Essere vivi
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Tra la vita e la morte
La penna di Cristina Comencini è avvezza a disegnare storie dai colori forti ed intesi, storie che graffiano ed incidono nel profondo.
L'autrice tiene fede al suo stile anche con l'ultimo lavoro “Essere vivi”.
Cominciando da quello che può essere l'effetto ultimo sul lettore, si avverte una scrittura di getto, nata da un bisogno impellente di fissare con inchiostro sensazioni e riflessioni, senza dedicarsi al cesello dei contorni, alla creazione di situazioni più probabili e credibili.
Da ciò potrebbe nascere qualche vaghezza della trama narrativa, come se le rifiniture del romanzo fossero deputate a scendere in secondo piano rispetto al focus sulle persone, sui loro drammi interiori.
Due protagonisti che il destino fa incontrare per condividere uno dei momenti più amari dell'esistenza, ossia la perdita di un genitore; un uomo ed una donna obbligati a conoscersi e ad affrontare un cammino insieme, uniti nei dubbi, nel dolore, nel vuoto interiore.
Al contempo emergono i ricordi sfumati di un'altra coppia, il cui legame è indissolubile oramai e le cui scelte di vita condizioneranno pesantemente i familiari.
La Comencini ha voluto rappresentare non un semplice intreccio di vite, bensì immagini di anime perdute, eppure non vuote, ma arse da una brama irrefrenabile di riemergere dagli inferi, di tornare al sole e alla vita, spinte dalla passione per un nuovo amore, risvegliate dall'energia di un alba o di un tramonto, poste sul limite del precipizio per riflettere.
Una manciata di pagine che galoppano rapide, pur essendo disseminate di buchi neri e sabbie mobili, ma il ritmo è incalzante e spinge il pubblico a non arenarsi ma a giungere al termine dei dilemmi.
La scrittura è affilata, secca e tagliente, il contenuto emerge in tutta la sua gravità senza belletti e maschere nello stile proprio dell'autrice.
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Ho vissuto due vite, molto diverse tra loro
Fresco fresco di premio Cesare Pavese 2016, “Essere vivi” di Cristina Comencini ha per protagonista Caterina. Figlia adottiva di Graziella, una donna piena di vita e di esuberanza, Caterina (“Ho questa capacità, mi viene dall’infanzia: vedo qualcuno e associo velocemente delle scene, delle situazioni”) sente di avere due anime (“Io ho vissuto due vite, molto diverse tra loro”), una legata alla vita prima dell’adozione, l’altra cronologicamente successiva (“La mia seconda madre vedeva i primi sei anni lontani da lei”): due essenze distinte e configgenti, che non si sono mai fuse in modo armonico e che emergono con prepotenza quando da Atene giunge la notizia inaspettata del suicidio della madre. Possibile che una donna così volitiva e innamorata della vita abbia deciso di seguire la sorte di Sebastiano, l’artista bipolare per il quale Graziella ha abbandonato il marito?
Caterina ricostruisce la vita greca di Graziella per cercare di comprendere le ragioni del gesto estremo, e lì conosce Daniele, il figlio di Sebastiano, anch’egli (“Un matto, figlio di un pittore squilibrato”) giunto sul luogo del doppio suicidio per i tristi riti del riconoscimento e delle esequie. Si sviluppa così una nuova relazione, per certi versi indefinibile (di fratellanza, di amicizia, di incerta attrazione) sino al finale misterioso e vertiginoso a Capo Sounion, di notte…
La breve storia riecheggia le atmosfere elleniche della tragedia e, sotto gli influssi di “Zorba il greco” (citato nella dedica iniziale e nel corso del romanzo), incontra i gusti di chi ama il dramma (“Del mio intuito fulmineo, alle persone preoccupano le capacità che non sono razionali”) soprattutto a sfondo esistenziale (“La vita è un posto dove c’è tutto quello che serve per goderla”).
Bruno Elpis
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Vivere, non sopravvivere. Essere e sentirsi vivi.
“Essere vivi” è un romanzo scritto di getto, un testo nato dal bisogno di tirar fuori dal proprio inconscio emozioni, riflessioni, esperienze, un elaborato che ricrea storie tangibili in cui è possibile immedesimarsi.
Caterina e Lorenzo, fratelli per caso, si incontrano in un momento delicato della loro vita; quello della perdita di un genitore. Rispettivamente sono anni che non vedono, lei sua madre, lui suo padre; ed ora un viaggio in Grecia li attende per decidere sul da farsi di quelle salme.
L’uomo è irrequieto, non ha fermezza, è sempre in movimento col corpo e con l’umore. La donna è in bilico tra la sua vita di prima e quella di dopo; lei che sino ai sei anni non sapeva parlare, articolare, camminare, lei che viveva tra le botte della sua esistenza e un guaito come amico e giocattolo, lei che dal momento dell’adozione ha cercato sempre più il suo posto nel mondo, le sue radici, la sua appartenenza. E’ quella del prima o quella del dopo, la vera Caterina?
Le loro realtà si incrociano e scontrano in parte per i loro genitori ma soprattutto perché entrambi hanno conosciuto la separazione e la malattia, egli tenendola accanto a sé diventando uno specialista dell’angoscia, ella, nascondendola piena di rabbia in ogni giorno della sua quotidianità. Insieme hanno toccato un parte segreta l’uno dell’altra; Caterina, non deve dimostrare nulla, né camminare dritta, né essere la donna riuscita nata una seconda volta tra le braccia di Graziella/Maria quando Lorenzo è al suo fianco. Non sono altro che solitudini a confronto.
Sullo sfondo i genitori e le loro scelte, un intreccio di umanità, anime perdute ma ricche, spinte dalla passione, un fuoco che arde incessantemente nel buio della notte.
Uno stile rapido, accattivante, diretto è quello della Comencini; una scrittura che imbriglia il lettore sin dalle prime pagine. Breve, ma intenso.
«E’ come se qualcuno mi spingesse…. Mi tremano le gambe.. Lo sento nello stomaco… Ho voglia di lasciarmi cadere…»
« Continua a guardare..»
«Qualcuno mi spinge da dietro.. sento un desiderio fortissimo..»
Gli stringo la mano.
« I nostri piedi sono fermi sulla terra… Non si muovono, possiamo restare qui quanto vogliamo, continua a guardare giù, non distogliere gli occhi… Non avere paura di te.. Non lo farai mai»