Fedeltà
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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Le difficoltà amorose e le protezioni
Marco Missiroli, dopo aver pubblicato Atti osceni in luogo privato, con cui ha vinto il Premio Super Mondello, torna in libreria con Fedeltà, un libro che già dal titolo racconta molto del suo contenuto. Un libro in cui si respira sin dall’inizio un senso di attesa, di incompletezza, di sospensione, di un qualcosa che si vorrebbe accadesse ma che non si se accadrà mai.
Narra, con particolare sottigliezza e acume, la storia tra Margherita e Carlo. Lei immobiliarista, lui docente universitario per merito del padre. Un giorno vengono sorpresi, lui e una sua allieva, Sofia, nei bagni dell’università. Lui si difende dicendo che la stava soccorrendo, in seguito ad un suo malore. La verità? Mah. Si intuisce: Sofia che scrive un solo racconto, la gioventù, la libertà. A sognare di lei non può che essere Carlo, in una dimensione altra, differente dalla normalità. Nel frattempo anche Margherita desidera: a causa di una dolorosa pubalgia si reca in un centro massaggi, dove conosce Andrea, uomo dai molti segreti e dalle mille sfaccettature. Il cuore di Margherita è un po’ malconcio e lei si sente come:
“Churchill che si prende un giorno di ferie durante la Seconda Guerra mondiale.”.
Intanto si bea e si perde negli occhi di Andrea, sente su di sé le mani di Andrea e vorrebbe che si mutassero in carezze, in coccole più profonde. Tutto è un dubbio. Il tradimento dei due, sia di Carlo che di Margherita, è solo un mero pensiero o un atto consumato? Infatti:
“Ciò che è stato, ancora è”.
Il confine è sottilissimo, e gioca sull’ambiguità:
“Che parola sbagliata, amante. Che parola sbagliata, tradimento.”
Che cosa è la fedeltà?:
“la fedeltà è un’àncora che ci permette di non essere travolti nella tempesta, ma è anche lo specchio in cui ci cerchiamo ogni giorno sperando di riconoscerci.”.
E allora è gioco forza domandarsi: dichiarare resa alla comprensione o insistere a volersi riconoscere anche nel matrimonio?
“Adulterio contro adulterio: io l’ho fatto ma anche tu probabilmente l’hai fatto. Aveva lasciato depositare il sospetto, discolpandosi un poco dei propri inganni, infastidendosi, ingelosendosi, trattenendosi. “.
Tra una Milano vivida che ricorda i racconti di Dina Buzzati e una Rimini poetica, la narrazione si dipana con sentimento e schiettezza. Un romanzo intimo ed intimistico, che scruta con forza nei legami tra esseri umani, facendo forza sulla loro intrinseca insicurezza. Il narrato è profondo, la prosa ha un taglio poetico che scruta a fondo i pensieri e le emozioni dei protagonisti, trascinando il lettore in una lettura colta e dotta. Una lettura di classe e profondità.
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Non convince
Tutto nasce da un tentato tradimento di Carlo, con una sua giovane studentessa, Sofia. Il “malinteso”. Da qui si dipana una storia che, come dice il titolo, ha al centro l’idea della fedeltà, esplorata sia dal punto di vista di Carlo che da quello di Margherita, sua moglie.
E così scopriamo i due protagonisti come persone che hanno messo da parte le ambizioni professionali per dedicarsi Margherita alla vendita di case, e Carlo al tentativo di trovare un lavoro almeno sufficientemente redditizio.
Intorno a loro personaggi minori: Andrea, fisioterapista e appassionato di lotta con il quale Margherita avrà una fugace avventura, Sofia ovviamente, che deciderà di lasciare il corso e tornare a Rimini a gestire un negozio di ferramenta con il padre, e la madre di lei, Anna, unico personaggio realmente positivo di tutta la storia che spesso capisce la figlia e il genero anche senza che questi parlino e se ne duole.
Procedendo nella lettura scopriamo che Carlo ha tradito diverse volte Margherita pur se senza impegno sentimentale, e Margherita ha comunque pensato spesso alla possibilità di rapporti diversi oltre al marito dopo Andrea.
Fedeltà racconta nei dettagli i combattimenti di cani ai quali Andrea fa partecipare il suo cane e quelli tra umani ai quali prenderà parte dopo che il suo cane morirà. Grande il trasporto di Andrea verso il suo cane, anche se ci si domanda quanto sia possibile voler bene a un cane e portarlo a combattere.
