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Educazione siberiana

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La vita di un ragazzo siberiano educato da un'intera comunità criminale a diventare una contraddizione vivente, e cioè un «criminale onesto». Le avventure di strada, le giornate al fiume, gli scontri tra adolescenti guerrieri. E soprattutto il sapere dei vecchi, che portano l'esistenza tatuata sulla pelle e trasmettono con pazienza e rigore il loro modo di capire il mondo. La Transnistria, terra di tutti e di nessuno, crocevia di traffici internazionali e di storie d'uomini. Una grande epopea criminale raccontata da chi l'ha vissuta, con una forza che ti agguanta e non ti lascia più.



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Educazione siberiana 2022-06-19 14:03:47 Valepepi
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Valepepi Opinione inserita da Valepepi    19 Giugno, 2022
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NO MAN'S LAND

Non conoscevo Lilin e questo suo romanzo d’esordio, ma solo la trasposizione cinematografica (che non ho ancora visto) di un regista che apprezzo molto, Salvatores. E così, andando per affinità, ho comprato il libro.
E in effetti, all’inizio, il romanzo appare accattivante: storie di vite ai margini, raccontate con ritmo sincopato e una prosa schietta, gergale che risulta al contempo aderente ai personaggi e fruibile per i lettori.
Accompagnandoci addentro la lettura, Kolima-Lilin si premura innanzitutto di illustrare l’ambiente e il contesto storico-geografico in cui si inserisce la sua comunità, segnata dallo sradicamento dalla terra d’origine e dalla forzosa deportazione in Transnistria.
Zona franca di frontiera tra Moldavia e Ucraina, questo lembo di terra ha visto negli anni confluire popoli senza patria ed emarginati: pazzi, criminali, armeni, georgiani, ucraini, siberiani, strappati alla loro terra, con l’intento di minarne l’identità e l’effetto contrario di rafforzarla.
La prima parte del libro si concentra così sul racconto della società siberiana e del suo sistema identitario di valori. Un coacervo di codici, regole e tradizioni di cui Kolima-Lilin ci fa scoprire il fascino: dalle leggi d’onore, alla simbologia dei tatuaggi, dal linguaggio in codice, al valore delle armi, finendo allo spirito alternamente caritatevole che include i disabili e tiene alla larga omosessuali e Bam.
Poi però, il libro si perde e diventa stereotipato e ridondante.
Stereotipato nella rappresentazione manichea dei personaggi, semplicisticamente divisi tra criminali-buoni e criminali-cattivi.
Ridondante nella narrazione che, prendendo spunto da situazioni differenti, si sviluppa poi sempre attorno al medesimo leit motiv: la rissa con i poliziotti e/o tra bande rivali e la vittoria finale dei criminali buoni, alias i siberiani, sui criminali cattivi.
Nessun approfondimento psicologico, nessuna deviazione di percorso, nessun dubbio o debolezza a segnare la personalità del protagonista.
Gli ultimi capitoli, confesso, li ho scorsi un po’ velocemente, per arrivare e sperare in un guizzo nel finale.
E qui, in verità, la storia prende una deviazione inaspettata. Tuttavia, giunti a questo punto, risulta forzata e poco convincente. Ha però il merito di restare aperta, forse pensando a un sequel, forse, perché no, ad una nuova terra franca.

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Educazione siberiana 2020-03-06 16:37:28 vivian84
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vivian84 Opinione inserita da vivian84    06 Marzo, 2020
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URCA, LA SIBERIA

Nicolai “Kolima” vive a Bender, nel quartiere Fiume Basso, capitale della Transinistria, una regione dell’ex URSS autoproclamatasi indipendente nel 1990; secondo la tradizione siberiana il codice d’onore è regolato da un’educazione criminale - l’educazione siberiana – finalizzata a formare i “criminali onesti”: un vero e proprio paradosso pensare ad una giustizia fondata sul delinquere pur tuttavia regolata da leggi basate sulla solidarietà, l’amicizia e altri valori profondamente radicati all’interno della comunità; l’intero organo di polizia è ritenuto un qualche cosa di immondo e dal quale mantenere dovute e obbligate distanze.

