Di viole e liquirizia
Letteratura italiana
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Commento acronimo
Daniel Lorenzi, “naso” parigino, giunge ad Alba,
In piena Langa, per tenere un corso di degustazione.
Visita i luoghi grazie al taxista Luciano,
Incontra Amalia all’enoteca Tastevin: una donna
Oppressa da rimorsi e affetto morboso del fratello Giulio.
La Ginotta è la loro proprietà, lì si produce il Barbaresco
E Giulio perde la sua metà giocando a carte con Baravalle.
E perciò scappa, lasciando sola Amalia in balia di Baravalle.
La sfida tra Daniel e Baravalle è anche per affermare
Il sentimento verso Amalia, oltre che per l’intera proprietà.
Quasi come in un film western, i due si affrontano in duello:
Unica possibilità per ripristinare la situazione originaria
In uno scontro ove roteare succo di Bacco nel bicchiere,
Riconoscendo con il solo fiuto
Il vino, il produttore e l’annata. Per
Zittire l’avversario in via definitiva. Romanzo raffinato,
Inusuale, originale nel descrivere paesaggi, aromi e gente,
Amabile come i vini che profuman “Di viole e liquirizia”.
P.S.
Si chiamano “nasi” i degustatori che sanno riconoscere i vini dal profumo. Il protagonista del romanzo è un “naso” parigino:
«Daniel guardò il bicchiere: altro vino importante. Al colore, Daniel pensò che doveva venire anche quello dal Nebbiolo, era ancora granato con brillantezze di tramonto, quando il sole color di un'arancia da spremere se ne va a morire tra una collina e l'altra, come se stesse ballando il tango con un'allegria melanconica».
Quanto alle descrizioni della Langa, terra di tartufi e di Barolo, e dei langaroli:
"Per inventivi siamo inventivi. Qui in Langa è tutta un'invenzione...ci siamo inventati un paradiso di vigna per amanti del vino...colline da far invidia alla Toscana. Tutte balle. Qui non sai cosa fare se non mangiare ed ubriacarti, se te lo puoi permettere".
E ancora: "...io di tutta ‘sta retorica del vino non ne posso più. Abbiamo oramai solo quello e ci costruiamo, castelli di balle. E non c'è più posto per niente, per un ricordo, sembriamo nati tutti signori da quando questa non è più terra di malora".
Bruno Elpis