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Letteratura italiana

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Famiglia e Borghesia sono i due capitoli che compongono questo libro della Ginzburg scritto nel 1977, ora riproposto in una nuova edizione. Due storie di smarrimento e di crisi familiare in cui i personaggi che annodano e dipanano i loro destini sembrano trascinati da una casualità capricciosa che inventa incontri sorprendenti, amicizie scontrose, fragili amori, tenaci avversioni. Come avviene nelle sue pagine migliori, Natalia Ginzburg segue gli arabeschi di queste esistenze incrinate con uno stile distillato, in un sommesso ma implacabile controcanto che reinventa la musica banale e terribile della vita.



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Famiglia 2016-02-17 10:03:51 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    17 Febbraio, 2016
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Dissoluzione della famiglia borghese

Datati 1977, i due racconti che compongono questo libro, Famiglia e Borghesia, sono in qualche modo uniti da una coerenza tematica e dalla medesima modalità, sottile e impalpabile, di rappresentare la vita per come è.

Fin dalle prime pagine ci rendiamo conto di essere immersi in una narrazione frammentaria, che si compone di accadimenti modesti e discontinui, registrati quasi con oggettività, e di dettagli sparsi e apparentemente banali, un cappotto malridotto, una frangia nera, una brutta lampada di carta. Piccoli gesti e particolari che vanno a comporre un vissuto grigio e vagamente desolante, di strani affetti, ostinate avversioni e ordinarie consuetudini. Non c'è nemmeno una vera e propria dimensione psicologica: i rapporti umani non sono analizzati, i sentimenti non vengono confessati e non sono mai rivelate le reali motivazioni di certe azioni. Tutta la storia si fonda sulle relazioni tra i personaggi che però sembrano interagire mossi non dalla propria forza di volontà ma da qualcosa di simile all'inerzia, che li trascina in un mondo di ipocrisia, rassegnazione e infelicità.

Eppure proprio da questa miseria fatta di piccoli frammenti quotidiani emerge con forza il disgregarsi della famiglia borghese italiana, lo sfacelo dei legami tradizionali e l’incapacità di affrontare i sentimenti che caratterizza un’intera generazione. Questa scrittura apparentemente impersonale, che si avvolge su un intreccio quasi inconsistente, nasconde in verità una vena quanto mai accorata e critica: tolta la famiglia, quel che rimane sotto gli occhi è solo la vita che si rivela nella sua malinconica inutilità. E non c'è alternativa o riscatto, su tutto incombe lo spettro della morte, distratta e irrisolta, che sigla la sua resa.

E noi lettori non possiamo fare altro che lasciarci trasportare da questa narrazione povera e disordinata, che sembra a tratti priva di un filo conduttore e di un messaggio. Forse perché per apprezzare questo testo non ci è richiesto di capire e interpretare ma solo di osservare, senza giudicare, la realtà, facendoci permeare dalla nostalgia e dalla lievità di queste pagine, e riflettere sui momenti di felicità o quantomeno di serenità della vita, che appaiono tali solo quando sono passati e non rimane che “un mucchietto di impressioni minime, struggenti ma leggere”.

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