I figli dei criminali adulti frequentano la “scuola della strada” che li istruisce soprattutto alla violenza come prima risposta all’infrangersi di una o più regole della tradizione. I criminali anziani e ormai “a riposo” da ogni attività (pur mantenendo la situazione sotto controllo) inizializzano i giovanissimi all’uso delle armi, donando loro i così detti “ferri” secondo un rituale ben preciso, incentivandoli pertanto a farne buon uso qualora si presentasse l’occasione, come potrebbe essere uno scontro fra bande rivali per contendersi il territorio e per imporre il rispetto della propria disciplina anche a costo della propria vita.
Inoltre i ragazzi sono abituati fin dalla nascita alla venerazione delle icone ed alla cultura del tatuaggio, in quanto è la propria pelle che racconta la storia e il destino dell’individuo stesso attraverso gli antichi simboli raffiguranti le svariate caste che compongono questo tipo di società così distante, sia geograficamente che umanamente. Non esiste perdono né tolleranza per coloro che tradiscono la fiducia della comunità, chiunque si macchi di un simil peccato viene punito senza pietà alcuna.

All’interno di questo mondo chiuso, la cui tradizione assume una sacralità antica con le sue leggi che affondano nella notte dei tempi, qualcosa smuove la coscienza di Kolima, che inizia a maturare l’idea che possano esistere diverse alternative al modo di vivere che gli è stato impartito.

Per quanto questo romanzo abbia riscontrato all’epoca un successo planetario, ammetto di averlo terminato con sforzo: le descrizioni degli avvenimenti sono fin troppo esaustive ed appesantiscono la lettura, che oscilla fra il lento quasi soporifero per poi alzare il volume così al massimo da provocar fastidio. Probabilmente - anzi sicuramente - non è il genere di lettura che più mi si addice, tuttavia non mi sono risparmiata; nonostante questo non ho appagato le mie aspettative.

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Educazione siberiana 2018-03-04 16:33:22 Simona P.
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Simona P. Opinione inserita da Simona P.    04 Marzo, 2018
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Transnitria, Fiume Basso

Romanzo caratterizzato da stile scorrevole e brillante, coinvolgente e accattivante, che arriva ad essere irresistibile per la sua fluidità; l’autore non risparmia al lettore giochi linguistici, finali di capitolo a sorpresa e sfumature ironiche; ricordiamo ad esempio la fine del rocambolesco e violento compleanno del protagonista: “dopo tanti pensieri e discussioni con me stesso sono arrivato alla conclusione che non si risolve niente con il coltello e le botte. Così sono passato alla pistola”.
Non mancano neppure i disegni che decorano con linee nette ma raffinate, alcuni punti cruciali della storia.
Lo stile agile vivace e disinvolto, la sintassi ben strutturata, elaborata e corretta rivelano al contrario delle aspettative, contenuti e scene brutali che arrivano ad essere atroci e impietose; vengono descritte minuziosamente armi di tutti i tipi, dalle più semplici alle più elaborate, come se fossero cose quotidiane simboliche e magiche, ‘il coltello è trattato come un oggetto di culto tipo la croce ’; le armi vengono depositate in casa vicino alle adorate icone ortodosse, sempre nei soliti posti con ricercata meticolosità; ricevere in regalo la picca, coltello dalla lama affilata, è segno di crescita nel cammino di formazione siberiana, tappa fondamentale del passaggio del ragazzo nel mondo degli adulti; inoltre armi come vanto, sicurezza, maturità, terribili segni di riconoscimento. Grazie alla lucidità di un siberiano acuto ed intuitivo, quasi filosofo, vengono raccontati e commentati gli scontri tra bande, le ferite inferte, le cicatrici, i carceri minorili dove si dimentica cosa sia l’essere umano per la mancanza di igiene, la malnutrizione, le percosse, luoghi dove è difficile sopravvivere, dove chi sta male viene lasciato in un angolo a morire; il lettore è posto davanti anche alle atrocità e ai sadismi dei gulag, inferti per puro divertimento alle mamme e i loro bambini, quella follia illogica che porta a chiedersi: si può arrivare a tanto? E la storia ci dice di sì.
Non mancano violenze sessuali su donne e minori, vendette tra bande, accoltellamenti, non esistono le forze dell’ordine, gli odiati e ridicoli sbirri, ma ci si vendica facendo subire all’aggressore quello che ha fatto, la solita tortura, la vendetta è irrinunciabile segno d’onore; l’autore non tralascia nulla, tutto raccontato e descritto nei minimi particolari, tutto come se fosse l’unica realtà possibile esistente.
Lo stato sociale che dovrebbe rieducare i disadattati e adottare misure per la prevenzione del crimine, non esiste.
Non si leggono i libri, i giornali o le riviste, ma si leggono i corpi, i corpi tatuati sono la storia, il tatuaggio deve essere fatto da un esperto e deve avere un suo significato spaziale e temporale, deve rappresentare un determinato avvenimento della vita ed è diverso da zona a zona, da banda a banda; il corpo del delinquente siberiano deve parlare, è una autobiografia, si mostra agli altri come un documento di identità e mostra la zona di provenienza, l’età, le esperienze, i contatti, le origini familiari, la religione, i carceri frequentati e i maestri che hanno eseguito l’opera.
Siamo a Fiume Basso, quartiere periferico di Bender, città di una zona della Transnitria, luogo sperduto e dimenticato dell’Unione Sovietica, il freddo pungente invernale e il rovente sole estivo non spaventano gli abitanti della Siberia; i ragazzi conoscono bene la natura impietosa del clima continentale, amano il loro fiume che percorrono costantemente con barche costruite dalle famiglie, si immergono spesso in questi territori aspri e selvaggi, li vivono e li sentono parte integrante della loro indole, indifferenti e soprattutto per nulla attratti dal consumismo americano che a volte e attraverso piccoli oggetti fa la sua apparizione.

