Divorzio di velluto
Letteratura italiana
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Vellutata rinascita
Repubblica Ceca e Slovacchia, due paesi diversi per lingua, tradizioni, cultura, che dopo un tentativo mal riuscito di convivere all'interno della stessa nazione, la Cecoslovacchia, prendono coscienza delle proprie differenze e decidono di dare vita ad una separazione amara ma cosciente, dolorosa ma avvenuta con una tale delicatezza da passare alla storia come "Divorzio di velluto". "Anche l’idea della Cecoslovacchia era fallita. Bratislava era diventata la capitale di un paese che nessuno conosceva, Praga, la magica, lusinghevole e perfida aveva attirato le folle per essere dissanguata. Ciò che non era cambiato era la posizione dei due paesi, uno a fianco dell’altro. I loro figli non avrebbero smesso di intrecciarsi, di cercarsi, specchi di loro stessi, a volte innamorati, a volte indifferenti, ma intenzionati a guadagnarsi il proprio posto nel mondo. Forse doveva andare così." Katarina e Eugen, una bella coppia di innamorati che, travolti dalla passione e guidati dall'entusiasmo, decidono di bruciare le tappe per poi rendersi conto, tristemente ma con estrema consapevolezza, di essere divisi da divergenze tanto profonde quanto insanabili che non possono che portarli a separare le proprie strade, così come è successo per i loro paesi d'origine. "Era tutto molto veloce, ma quando si arriva a un bivio, la vita sceglie e Katarína sapeva che poteva solo seguirla. Le parole non dette, le attenzioni mancate sono quelle a far maturare le decisioni. Sembrano brusche, le scelte, ma solo perché arrivano addosso sul momento: una punta dell’iceberg che finalmente si vede." Un parallelismo, quello fra i due Stati e i due coniugi, che ci accompagna per tutta la lettura di questo breve ma intenso romanzo di Jana Karšaiová, seppur in maniera diversa. Se la questione geopolitica rimane infatti appena accennata, alleggiando come una cappa su tutto il racconto, senza tuttavia entrare in primo piano, la storia di Katarina e del suo divorzio, anch'esso in un certo senso "di velluto", è l'oggetto principale della narrazione. Conosciamo la protagonista quando il rapporto con Eugen è ormai compromesso e lei, da Praga, città dove vive e lavora e nido del suo amore sulla via del tramonto, si reca senza il marito nella città natale, Bratislava, per le festività. Il ritorno nella casa dei genitori, il rapporto burrascoso con la famiglia, il piacevole ricongiungimento con le sue amiche storiche, il particolare momento personale che sta vivendo, generano nella donna un'altalena di ricordi, riflessioni, bilanci e progetti che arrivano al lettore attraverso continui salti temporali tra il presente, l'infanzia, la giovinezza, ripercorrendo la sua intera esistenza e raccontando della nascita e della fine di un rapporto in cui aveva riposto moltissime speranze. Nonostante le origini e la lingua madre siano slovacche, l'autrice decide coraggiosamente di scrivere quest'opera nel suo idioma adottivo, imparato tra l'altro da autodidatta, cioè l'italiano. Ne deriva una prosa essenziale, priva di virtuosismi, che in alcuni momenti può sembrare anche fredda, asettica, ma in grado comunque di coinvolgere il lettore, forse proprio per questa sua capacità di andare dritta al punto, senza temporeggiare in giri di parole. Jana Karšaiova è brava ad intrecciare la storia principale con quelle degli altri personaggi e quella delle nazioni, mischiando il tutto armonicamente e consentendo una lettura scorrevole ma mai superficiale, affrontando il tema della vita con tutti i suoi alti e bassi, i successi e le sconfitte, gli entusiasmi e le paure, e lasciando presagire che ogni episodio, che sia infausto o felice, può rappresentare un nuovo inizio. Per Katarina sarà un viaggio in Italia, per passare il capodanno insieme all'amica Viera, che nel Bel Paese ha trovato la sua vera "Patria" (e qui potrebbe esserci qualcosa di autobiografico) a portarla ad una decisa presa di coscienza che sarà il punto di partenza per la sua vellutata rinascita. "Era l’alba quando aveva lasciato la casa di Eugen. Era sgattaiolata fuori dal letto mentre lui dormiva girato sul fianco come sempre. Si era vestita e aveva preso la borsa dal divano. Prima di andarsene, Katarína si era spruzzata il profumo nel buio dell’ingresso. Si era fermata per ascoltare i rumori della casa, il ronzio quasi impercettibile del frigo, il sussurro familiare dell’acqua nei termosifoni, le era sembrato di sentire lo scricchiolio del letto, forse Eugen si era girato. Aveva appoggiato sulla mensola le chiavi e chiuso delicatamente la porta di casa, era pronta."
