Dove la luce
Letteratura italiana
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Ieri, oggi, domani
«[…] Allora, forse, io scrivo per tutti quelli che nella mia famiglia non hanno potuto farlo. Leggo per quelli di loro che non sapevano leggere, ma avrebbero voluto entrare in quei mucchi di segni incomprensibili attraverso i quali spesso venivano ingannati, frodati, umiliati da chi aveva avuto la scuola.»
Ultima fatica di Carmen Pellegrino, storica già nota al grande pubblico per opere quali “Cade la terra”, è “Dove la luce”, un testo che se da un lato ricorda un memoir dai tratti intimi ed esistenziali, dall’altro assomiglia e ricorda un piccolo saggio sulla generazione che si ipotizzava salva ma che in realtà era già perduta in partenza. Lo stesso titolo è significativo e ci riporta al mondo letterario, essendo “Dove la luce” una poesia di Giuseppe Ungaretti del 1930. Non siamo davanti ad uno scritto canonico: è un componimento atipico che ci rimanda a un episodio e poi all’altro senza di fatto seguire quello che è un ordine cronologico ben definito. La storia è dunque composta da salti temporali che si susseguono, ancora è composta da un flusso di coscienza che non si imbriglia e che segue le sue logiche senza che le sue logiche siano coerenti. Un po’ come un blando ricordo che sopraggiunge nel momento meno aspettato.
In apparenza siamo davanti a tre storie per tre volti che tra loro si intersecano. In realtà due personaggi confluiscono nei ricordi di una donna che diventa anche voce narrante. Realtà e fantasia perdono i confini netti che le tengono distanti. Anno da tenere come punto di riferimento è certamente il 1987.
Conosciamo il professore Federico Caffè, economista di scuola keynesiana realmente esistito, è un uomo che si preoccupa dei ceti disagiati e che è attivo nel dibattito politico-economico. Se ne perderà ogni traccia dal 15 aprile 1987. Milo Marsico, al contrario, è un uomo che ha perso tutto, vive per strada e attende la morte. Infine una donna, classe 1977, nata a Postiglione, che narra, racconta, fonde. Sullo sfondo la generazione, la Storia, i fatti che hanno determinato gli anni ’80 dagli omicidi di Mino Pecorelli e Giorgio Ambrosoli, alla P2, la strage di Ustica e molto altro ancora. Ma cosa è successo a Federico Caffè? Che ne è stato di lui? Che sia vivo? Che sia morto? E il cadavere, nel caso, perché non è mai stato rinvenuto? E se avesse davvero seguito il suo amico clochard verso un luogo abbandonato e dove finalmente perdersi avvalorandosi della decreazione del proprio io?
«[…] Parlo di ciò che manca e della grazia di ciò che c’è.»
Carmen Pellegrino non è nuova a certi temi, molti la ricorderanno o conosceranno per la sua abbandonologia (me per prima). “Dove la luce” ha due caratteristiche molto importanti: se da un lato sono presenti tanti autori dei quali vengono menzionate le opere a mo’ di devozione verso la letteratura (da Nizan a Tondelli passando per Anne Carson e Witod Gombrowicz) che influenza la nostra vita, dall’altro si ritorna proprio al tema dei luoghi abbandonati.
E per quanto i paesi siano in disfacimento, le moltitudini disilluse e le costruzioni fragili, con “Dove la luce” l’autrice ci invita alla resistenza e al volgere uno sguardo verso il futuro. Tra lo ieri e l’oggi, le colpe delle generazioni del passato, la concretezza di quelle del presente ed ancora le colpe dei padri che ricadono sui figli, lo stare dentro e fuori dalle proprie radici ma senza mai davvero poterne fare a meno.