I delinquenti siberiani nascono vivono e conoscono solo questa realtà, concepita come unica possibile, come la sola formazione che un bambino possa avere; hanno però le loro leggi, i loro principi, ‘i sani principi dei delinquenti’ e soprattutto la loro dignità, forza irrinunciabile e motore fondamentale della loro vita violenta. Si deve rispettare gli anziani, saggi detentori di innumerevoli segreti ed esperienze, solo dai loro insegnamenti i giovani possono mettere le basi per la vita futura, si onora la famiglia, la madre, la religione naturale e quella ortodossa e le splendenti icone che adornano le modeste ma dignitose case. Si rispettano anche i tanti malati di mente che, fuggiti dalle città principali, si rifugiavano in queste zone sperdute dove sperano in una vita migliore, a Fiume Basso qualcuno può occuparsi di loro e i bambini diversi possono giocare con gli altri; le abitazioni del quartiere sono di tutti, ci si incontra, ci si aiuta e si parla tra famiglie della solita etnia o provenienza, c’è anche il guardiano che controlla chi entra e chi esce dal quartiere, lo straniero può essere un nemico o può arrivare un gruppo di sbirri; la miseria non spaventa nessuno, non c’è denuncia sociale, anzi forse si può essere più schiavi dell’oggetto inutile imposto dal consumismo. La fame e la povertà vanno e vengono, la dignità una volta persa non torna più e non si può recuperare.
Il romanzo ha inoltre una struttura particolare che si allontana da molta narrativa d’azione contemporanea, la storia non ha un ordine cronologico lineare, si tratta di una sorta di diario che segue il tempo interiore del protagonista, molti ricordi, commenti a questi e ancora incisi e flashback, storie di personaggi scomparsi, morti in carcere o spariti nel nulla, i cadaveri scomodi vanno nella tomba di un altro; i ricordi affiorano netti e precisi, dai contorni nitidi, tutto per mettere in primo piano le regole ferree del delinquente onesto e soprattutto dell’educazione siberiana.

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Educazione siberiana 2016-11-12 08:31:13 AsiaD
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AsiaD Opinione inserita da AsiaD    12 Novembre, 2016
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Codice criminale

