Finché dura la colpa
Letteratura italiana
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Andiamo a prenderci quello che ci spetta
Domenico è un ragazzo “difficile”: ha vissuto il trauma infantile della scomparsa del fratellino (“Vincenzo finì nella triste statistica dei bambini scomparsi … Vincenzo perso dietro al suo amico immaginario - ndr: Matito - io divorato dai miei fantasmi letterari. Entrambi perennemente assorti sulle nostre voragini interiori”), è vittima di bullismo, patisce l’emarginazione scolastica e le sfuriate di un padre che cerca di imporgli una schema di vita più “normale”; trova rifugio e conforto soltanto nella lettura (“Persuaso che le pupille che leggono tradiscono sempre una luce più tenue perché più usurata”), che pratica con accanimento.
Con queste premesse e pieno di complessi anche sessuali, Domenico intreccia una strana amicizia con Anna (“Provai un’istintiva simpatia per questa ragazza che, come me, era uscita di casa per leggere Pasolini nella penombra di una stazione, in mezzo al flusso di chi parte e di chi arriva”), rifiuta il lavoro in fabbrica che il padre gli ha procurato (“Io non c’entro nulla con questa pletora di umiliati e offesi”) e si lascia irretire dalle promesse di Agosto, losco personaggio (“Sai, ci sono due modi per liberarsi della mediocrità. Uno è l’arte e l’altro è l’azione. Sono connesse tra loro ma l’azione è su un gradino superiore rispetto all’arte. C’è stato un solo artista che l’ha capito, Rimbaud appunto. Prima ha scritto versi e poi è andato in Africa a vendere armi”), con il quale attua una vendetta ambivalente (“Lunedì. Questo lunedì. Andiamo a prenderci quello che ci spetta”).
Gli eventi precipitano verso un epilogo che in qualche modo riecheggia Lo straniero di Camus.
Giudizio finale: crudele, impietoso, sferzante
Bruno Elpis