Narrativa italiana Romanzi E' finito il nostro carnevale
 

E' finito il nostro carnevale E' finito il nostro carnevale

E' finito il nostro carnevale

Letteratura italiana

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Alla fine degli anni Venti, nella Parigi di Hemingway e di Django Reinhardt, l'anarchico Rigoberto Aguyar Montiel si innamora di Consuelo, la modella spagnola che posò per la Rimet, la prima coppa del mondo di calcio. Scomparsa misteriosamente la donna, Rigoberto veste i panni di cronista sportivo e cerca di rubare il trofeo rincorrendolo in ogni continente tra guerre, rivoluzioni e traversate atlantiche, «per togliere le utopie dalle teche e ridargli il significato che avevano perduto». Attraverso l'improbabile intervista rilasciata dal ladro l'ultimo giorno del 1999, Fabio Stassi racconta la geografia di tutte le speranze perdute nel Novecento, rievocando partite leggendarie, la voce di Yves Montand e le finte di Garrincha, la garota di Ipanema, il mercoledì delle ceneri in cui in Brasile si instaurò la dittatura e Vinicius de Moraes scrisse quella canzone che inizia così: «Acabou nosso carnaval». È finito il nostro carnevale è il viaggio a ritroso di un Orfeo nero. La storia di quando il futebol aveva le ali e di chi preferiva morire piuttosto che perdere la vita. Un romanzo che è il canto dolente per un'epoca ormai conclusa e insieme un richiamo romantico alla resistenza: come dice Rigoberto, «tutto svanisce, ma non i desideri che abbiamo avuto».



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E' finito il nostro carnevale 2019-01-12 11:59:12 topodibiblioteca
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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    12 Gennaio, 2019
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La coppa che ha fatto storia

“Chi non la conosce, la bossanova, pensa si tratti solo di un genere musicale. Non è questo: è molto di più. E’ la nostra vita stonata e sempre in ritardo. Anche il cuore degli uomini, in Brasile, pulsa in levare e batte un tempo dispari”.
In questa riflessione così "musicale" è contenuta la sintesi di questo romanzo in cui il Brasile è al centro del racconto. Il Brasile come nazione attanagliata da mille contrasti e problemi sociali ed economici, ma soprattutto il Brasile come squadra di calcio, la mitica “Seleção”. In particolare quella (o quelle) del 1958-1962-1970 nelle quali giocarono autentiche divinità del pallone come Garrincha e Pelé, capaci di regalare al proprio paese tre titoli mondiali, rappresentati dalla celebre coppa Rimet, dalle sembianze di una vittoria alata dal volto femminile che sostiene la coppa. All’epoca il regolamento della Fifa prevedeva che al terzo titolo conquistato la relativa nazionale avrebbe conservato per sempre nella propria bacheca il trofeo dei vincitori, e pertanto la coppa entrò a fare parte del palmares della federazione brasiliana a titolo definitivo.

Il libro risulta piacevolissimo per chi ama il calcio, ma non solo quello, in quanto la cronaca sportiva si sposa perfettamente con la Storia, quella con la “s” maiuscola, attraversando diversi eventi tragici dell’umanità quali la Guerra Civile Spagnola, la Seconda Guerra Mondiale, la rivoluzione cubana e tanto altro, affiancando inoltre a personaggi d’invenzione anche personaggi reali come Hemingway, George Orwell, Hitler, Cheguevara, giusto per fare qualche nome. Il protagonista ripercorre a ritroso, attraverso un’intervista avvenuta il 31 dicembre del 1999 all’interno di una base scientifica in Antartide, il secolo appena trascorso e racconta le peripezie affrontate per centrare l’obiettivo di tutta una vita: rubare la coppa Rimet diventata di proprietà della Federazione brasiliana dopo la vittoria dei Mondiali di Messico ’70.

Merito dell’autore, Fabio Stassi, è quello di prendere spunto da fatti realmente avvenuti di cronaca politica e sportiva, mischiandoli con una storia romanzata nella quale la musica, il calcio e l’amore nei confronti di una donna rappresentano i veri motori della vicenda. Forse infatti non tutti sono al corrente che la celebre Coppa Rimet venne rubata due volte: una prima volta nel 1966 durante i mondiali in Inghilterra, anche se poi ritrovata subito dopo, e successivamente nel 1983 a Rio de Janeiro dove era conservata, a seguito della quale fu dichiarata perduta per sempre in quanto, secondo la cronaca ufficiale, i ladri avrebbero fuso l’oro di cui era composta per poi rivenderla. Perché allora, come abilmente confezionato da Stassi, non mescolare questi episodi con un tocco di romanticismo, svelando che dietro a questi furti si cela la figura del protagonista, desideroso di impossessarsi di quella coppa al fine di conservare per sempre intatto il volto della donna raffigurata, quel volto di cui si innamorò in gioventù e che rappresentò la fonte di ispirazione per l’orafo forgiatore del trofeo.

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