Mi sono avvicinato a questo con libro con troppo entusiasmo probabilmente, avevo sentito parlare benissimo del film anche (che a questo punto non guarderò).
Siamo in una zona geografica (Transnistria ai confini con la Moldavia) lontana dalle regole civili comunemente accettaea dove si vive secondo un codice criminale preciso che regolamenta ogni relazione , ogni comportamento, un codice d'onore a tuttti gli effetti che non fa invidia a nessun codice mafioso. Capire qual è il limite tra fantasia e realtà è anche complicato, ho trovato delle esagerazioni ed esaltazioni delle storie che strizzano l'occhio al rifacimento cinematografico che poi in realtà è avvenuto.
Questo codice militare sarebbe potuto essere interessante se avesse servito una storia , un personaggio , un'evoluzione invece l'ho trovato fine a se stesso, è il codice che ama raccontarsi e diventa ripetitivo e noioso. Alle volte ho anche sorriso in alcuni momenti che immagino volessero creare della tensione ma che mi hanno suscitato ilarità, a titolo di esempio:
un gruppo criminale tenta di entrare in un luogo che ha un guardiano che impedisce il loro passaggio, il capo del gruppo a quel punto si esprime in questo modo:
".. Volete picchiare lei?Indicando la madonna con bambino tatuata sul tetto. Quelli si sono tirati indietro e lo hanno fatto entrare.."
Non mi ha convinto neanche il messaggio per cui i Siberiani si distinguano per la loro onestà di criminale ma non tanto perchè non sia vero, probabilmente in un ipotetico mondo fatto solo di criminali ci saranno quelli più violenti ,quelli più onesti nel rispetto dei codici criminali, con delle regole che si possano avvicinare a quelle del rispetto delle regole civili, ma non mi ha convinto perchè non mi ha portato attraverso una storia , un racconto a pensarlo ma me lo ha detto sin dalla prima pagina rubandomi il piacere di farmi delle domande , pormi dei dubbi durante la lettura , cosa che trovo essere la bellezza della lettura in sè.
In definitiva non ho trovato la storia che cercavo, non ho compreso l'intento dell'autore la cui storia personale mi suscita delle perplessità e non mi è piaciuto lo stile.

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Educazione siberiana 2015-05-19 08:22:18 Mephixto
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Mephixto Opinione inserita da Mephixto    19 Mag, 2015
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Pseudo-Criminali

Difficile dare un parere su questo romanzo, sicuramente l’idea iniziale è buona ma il tutto si perde per via. Lo stile semplice immediato e colorito. Un testo ricco d’azione sangue e violenza gratuita, il tutto legato dal filo della genuina onestà criminale. Purtroppo però girata l’ultima pagina, come un ricordo sbiadito il tutto si scioglie come fango nell’ acqua, per poi perdersi sul fondo. Il testo non è noioso, anzi, incuriosisce ma purtroppo risulta essere troppo intrigante, ti senti un po’ preso in giro... credi veramente che me la beva Nicolai ?
Nicolai ci racconta questa storia di delinquenti e rapinatori siberiani, Deporati dalla Siberia alla Transistria. Una storia vissuta in prima persona, una storia fatta di crimini, buoni sentimenti e distorsioni religiose. Volendo essere onesti mi aspettavo qualcosa più simile a Gomorra, e non “Padrino parte I” versione Siberiana.
Il testo è scevro da virtuosismi linguistici, (e ci sta! il nostro autore è russo , vive e scrive in italiano solo da poco) ma è anche pieno di nozioni e informazioni raffazzonate e in alcune sue parti si evidenziano delle incongruenze mi aspettavo di più, anche se stai inventando fallo con coerenza... Che sappia io in Siberia la gente ce la portavano, non al contrario, dalla Siberia per portarli in Georgia. Questo è uno dei tanti esempi.
Il fattore empatico praticamente è assente, non ci sono parti introspettive che ti possano mettere in sintonia con i tanti personaggi presenti e descritti più o meno tutti alla stessa maniera: alcolizzati, violenti e spietati,ma tutti (o quasi) sono Uomini d’onore . Perché ala fine un “Criminae Onesto” come li chiama Nicolai “Kolima” Lilin altro non sono che mafiosi con una parvenza di codice d’onore.
Io purtroppo non l’ho apprezzato molto, tutto questo darsi da fare per far credere che il criminale è una persona anche meglio della legge lo trovo deleterio e banale. I delinquenti sono delinquenti e delinquono, se avessero una coscienza farebbero altro. Qui non siamo davanti a disperati che cercano di sopravvivere, siamo davanti a spietati delinquenti (per quanto Finti) e ritengo che il messaggio di Nicolai sia veramente negativo.
In conclusione un romanzetto d’azione, che tramite qualche stratagemma letterario riesce a carpire l’attenzione del lettore. Un successo che credo, a mio modesto parere, immeritato . C' è di meglio

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Educazione siberiana 2014-12-15 16:25:23 Riccardo76
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    15 Dicembre, 2014
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ARTE E TRADIZIONE CRIMINALE