Sofia rimarrà comunque nella mente di Carlo fino alla scelta, più o meno libera, di distaccarsene.
Il tutto in una Milano descritta in modo maniacale (nomi di supermercati, slarghi nelle strade, dettagli anche minimi e decisamente superflui) così come la storia è dettagliata in ogni aspetto all’estremo e fino a risultare spesso noiosa. Anche i rapporti fisici sono dettagliati, e molto. Perché? Cosa ci dice in più? Cosa ci trasmette? In realtà tutto questo non aggiunge nulla alla vicenda.
Il tema è bello, nel suo tentativo di ragionare su difficoltà a capacità di proseguire in un matrimonio dopo un tradimento, nei suoi risvolti emozionali, sulla precarietà di qualsiasi rapporto, sul perdono e sull’inganno. E’ possibile la fedeltà? E cosa è in fondo e davvero? Quanto è importante un tradimento di una sera nella vita di una coppia?
Nel romanzo però non c’è sentimento né emozione in nessuno dei protagonisti, neanche dove dovrebbe esserci, salvo in Anna. Tutto è freddissimo, la storia è come incisa su lastre di ghiaccio e nulla trasmette.Non c’è relazione vera tra i personaggi. Se vuole essere una riflessione su un argomento così complesso, come può esserlo senza uno sguardo sincero dentro se stessi?
L’eccesso di dettagli rende lenta la lettura e frammentata. Il risultato è un romanzo molto osannato ma decisamente poco convincente.
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Niente è scontato
Mi piace questa cosa della trama che si snocciola da un punto di vista all'altro, in una specie di balletto dei personaggi senza soluzione di continuità e con una leggerezza tale da farti divorare le pagine...
Belli Carlo e Margherita, i due coniugi giovani e pseudo-rampanti alle prese con la quotidianità, la crisi economica e gli sbalzi birichini del cuore e della mente.
Bellissima Anna, la suocera-focolare, personaggio chiave di una famiglia in continuo movimento, la confidente segreta, la vedova alle prese coi ricordi di un marito e di un sospetto che forse non brucia neanche più, il rassicurante filo conduttore di una narrazione che a un certo punto balza in avanti di dieci anni.
Accattivante e misterioso è Giorgio, il ventiseienne fisioterapista burbero ma d'animo generoso, capace di smuovere le fantasie sessuali della 'perfettina' Margherita...
Intrigante Sofia, la studentessa riminese che assume (anche se per poco) le sembianze di una diavola tentatrice, l'ossessione erotica non consumata di Carlo, il professore e marito 'per bene'...
E bello anzi stupendo è questo titolo mono-parola che racchiude un universo di idee e pensieri rassicuranti e invece, per lo più, sta a significare il suo esatto contrario visto che l'argomento stanato, sofferto, trasudante da ogni riga, è proprio l'infedeltà.
E non dimentichiamoci di Milano, l'incantevole e suggestiva Milano, qua sapientemente descritta nell'intimità dei suoi quartieri periferici, con la nebbia fuligginosa a contorno dei palazzi con le luci al neon e gli scarichi rumorosi così come rappresentata nei più signorili scorci delle vie centrali o delle facciate maestose dei palazzi storici, “Si appoggiò su un gradino del Duomo, il palazzo dell'Arengario era coperto di impalcature, due ragazzi avevano azionato una carrucola a motore. Com'era stato capace di metterle le mani addosso, in quel bagno?” Qua è Carlo che rimugina sull'episodio chiacchierato e incompiuto con Sofia, “Si alzò dai gradini del Duomo e inarcò la testa, la Madonnina era così piccola...” ecc...
Scrivo questi pensieri a caldo avendo finito di leggere da poco. Il turbinio di emozioni e sentimenti in me risvegliati è ancora troppo forte per lasciarmi esprimere un giudizio approfondito e corretto. E non parlo di onestà coniugale né di tutto ciò che ognuno di noi può aver ritrovato nelle azioni o nei pensieri dei due protagonisti, bensì di ciò che il personaggio forte di Anna mi ha riportato alla luce, sicuramente con una maggiore consapevolezza. Oggi veniamo tutti bombardati da pillole di psicologia spicciola, è un indottrinamento subdolo e logorroico (e per questo da taluni snobbato e non compreso a pieno) stampato su riviste, giornali, programmi televisivi, siti internet, estrapolato, riscritto o condiviso da e su pagine social, un proliferare di consigli e del noto concetto che “la vita è una sola, e bla-bla-bla” - Ma in quanti sono – siamo - davvero consapevoli che (in particolare) dopo una certa età, quella di mezzo, è ancora più necessario avere ben chiaro il concetto che ogni giorno che passa è un giorno in meno?