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Divorzio anaffettivo
«Sua madre non aveva mai imparato a incassare i colpi, si dimenticava ogni volta che il destino le presentava la sua versione dei fatti. I suoi schiaffi non facevano male, Jojo li temeva, ma il vero pericolo erano le parole. Dora non ci badava.»
Il divorzio non è sempre e solo quello che comporta una separazione a livello sentimentale. Talvolta quando facciamo riferimento a questo facciamo riferimento non tanto a quello a quello affettivo ma anche a quello correlato alle nostre radici, a quei luoghi che rappresentano il nostro essere e il nostro vivere in un tempo scandito dalle esigenze di una vita che scorre.
Ed ecco allora che “il divorzio” assume una forma diversa, una sfumatura che muta nel suo essere. Jana Karsaiova ci insegna proprio questo e cioè che questo può essere anche altro, può essere correlato al nostro vivere, a quel che siamo e ci circonda, a una frattura delle nostre radici e della nostra storia.
Conosciamo dunque tra queste pagine volti e persone. Volti di uomini fatti di umanità, legami e affetti. Spezzati, disincantati, ricostruiti, persi. Una storia che prende campo dalle scissioni che si manifestano nella realtà della famiglia, una famiglia che scopriamo essere unita solo in apparenza. La storia prende campo proprio dalle scissioni che si manifestano per un disamore, per episodi, incontri, emozioni che tornano ad affiorare. In un bisogno costante e impellente di accoglienza sia culturale che sociale che umano.
Tra i finalisti del Premio Strega di questa edizione 2022 è “Divorzio di velluto”, opera scritta da una autrice slovacca che ha scelto di vivere in Italia e che si propone in uno scritto che rimarca una impostazione scenografica e sceneggiata. Una sceneggiatura in piena regola dove ogni tassello si ricostruisce un poco alla volta, passo dopo passo. Forse, questo, anche per il passato in ambito teatrale della stessa. La lettura scorre rapida, tuttavia non riesce a coinvolgere completamente. È come se tra lettore e scrittore ci fosse un filtro, un vetro invisibile. Piacevole ma non indimenticabile. Una buona prova che suscita riflessioni seppur con i suoi se e ma.
«[…] un matrimonio il cui apice sarebbe stato un divorzio, battezzato anche quello di velluto. Come la rivoluzione dell’89, la Rivoluzione Gentile la chiamavano gli slovacchi, di Velluto, ribattevano i cechi.»
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Lasciarsi tutto alle spalle
Un divorzio di velluto è quello tra i coniugi Katarina e Eugen.
Vite intrecciate con passione iniziale, minate poi da frasi taciute e insoddisfazioni reciproche.
Il “divorzio di velluto” è quello che divise la Cecoslovacchia in due stati indipendenti e autonomi nel 1993, ponendo una cesura tra due popoli che si percepivano differenti, culture distanti che il tempo non era riuscito ad amalgamare.
Due generi di divorzio, due binari paralleli, da sondare e percorrere, per tentare di comprendere le cause della frattura.
Il romanzo non vuole essere immerso nelle tematiche politiche, ne resta ben lontano, dedicandosi in via esclusiva alle persone, ai volti che sono i protagonisti, mariti e mogli, genitori e figli, senza dimenticare gli amici.
La divisione del paese funge da sfondo, divenendo uno degli elementi narrativi che coinvolge psicologicamente tutti.
Una storia di scissioni familiari, un viaggio all'interno di famiglie all'apparenza unite e amorevoli, ma nella sostanza terreni fertili per incomprensioni, disamore, ripicche e fughe.
Una narrazione costruita su un impianto temporale che segue il filo dei ricordi, un riaffiorare continuo di episodi, di incontri, di emozioni che la giovane Katarina vuole raccontare in primis a se stessa, per potersi fornire delle risposte che per lungo tempo non ha cercato, nella convinzione di vivere una buona vita e di aver raggiunto obiettivi solidi.
Uno dei cardini sottesi alla storia è il bisogno di integrazione e accoglienza, sia esso nell'ambito familiare o nel più vasto sentire socio-culturale, richiamando temi attuali come il rispetto delle origini altrui, degli usi e costumi, di tutto ciò che concerne l'espressione dell'individuo.
Si tratta del primo romanzo di una autrice slovacca, che ha scelto di vivere in Italia da numerosi anni, pertanto è comprensibile che siano numerosi gli spunti personali utilizzati per la stesura dei contenuti.
Interessante l'intento e l'impronta del binomio tra le due tipologie di divorzio, tuttavia manca un pizzico di brio nella prosa e qualche riferimento più sostanzioso alla separazione tra le due culture.