E’ possibile considerare il crimine e la violenza una forma d’arte e una tradizione da tramandare?
A quanto pare leggendo questo libro il messaggio di fondo è proprio questo. A cavallo tra biografia e romanzo questo libro racconta la vita di un ragazzo siberiano e del suo “clan” all’interno di una comunità criminale siberiana. La violenza e la crudeltà è ampiamente descritta in combattimenti, imboscate e risse. L’autore utilizza un linguaggio semplice e crudo per descrivere quello che, a detta sua, è la sua storia, dall’infanzia alla post adolescenza.
La bravura dell’autore sta nel descrivere la tradizione criminale siberiana, l’odio e la ribellione contro l’ordine costituito e di presentarla quasi come un atteggiamento necessario, indispensabile da non condannare, ovviamente non approvo nessuna forma di violenza, ma il fatto che riesca a far riflettere è, a mio avviso, lodevole.
La cultura e il simbolismo dietro i tatuaggi siberiani sono a mio avviso affascinanti e lo scrittore riesce bene a trasmettere tutto il loro mistero e fascino. Nel libro: “Storie sulla pelle” approfondisce l’argomento raccontando storie in cui il protagonista si avvicina all’arte del tatuaggio siberiano diventando tatuatore a sua volta.
Interessante, in Educazione siberiana, la cultura e la tradizione che viene raccontata, bravo a mio avviso l’autore nel descrivere scene di vita quotidiana e tradizioni di questo popolo a me sconosciuto.
Un libro da leggere a mio avviso nonostante la sua crudezza e la possibilità che racconti fatti inventanti o semplicemente ispirati a racconti sentiti dallo scrittore.

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Educazione siberiana 2014-11-22 19:09:19 markwool
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markwool Opinione inserita da markwool    22 Novembre, 2014
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Criminali onesti

Lilin pubblica questo libro poco dopo essere arrivato nel nostro paese intorno ai primi anni del nuovo millennio per questo il suo modo di scrivere non può essere paragonabile al Paradiso di Dante, ma la caratteristica che più mi è piaciuta è stat sicuramente la sua bravura nel trasportare direttamente sullla pelle, sulle ossa, sulla carne del lettore ciò che lui ha provato durante la sua infanzia.
Partiamo allora dall'inizio: Kolima è un bimbo di sette anni che abita a Denver, una città della Transnistria sotto il controllo della ex Unione sovietica. Siamo negli ultimi anni ottanta, mentre l'America sforna film, jeans e rock, nel quartiere di Fiume Basso i bambini iniziano ad avere i primi approcci con coltelli e risse che oggi neanche possiamo immaginare. Kolima racconta la sua vita e le sue vicende accadute nella comunità di Fiume basso composta da "criminali onesti" che radicano le loro origini dalla Siberia, essi sono criminali perché rubano lo Stato, i banchieri e le istituzioni, uccidono e si vendicano, ma sono onesti perche lo fanno nel nome del Signore e per l'odio (giustificato) verso le autorità che non guardano i cittadini con gli stessi occhi. Le avventure di Kolima sono raccontare in maniera cruda e feroce dell'autore che trasmette molte sensazioni forti al lettore senza usare un linguaggio troppo ricercato anche perché non adatto al contesto. In una parola :adrenalina.
È stato uno dei miei libri preferiti poichè si vengono a sapere realtà che sembrano quasi fantascentifiche ma che accadono a due passi dal nostro naso.

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Educazione siberiana 2014-10-30 10:58:58 Donnie*Darko
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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    30 Ottobre, 2014
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Colpevoli sempre