E insomma, si capisce che questo libro l'ho proprio adorato! Tra l'altro mi pare di scorgere un Missiroli più maturo, molto più entrante a livello psicologico rispetto al precedente “Atti osceni in luogo pubblico”.
E' un libro da leggere tutto d'un fiato. Non ci sono grandi stravolgimenti, ammazzamenti, tracolli finanziari con colpi di scena apocalittici pertanto ad alcuni potrà sembrare banale. Ma ricordiamoci, la vita, nessuna vita è mai banale.
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UN SOSPETTO E' UNA PROVA
“Fedeltà” è un romanzo borghese. Già dal titolo l'autore lo carica di aspettative mettendo in chiaro di aver trattato uno dei più peculiari (ma poi quanto rispettato?) valori borghesi. Questo è un romanzo sulla fedeltà in tutte le sue accezioni: fedeltà a noi stessi, all'altro, ai nostri valori, al nostro modo di vivere; nello stesso tempo è anche un romanzo sulla crisi di questo valore parallelamente a una crisi della borghesia. La fedeltà e la sua crisi non sono frutto dei nostri tempi poiché l'autore ci mostra chiaramente che anche nel matrimonio dei genitori di Margherita c'era stata infedeltà.
L'azione si svolge per una prima parte del libro nel 2009, poi con un salto temporale di circa dieci anni ci porta ai nostri giorni, tutto in una Milano splendida e vissuta con una puntata a Rimini che poi è la città dell'autore. Carlo e Margherita sono una coppia di trentenni affiatata e complice, anche se hanno già dovuto fare i conti con un ridimensionamento delle loro aspettative: Margherita è un architetto ma si ritrova agente immobiliare, Carlo è redattore freelance in una rivista di turismo e professore universitario part time grazie alla raccomandazione del padre. Margherita è dei due la più concreta Carlo è un quasi fallito senza voglia di maturità ma con molte velleità. Tutto ha inizio dal “malinteso”: Carlo viene scoperto nei bagni dell'università fra le braccia di una sua allieva e la giustificazione addotta è che si era sentita male e lui la stava aiutando. E' vero? Non lo è? Non è importante ai fini della narrazione anche se poi si capirà, perchè da questo episodio Carlo e Margherita cominceranno a contemplare l'infedeltà come un qualcosa di cui entrambi hanno voglia.
Gli oggetti dell'attenzione dei due sono Sofia, la studentessa scoperta con Carlo, e Andrea, fisioterapista di Margherita. Sofia è una ragazza di talento, traumatizzata dalla morte della madre che poi tornerà a Rimini per ricostruirsi una vita; Andrea è un autodistruttivo che oscilla sessualmente tra rapporti con donne e uomini, arrivando alla fine a preferire questi ultimi e ad approdare in una storia seria e nella sicurezza del lavoro di edicolante.
Personaggio a sé stante ma trait d'union fra tutti gli altri è Anna, la mamma di Margherita, vedova, sarta dalle mani d'oro ma, come molte donne della sua generazione, tradita dalla vita e dai rimpianti.
Con uno stile pulito, senza picchi, con diverse sfumature di grigio, che a volte però scade nel piatto, Missiroli ci racconta la vita, dieci anni di vita. Carlo e Margherita avranno un bambino e compreranno un appartamento che non possono permettersi (fedeltà ad uno status borghese che vogliono mantenere) ma che li unirà ancora di più; gli altri personaggi graviteranno loro intorno senza scalfire la coppia (fedeltà a ciò che si è costruito). Carlo, rimasto disoccupato, verrà a patti con la sua ossessione per Sofia guardandola da lontano a Rimini -”...sentì che poteva lasciare andare l'ultima giovinezza.”- Margherita affronterà la malattia della madre.
A me questo romanzo è piaciuto. L'ho trovato simpaticamente demodè nel suo parlare di fedeltà con toni che si fa fatica ad inserire nel panorama letterario contemporaneo, mi ha ricordato molto il primo Moravia, quello de “La noia” o de “Gli indifferenti”. La concessione alla modernità come spiega Missiroli è data dalla “tecnica del passaggio di anime” - nella quale la telecamera della narrazione si sposta da un personaggio all’altro al momento del loro incontro, permettendo al lettore di conoscere gli stati d’animo di tutti quanti -
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La casa che l’avrebbe seppellito di debiti
Fedeltà di Marco Missiroli avrebbe dovuto intitolarsi Infedeltà.
