopravvissero, un migliaio i dispersi.

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Cinque storie ferraresi. Dentro le mura.
Il giardino dei Finzi- Contini
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