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Letteratura italiana

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Ogni risveglio è un venire al mondo: violenza dello strappo, stordimento, gloria di incontrare ciò che è vivo. Di albe così il protagonista e narratore di questa storia ne ha davanti tante, tutte quelle che compongono l'anno del suo noviziato nel convento francescano di Renacavata, in Centro Italia. Sono i dodici mesi della "prova", in cui si veste il saio e ci si prepara a emettere i voti: un tempo assorto, di isolamento, lavoro manuale, preghiera. Il protagonista senza nome approda qui appena ventenne, infiammato da un bisogno di senso e appartenenza. Nella dimensione protetta del convento, i criteri che reggono il mondo fuori non tengono, si capovolgono: le crisi epilettiche di uno dei compagni sono un ascensore per le sfere celesti, le vipere acquattate nelle sterpaglie ambiscono a iniettare veleno nei teneri polpacci dei novizi per custodirne l'innocenza, preservandoli dalla contaminazione del vivere.



Recensione della Redazione QLibri

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Fervore 2016-02-12 22:41:10 siti
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siti Opinione inserita da siti    13 Febbraio, 2016
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UN GRIDO SCOMODO E RIPUGNANTE

Nei pressi di Camerino, nelle Marche, Renacavata ospita un convento la cui storia è strettamente legata agli inizi dell’ordine cappuccino. Qui i vuoti della terra,dovuti all’estrazione della pietra arenaria, vengono riempiti da “pietre vive”, giovani che sentono la vocazione e si dedicano al noviziato cui seguiranno, dopo un periodo minimo di un anno, i voti temporanei e le professioni solenni.
Emanuele è uno di essi: smetterà l’abito sei anni dopo la sua prima scelta compiuta a diciannove anni.
Il libro è proprio il resoconto del noviziato, il ricordo lo cristallizza in accezione negativa. A distanza di vent’anni l’esperienza viene consegnata al lettore epurata appunto da quel “fervore” che la animò e tutto è ridotto a pura contingenza:
“Ci avevano trascinati lì, nel convento di Renacavata, un sogno fatto di necessità (...)Tu arrivavi dai tuoi diciotto anni, da una terra che avevi abbandonato per precipitare in un convento(...) Eri scappato via. Avevi lasciato tua madre e tuo padre, avevi lasciato la tua terra per andare ad abitarne una ignota, spinto da un fervore che improvviso ti aveva invaso. Non potevi sostenere il nulla, l’ingiustizia.”

Se gli intenti sono dei migliori, il risultato a fine esperienza consegna un uomo che fa del suo fallimento un grido scomodo e ripugnante consegnando il suo credo in ottica rovesciata. Tutto è ridotto a “sacra rappresentazione”, a inversione, a profezia devastante:
“Eravamo capodogli destinati all’olio lucente, non pesci da frittura. Ci avrebbero dovuto fiocinare e spremere per fare luce. Invece avremmo spruzzato un nero di seppia, avremmo fatto buio nel mondo con quelle inutili macchie di paure.”
Solo pochi barlumi di serenità, di speranza e un congedo ad un mondo fuori dal mondo. “Essi non son del mondo, siccome io non son del mondo” Giovanni 17, 13-15
Leggerlo? Apprezzarlo? Disprezzarlo? Tutte e tre le azioni mi hanno animata. Cosa resta?
Un profondo malessere per un’esperienza che immaginavo più edificante e che mi aspettavo di leggere, non conoscendo l’autore, declinata in toni più teneramente memorialistici, non certo dissacranti.

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Fervore 2016-02-11 21:14:26 Riccardo76
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    11 Febbraio, 2016
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Voglia di vita monastica?

Un noviziato lungo un anno in poche pagine, concentrato di avvenimenti ed esperienze di vita monastica, sicuramente romanzate, ma che partono da una esperienza realmente vissuta dall'autore.
Esperienze forti, intense, che a tratti farebbero venir voglia di passare del tempo in un convento, per placare il frastuono e la frenesia dei nostri giorni. Episodi altrettanto forti, descritti in maniera interessante, che fanno invece venir voglia di tenersene alla larga.
Fervore, quello con cui un uomo decide di intraprendere un cammino tutt'altro che semplice e naturale, una chiamata, che deve essere confermata da tanto spirito di sacrificio, rinuncia e forti contrasti che mettono alla prova l’uomo.
La sessualità è evidentemente un aspetto fondamentale di questo cammino, ipocrita sarebbe non considerarla, in questo Tonon è bravo a non farsi intimorire, ci racconta episodi abbastanza intimi della vita monastica. La sessualità è sicuramente un contrasto estremamente intenso per chi decide di intraprendere questo cammino, è una sorta di spartiacque, un limite con la quale confrontarsi ogni giorno, una realtà che non si può annullare, ma alla quale si deve trovare un compromesso.
Non si tratta ovviamente di un trattato sulla sessualità nella vita monastica, Tonon ci porta nel convento, ci fa vivere gli ambienti del convento, le cellette, il refettorio, i campi da coltivare per mangiare. Ci presenta i suoi compagni di noviziato, i frati residenti, le loro abitudini e le disavventure.
Una scrittura sicuramente ricercata, composta come fosse un diario, un memoriale, un flusso di coscienza, un racconto classico, un insieme che rende particolare la lettura di questo romanzo breve.
Tonon scrive bene, ma ha uno stile, a mio avviso, un po’ troppo carico di orpelli, alcuni pezzi sicuramente poetici, altri estremamente pieni di parole troppo ricercate, per i miei gusti ovviamente. Tutto sommato un libro abbastanza interessante, che non mi ha rapito completamente, ma che non mi ha neanche deluso.

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