Perché di questo – ossia dell’infedeltà principalmente mentale, ma anche fattuale - tratta il romanzo, seppure in modo criptato da uno stile che è espressione di una sorta di flusso di coscienza policentrico (la narrazione cambia repentinamente pdv e viene condotta dai protagonisti senza soluzione di continuità) che riguarda: Carlo Pentecoste (“Fu certo di fuggire. Dalla casa che l’avrebbe seppellito di debiti, dal tentativo di riparazione materiale, dal sigillo di una maturità ufficiale”), la moglie Margherita (“Non dirmi che bidoni l’appuntamento di Buzzati”), la studentessa Sofia, l’indefinibile Andrea (“È il suo fisioterapista. Morso di cane, infezione…”), e perfino la suocera Anna che – a causa di alcune cartoline rinvenute - sospetta di tradimento il defunto marito.
La tesi ambigua di fondo è che le occasioni di infedeltà e le distrazioni indotte dalle ossessioni sessuali non necessariamente intaccano un rapporto che si radicalizza nei legami familiari, nella procreazione, financo nella stabilità abitativa e nei relativi impegni finanziari.
Giudizio finale: morboso, nebuloso, incomprimibile.
Bruno Elpis
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Buona la prima parte
Se avessi potuto dividere in due questo libro, avrei preso la prima parte e l’avrei consigliata a tutti e, con la seconda, avrei fatto un plico e l’avrei inviata all'autore chiedendo la cortesia di provare a riscriverla o tra trent'anni o quando gli sarebbe tornata l’ispirazione. C’è una profonda discrepanza tra le due parti e ho avuto la sensazione che la seconda fosse stata terminata in fretta, come se ci fosse premura per chiudere il libro. Non ho idea se l’urgenza fosse dell’autore o della casa editrice., resta il fatto che c’è.
Ritornando al libro, la storia si insinua in una crepa che all'improvviso si apre in un matrimonio. Un professore giovane e a contratto viene trovato con una studentessa nel bagno dell’università. Si giustifica con tutti sostenendo di averla aiutata perché stava male. E’ una bugia, ma lui la ripete a tutti. Nello stesso tempo la moglie prova uno strano desiderio misto a disagio ad ogni tocco di un giovane fisioterapista. E’ quel momento fotografato in maniera perfetta dall'autore. E’ il momento nel quale in una coppia la passione travolgente inizia a raffreddarsi, a diventare un principio di abitudine. Quello che c’è stato fino allora tra i due è stato fuoco, poi piano piano l’incendio si placa. Nella testa dei protagonisti è una realtà difficile da accettare, la comprendono, sanno che è un momento che deve arrivare, ma non riescono a trovare la chiave per vivere insieme il passaggio ad un’altra dimensione della coppia. Sono giovani e i loro corpi reclamano altro. Il “malinteso” del professore diventa un’ossessione, il fisioterapista della moglie si traduce in un frettoloso rapporto. Poi trovano una strada per andare avanti; insieme decidono per un figlio, da soli decidono di avere più corpi femminili lui, un’amicizia pluriennale con il fisioterapista lei. Sempre nella prima parte sono delineate con precisione due figure che diventeranno, poi, protagonisti della seconda parte. Il fisioterapista farà i conti con la sua omosessualità e con il desiderio di “vivere la violenza” che lo pervade e al quale non sa dare argine. La mamma di lei che da sarta di periferia si trasformerà nell'unica capace di comprendere segreti e sbandate che la vita propone a ciascuno lungo la via della maturità. La via di lei mostrata, la “comprensione” o accettazione è un respiro profondo che è possibile sentire. Per il resto, la maturità che avrebbe dovuto coinvolgere gli altri non è pervenuta. C’è una sorta di limbo nel quale restano incastrati il professore e la moglie. Nessuno dei due si decide a crescere. E “il malinteso” va ben oltre il tempo di un malinteso. In questo il libro ha la pecca peggiore. Perché cerca di dare una risposta dove invece c’è solo immaturità, anche dell’autore. Questi due eterni grandi adolescenti che si rifiutano di diventare adulti, che guardano gli altri sempre come se il mondo fosse centrato su di loro. Mi è risultato ripetitivo, e pure un po’ noioso, nelle parti nelle quali il professore e, di tanto in tanto, la moglie, sono lì a farsi domande, le stesse, da anni. Mi veniva voglia di scuoterli, ma essendo personaggi di carta non ho potuto farlo. All'autore invece una scossa se potessi la darei. Scrivere così bene e banalizzare la fine di un libro partito con tante promesse, è peggio che se fosse stato scritto e raccontato male sin dall'inizio.