C'è un lembo di terra schiacciato tra Ucraina e Moldova chiamato Transnistria, una sorta di discarica umana, in cui il governo russo ha deportato ai tempi del regime di Stalin varie minoranze etniche teoricamente ree di svariati reati. Qui si sono stabiliti gli Urka siberiani, insediati nella città di Bender ed abituati a vivere secondo un codice feroce ed insindacabile ma non privo di una propria importante morale.
Nicolai Lilin racconta di questa comunità definita criminale, indubbio è infatti il rapporto simbiotico che essa ha instaurato con la violenza e con certi reati regolati sempre da una integrità spiazzante.
A disquisire di etica criminale vien quasi da ridere, eppure se il malvivente resta sempre e comunque tale agli occhi della legge e a quelli dell'opinione pubblica, viene naturale fare un distinguo con i rappresentanti del malaffare appartenenti al mondo in cui il piccolo Kolima cresce, apprende e comincia a delinquere.
Ora, a mio modesto parere, è necessario lasciar decadere la concezione sociale rappresentata, non credo sia nelle intenzione dell'autore assumere posizioni da reazionario avverso alle istituzioni, queste secondo gli Urka vero cancro sociale e per questo da combattere più delle stesse etnie "nemiche".
La realtà di Kolima è infatti presentata non come un probo esempio sociale da seguire alla lettera, bensì come un microcosmo contraddittorio, violento perchè geloso della propria indipendenza e della propria essenza che la politica aggressiva del Cremlino e la contaminazione con altre culture rendono sempre più instabile e vicina all'estinzione. Lilin parla di una forma di autodifesa estrema, di un giustizialismo autoimposto in quanto estraneo all'autorità di Mosca, poco importa poi se l'autore abbia davvero vissuto sulla sua pelle certi fatti o si sia limitato a trarre ispirazione da storie tramandate di generazione in generazione.
Preferisco valutare la consistenza contenutistica del libro che nonostante un approccio stilistico essenziale è astutamente accattivante nel suo incastro anedottico che permette di toccare le coordinate salienti di questa cultura, favorendo un'idea antropologica piuttosto chiara.
Normale poi che alcuni episodi siano più intriganti di altri: alcuni shockanti, altri curiosi o semplicemente divertenti, altri ancora un po' sciatti.
Tatuaggi, santini, armi, altari votivi in un tripudio di rituali in bilico tra fede e superstizione; Lilin forse accomoda i toni ma dona dignità ad un popolo tacciato a priori nella sua interezza di vivere al di fuori della legge. Sottolinea le difficoltà di estraniarsi da un destino segnato a cui si è preparati fin dalla tenera età, infine presenta il conto a un governo famelico, desideroso di tributi in sangue e oneri, dopo aver abbandonato i suoi figli senza rimorso alcuno.

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Educazione siberiana 2014-07-31 09:19:41 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    31 Luglio, 2014
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.. E ricorda che le sole cose che contano sono que

Tralasciando la realtà o la fantasia della storia narrata; Lilin ci trasporta in un mondo che istintivamente tende ad incuriosire il lettore, un universo dove viene raccontata una criminalità inconsueta da quella che soventemente siamo abituati a conoscere.
Nicolai, detto Kolima, è il narratore nonché protagonista dell’avventura, è un giovane siberiano nato e cresciuto a Fiume Basso, località dove la storia è ambientata. Sin dalla tenera età viene cresciuto nel rispetto della famiglia, degli anziani, dei “voluti da Dio” e nella deferenza verso quei dogmi di criminalità in cui tutta la sua comunità vive. Essendo quest’ultima costituita da tutti quei criminali che a partire dal termine del Secondo Conflitto Mondiale sono stati deportati dal Governo Sovietico nella zona della Transnistria, questa popolazione non può essere diversamente costituita vivendo dunque in una realtà che sembra quasi “parallela”; una realtà dove la giustizia ha caratteristiche sue proprie e dove i poliziotti, gli uomini corrotti etc costituiscono il “male della società” da cui è indispensabile difendersi.
Simbolicamente il romanzo può essere suddiviso in tre parti. Se in una prima parte l’io narrante ci descrive i corollari di questo universo, ci delinea i principi e le regole che costituiscono la comunità e la sua effettiva struttura, nella seconda il protagonista inizia a rendersi conto che esistono forse alternative alla verità in cui egli vive. Un iniziale spunto di riflessione gli viene offerto dalla vita carceraria; esperienza e circostanza a cui da sempre i giovani di Fiume Basso sono stati preparati definendosi quasi implicitamente quale loro “battesimo criminale” ma che si dimostra essere agli occhi di Kolima estremamente diversa dagli insegnamenti che ha ricevuto. Un secondo imput è invece offerto dalla vicenda “Ksjusa”. La vita della ragazza viene irrimediabilmente spezzata dalla prepotenza e della violenza umana; Kolima con Gagarin e tutti i suoi amici riuscirà a vendicarla ma più andrà avanti nella ricerca dei criminali, più si avvicinerà il momento di aver giustizia e più sentirà dentro di se “un vuoto”, comprendendo che ciò che è stato rubato a Ksjusa non le potrà mai essere restituito. La terza parte pone le basi per il seguito del romanzo di Lilin e conclude la vicenda narrandoci le sorti dei protagonisti, il venir meno della comunità criminale “onesta”, la ricerca di una nuova vita.
Costruito con un linguaggio volutamente semplice per rendere plausibile la storia con la fascia di età dei protagonisti, “Educazione siberiana” è un romanzo che al tempo stesso convince e lascia perplesso il lettore e proprio per questo suscita il lui riflessioni.

