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Frammenti di stelle Frammenti di stelle

Frammenti di stelle

Letteratura italiana

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In un paese di montagna, durante una notte di fine anno accade qualcosa di inspiegabile: scoppiano le stelle e la loro polvere magica ricade su tutte le cose, gli animali, le persone. Da quel momento, tutto cambia: il dolore, la malattia e persino la morte scompaiono. Vecchie ferite si rimarginano, il perdono allevia i cuori, una strana empatia connette tutti gli esseri, l’amore si manifesta in ogni sua forma in un popolo da sempre avvezzo alla sofferenza. Uomini e donne della Montagna (ma anche un cane, il vulcano e l’alloro) raccontano il modo in cui i frammenti di stelle hanno cambiato la loro vita e ognuno prova a dare la propria interpretazione dell’accaduto. Un mattino, forse quello successivo alla notte del sogno, tutto torna alla normalità. Sarà stata un’illusione collettiva? Una magia? Un segno divino?



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Frammenti di stelle 2018-08-11 13:20:25 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    11 Agosto, 2018
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Sogno collettivo in Aspromonte

Vincenzo Carrozza, dopo aver pubblicato A famigghia, torna sulla scena letteraria con Frammenti di stelle. Un libro non proprio di facile lettura, ma molto intimo ed intimistico, introspettivo di grande importanza.

Narra la storia di un piccolo paesino di montagna, nell’Aspromonte, in cui una notte del primo gennaio accade l’inspiegabile. Le stelle del cielo scoppiano e la loro polvere “magica” scende su tutto, cose e persone. Ecco che nel paese si verifica una strana assenza di sofferenza per cui:

“Alla fine di settembre il dolore e le malattie non avevano ancora bussato alla porta di nessuna famiglia. Io e il prete, sostenendo ognuno la propria tesi, ci incontravamo sempre più spesso in canonica per fare il punto della situazione. Ogni incontro confermava in lui la paura profonda che l’assenza di sofferenza più che un bene fosse una punizione caduta dal cielo.”

In questo clima si assiste ad un evento straordinario: il dolore, la malattia, persino la morte, scompaiono. L’assenza di emozioni e di dolore accompagna le mille storie degli abitanti del paese. Ed ecco allora la storia di Paola la zoppa, di Teresa, di Cata la rivoltosa, e di Fante Francesco, suo marito, di Carmelo e Marianna. Tutte narrazioni cariche di sofferenza e di solitudine che, improvvisamente mutano, diventando leggiadria comune. A narrare non sono soltanto gli umani, ma anche le cose inanimate, come l’alloro:

“Io sono l’Alloro. L’unico della Montagna e delle valli intorno. Sono grande e vecchio, quanto non so, non ricordo. Un frammento di stella, l’altra notte, cadendo si è fermato al centro del mio petto. C’è chi non crede che gli alberi possano avere un cuore. Che possano avere un’anima. Che possano sentire e perfino amare. (…)

Io sono l’albero d’Alloro e ho visto il destino degli uomini compiersi molte volte. Cicli di violenza e pianti disumani alternati a istanti di spensieratezza e gioia. Un albero, per quanto vecchio, per quanto alto, per quanto saggio ha domande a cui non può dare risposte. Conosco il mare e conosco la terra. Con le mie foglie abbraccio entrambi. “

E come lui parla il Cane nero, il Vulcano….

Finchè tutto muta ancora una volta. E allora? La magia è transitoria, il sogno collettivo è stato reale o un segno divino? La risposta va colta tra le righe e

“Mi porta malinconia e tenerezza per questa umanità insensibile che attraversa la mia ombra, fermandosi a volte a respirare.”

La lettura di questo libro è intrisa di un fascino particolare ed indiscusso, la prosa è veloce ed eterea, il costrutto narrativo, solido e perspicace, induce alla riflessione e alla saggezza.



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