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Sopravvalutato
Tutto ha origine da un “malinteso” che si fonda sul sospetto (da parte di Margherita, la moglie) di un tradimento extraconiugale da parte del marito (Carlo, professore universitario sorpreso da una matricola in un bagno mentre ufficiosamente stava soccorrendo Sofia, una studentessa colta da un presunto malore improvviso) e che ha la forza di incrinare un rapporto, di far nascere e fomentare il dubbio, di alimentare la fiammella della fragilità umana più intima e radicata. Teatro delle vicende una Milano reduce dalle operazioni di riqualificazione per l’EXPO 2015, che ricorda lo splendore degli anni dei quartieri signorili, della ricchezza e dell’agio della più alta borghesia e che al contempo si trova a dover far i conti con una società mutata, ora multietnica e dove povertà e nuove dimensioni hanno rotto quegli equilibri e quegli schemi consolidati. Da qui hanno inizio gli interrogativi, domande, risposte e non risposte che ruotano attorno al concetto di fedeltà (inteso non solo in senso psicologico) e che si dipanano grazie alla presenza di un mix di micropersonaggi (in particolare il fisioterapista Andrea, la stessa allieva Sofia, la madre Anna) e microstorie che seppur si svolgano parallelamente alla principale, hanno – o dovrebbero avere – il ruolo di avvalorarla e donarle spessore ricostruendola poco alla volta in quel che sono i problemi attuali della quotidianità italiana e che toccano precarietà, mutui insostenibili da pagare, rimpianti, infelicità, famiglie allargate, insoddisfazione, irrequietezza, paure, desiderio di libertà, ricerca di una felicità diversa da quella che abbiamo, fallimento, aspettative.
Tanti presupposti quelli presenti – forse troppi – in questo ultimo romanzo di Missiroli che caricano di aspettative non soltanto i protagonisti e coprotagonisti della storia, ma anche il lettore che curioso per le tante opinioni divergenti sentite che per il tanto decantare e parlare di questo componimento, vi si avvicina con sincera curiosità.
Tuttavia, sin dalle prime pagine questo interesse inizia a scemare perché il teatro che ha luogo e che si pone alla base dello scritto non è niente di così innovativo o originale rispetto ai tanti altri scritti incontrati nella letteratura. Gli eroi e le eroine indossano panni stereotipati e recitano una parte che a più riprese sembra essere maggiormente finalizzata ad allungare la vicenda che a portare ad un qualcosa di concreto e di concludente e a cui, quale tentativo di colpo di scena, consegue, a circa metà del copione, la volontà di scambiarsi interpretazione e quindi passarsi quei dubbi, quelle incertezze, quelle titubanze, quelle insicurezze che originariamente erano dell’altro figurante.
A tutto ciò si aggiunge una impostazione narrativa lenta, farraginosa, eccessivamente descrittiva, ricca di frasi su frasi e aggettivi ridondanti, citazioni su citazioni (vedi quelle della Nèmirovsky), che già singolarmente avrebbe sfiancato, figurarsi se contestualizzata in un siffatto nucleo di vicissitudini.
Per non parlare del messaggio utopico di fedeltà che emerge da tutto questo caos calmo e che può sintetizzarsi in un concetto che è più fine a sé stessi che agli altri o comunque in un qualcosa di irrealizzabile perché risultato di una immaturità sentimentale perpetrata. Ma anche qui certezza non c’è, perché appena il conoscitore sembra aver recepito questa morale, ecco che nuovi elementi di disordine ne fanno sfuggire la sostanza.
In conclusione, “Fedeltà” è un elaborato che si prefigge buoni propositi che ahimè non riesce a sviluppare adeguatamente, con molteplici elementi dissonanti dettati da una fragilità e da una inconsistenza perpetue, che osa troppo, che è percepito come un fiume in discesa libera, che non convince e che anzi annoia.
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Fedeltà inconsistente....
Il tanto decantato ultimo romanzo di Marco Missiroli, ambientato in una Milano multietnica che ha vissuto di cambiamenti epocali, non ultima la riqualifica per l’EXPO 2015, una metropoli nella quale sopravvive il respiro del ricordo di quartieri signorili, borghesi e popolari oggi soppiantati da convivenze obbligate e da una certa indefinitezza di luoghi.