Vi lascio con un incipit:
-“Tanta gente cerca disperatamente quello che non è capace di trattenere e di capire, per questo è piena di odio e sta male per tutta la vita”- [..]
-“Guarda come siamo messi figliolo… Gli uomini nascono felici, però si autoconvincono che la felicità è qualcosa che devono trovare nella vita .. E cosa siamo? Un branco di animali senza istinto, che seguono idee sbagliate, cercando quello che già hanno…”-
Una volta mentre eravamo a pesca parlavamo proprio di felicità. A un certo punto, lui mi ha chiesto: -“ Guarda gli animali, secondo te loro ne sanno qualcosa della felicità?”-
-“Beh, penso che anche gli animali ogni tanto si sentono tristi o felici, solo che non riescono a esprimere i loro sentimenti….” – ho risposto io.
Lui mi ha guardato in silenzio e poi ha detto:
-“ E lo sai perché Dio ha dato all’uomo una vita più lunga di quella degli animali?”-
-“No, non ci ho mai pensato..”-
- “Perché gli animali vivono seguendo il loro istinto e non fanno sbagli. L’uomo vive seguendo la ragione, quindi ha bisogno di una parte della vita per fare sbagli, un’altra per poterli capire, e una terza per cercare di vivere senza sbagliare”-

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Il serpente di Dio, Caduta Libera, in generale a tutti.
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Educazione siberiana 2013-12-12 20:22:24 diogneto
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diogneto Opinione inserita da diogneto    12 Dicembre, 2013
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siberia piena, ma vera?

“Sta mano po esse fero e po esse piuma: stavorta è stata piuma.” Non vi preoccupate, non avete sbagliato post, non voglio provare a recensire “Bianco, rosso e Verdone” ma, questa frase, penso si adatti perfettamente a questo libro che può essere un cazzotto nello stomaco, con tutte le conseguenze dovute, o una carezza leggera, quasi un buffetto, da dare nella guancia di un “bravo” Nicolai Lilin.

Prima di spiegare la frase usata come incipit andiamo a vedere cosa ci propone il 33enne siberiano. Il buon Nicolai ci porta a spasso per la sua terra natia e ci presenta la galassia della criminalità siberiana con tutti i corollari che di essa sono parte integrante! Un sottile senso liturgico passa tra le righe del libro, ogni gesto del “criminale” è una rielaborazione di qualcosa che rimanda ad una entità superiore. Di tutto questo i tatuaggi, le icone, i coltelli e tutti i riti che circondano la vita del criminale ne sono la forma visibile!

Le guerre tra le bande criminali, sulla sfondo di una URSS che si sta dissolvendo, diventa una immagine fedele dello scontro tra ciò che era “prima” e ciò che sarà “dopo” il 1989! La corsa verso il capitalismo occidentale lascia dissolvere, a colpi di dollari, la tradizione criminale fino ad arrivare alla “morte” delle bande per lasciar spazio a chi, in quel momento, più di poteva adattare al nuovo “sol dell’avvenire”.

Ma torniamo all’incipit.

Se tutto quello che scrive Kolima, così si fa chiamare l’autore nel libro, corrisponde a verità, il libro diventa un pugno nello stomaco e lo scorrere delle pagine è simile alla discesa nell’inferno del lato oscuro dell’umanità! Se invece, come i molti suppongono, è opera di fantasia il tutto si limita a diventare un “buffetto” simpatico che ti lascia quel senso di affetto verso gli sforzi, non eccessivi, di un ragazzo che ha buona fantasia! Sarebbe un po’ come pensare che Alice nel paese delle meraviglie sia stata una storia vera, o, meglio ancora, cercare di andare a vivere a Hobbitville…

Alla fine la curiosità rimane e la voglia di catapultarsi nel secondo libro “Caduta libera”è tanta quindi, bando alle teorie, guardiamo dove ci e si spinge il giovane Kolima!

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