Un “ Malinteso “ protrattosi per l’ intero racconto ed un interrogativo che restituisce esiti più o meno fallaci, il sospetto vissuto dalla protagonista femminile ( Margherita ) di un tradimento extra matrimoniale ( da parte del marito Carlo ) ed interrogativi sul senso fisico, psicologico ed emozionale del termine fedeltà.
Invero spunti di riflessione non mancano, un tema principe ( la trama del matrimonio di Carlo e Margherita ) a cui si affiancano personaggi e microstorie in un respiro condiviso, un senso di precarietà onnipresente, economica, umana, affettiva, che attraversa un decennio, risposte complicate, mancanza di senso e precarietà, il timore di non essere amati.
Il tempo non sarà galantuomo, anni dopo un mutuo da pagare ed una famiglia allargata, nel mezzo evasioni, rimpianti per un passato sepolto, ovattate intimita’ famigliari, un microcosmo giovanile dolente ed un reale ansiogeno che pretende e riflette responsabilità, perdono, crescita, condivisione, dolore.
Una trama incastrata in altri pezzi di storie e sentimenti ( il fisioterapista Andrea, l’ alunna Sofia, la madre Anna ), un flusso tra coscienza e realtà, una metà di se’ che osteggia l’ altra metà, un focolaio domestico che sovente impedisce di vivere, il senso di colpa quale limite e confine, retaggio di una educazione cattolico-borghese.
Permane un’ idea di libertà pulsante che sfugge dalla quiete domestica, la ricerca dell’ altra felicità, smottamenti e cambi di rotta, la stanchezza del matrimonio, una gioia condivisa, una zona franca al di fuori della coppia, un semplice sbaglio, un senso di perdita non misurabile, il tradimento banalmente ridotto alla infelicita’, un perenne senso di vuoto protratto, il fallimento personale, la propria difficile storia, una famiglia impegnativa ( i Pontecorvo ) e le proprie aspettative.
Assistiamo ad un moto perpetuo che vive e fissa singoli attimi per ricostruire la circolarità di una storia ( quella di Carlo e Margherita ), un flusso poco vitale inserito in una quotidianità monca ed ossessiva che vorrebbe pulsare, una subordinazione narcisista ed autodefinente, poche certezze, tanti dubbi, esito di una vaghezza priva di reale forza sentimentale.
Ne emerge una noiosa rappresentazione di fatti e luoghi, i personaggi recitano una parte, sempre la stessa, stereotipata, maniacale, inconcludente, dissertando su tutto, immaginando il contrario di tutto, sopraffatti dai sensi di colpa, da possibilità mai arrivate, incapacità, precarietà, scambiandosi ruoli e sembianze, fagocitati da una certezza inconsistente.
Ed allora di che cosa si parla e che cosa si intende per fedeltà? Una utopia, un pensiero indecente, uno stato fisico e mentale, un’ idea errata, necessità, prova d’ amore, abitudine, fedeltà a se stessi, all’ altro, semplice menzogna?
In realtà continuiamo a sguazzare in un caos onnipresente con un finale di aggiustamenti, rigettando una profonda fragilità emozionale ed una certa immaturità sentimentale perché al presunto “ Malinteso“ si sono aggiunti molteplici tradimenti che l’ altro, ignaro di tutto e con la stessa idea nella testa protratta per dieci anni, ha già rispedito al mittente ( tradendo a sua volta ). Nel frattempo, quella idea e quel “ malinteso “ sono stati riposti, svaniti in nuovo senso acquisito.
Una rilettura più attenta, alla ricerca di un quid che legittimi la bontà del romanzo, ci consegna un cumulo tracimante di fatti e parole, aggettivi roboanti, frasi tronche e poco includenti, un inseguimento continuo e senza meta che assume sembianze contorte, inevase, citazioni colte da manuale letterario, squallide rappresentazioni sessuali che esulano da ogni erotico intendimento, personaggi indistinti, elenchi di luoghi ed indirizzi da guida turistica, rare pulsioni e flussi emozionali, respiro vitale ed autentico scambio relazionale, in un oceano di copiosa apparenza ed indecifrabile essenza.
Il battage pubblicitario ci restituisce , ahimè, un romanzo piuttosto fragile, pretenzioso, inconsistente, senza scomodare indegni paragoni con grandi autori del passato.
Che mi sbagli ? Ogni opinione personale, del resto, rispondendo alla propria esperienza e “ fedeltà “ letteraria, potrebbe rivelarsi fallace…