Di Ilde ce n'è una sola
Letteratura italiana
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Recensione della Redazione QLibri
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IL GIOMETRA PERSO NEL RICORDO
No, non è un refuso. Andrea Vitali ha scritto proprio così: giometra. Non a caso l’autore gioca con questo neologismo molti capitoli: la storpiatura del sostantivo costituisce una precisa scelta stilistica e un astuto espediente narrativo, utile per dipingere la maschera di un personaggio e la sua meschina anima borghese.
Lessico colloquiale; frasi brevissime spezzate per aumentare l’enfasi; ritmo lento anzi lentissimo per inseguire i personaggi da vicino e studiare la loro vita, come un entomologo studia le formiche. Se il grande antropologo Claude Lévy-Strauss sosteneva che l’uomo va studiato come si studiano le formiche, l’autore sembra aver imparato la lezione, trasformandola in una narrativa che mette sotto la lente d’ingrandimento i minimi gesti, le espressioni, le caratteristiche ambientali in cui si muovono i nostri scarafaggi, dotati di una varia ma non stupefacente umanità.
Nei personaggi di Vitali l’essenza sembra precedere l’esperienza: c’è chi nasce con un “caratterino pieno di aghi”, chi “con i maccheroni in testa”, chi con le scarpe da lavoro ai piedi, chi “giometra”, inesorabilmente attratto dalle figure nello spazio. Non si tratta di essenze definite, intendiamoci: le stesse note possono comporre infinite canzoni.
Questo romanzo racconta l’Italia piccola, quella della profonda provincia, quella dei primissimi anni settanta che somiglia, nei problemi e nelle ossessioni, alla stessa che si è trascinata fin qui oltre i duemila: abbiamo passato la soglia da un pezzo, perdendo i pezzi. I decenni sono svaniti, ma i soliti ritornelli sono rimasti: nascono dalle note dei nostri genomi e dalla cultura del nostro paese; suonano provinciali anche nelle città più grandi, figuriamoci nei piccoli centri. E così, tra un sorso di rosso e una forchettata di brasatino, le miserie e le prevaricazioni e i ricatti e le furbizie e le incomprensioni dei rapporti tra i diversi sessi, età e classi sociali sfilano sornioni, sotto la solita spessa lente d’ingrandimento.
Mentre l’autore segue il cammino delle sue formiche con tenera ironia, il mistero della carta d’identità si risolve e si dissolve in un fine quasi lieto, nella tranquillità di una caldissima estate. Andiamo a vedere come va a finire.
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Opinioni inserite: 3
Il Giometra marpione
Come al solito le letture di Vitali scorrono gradevoli e sotto l'ombrellone l'ho divorato in una giornata sola. L'autore ci racconta una storia che si evolve intorno ad una carta di identità smarrita e ci fa riflettere su come gli eventi prendano pieghe diverse a seconda dei personaggi che incrociano un oggetto qualsiasi... O forse non proprio qualsiasi. Ed allora inizia la caccia alla proprietaria di detta carta e i vari protagonisti scendono in campo con le loro debolezze, le loro meschinità, le loro indolenze finché l'Oscar viene a contatto con quel marpione del Giometra Berghetti con cui giocherà una lunga metaforica partita a scacchi tra piatti della tradizione e rosso di quello buono.
Simpatica lettura,Vitali ha senz'altro scritto cose migliori ma noto una piccola ripresa rispetto ad alcuni recenti scivoloni.
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Di Ilde ce n'è una sola.
Tanto prima o poi la verità viene a galla...
Un giorno afoso di luglio, un ragazzino va al fiume ed all'improvviso vede una bella farfalla, la insegue con grande curiosità, alla fine scopre che non si tratta affatto di un insetto dai mille colori, ma di una carta d'identità senza fotografia la consegna in famiglia e da qui si dipana la piccola storia ricca di malintesi, equivoci e bugie tipica della penna di Andrea Vitali, questa volta un po' spento ed insipido rispetto ad altri suoi romanzi dove ci ha abituato a personaggi più marcati ed a vicende molto divertenti, ironiche e sarcastiche.
E' un libro che mi ha lasciata insoddisfatta e delusa.
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Attenzione a non scambiare le carte di identità...
Andrea Vitali, il prolifico (in senso letterario) medico di base di Bellano, ridipinge il microcosmo bellanese mettendo questa volta in risalto le disavventure di una coppia, anonimo operaio lui, impiegata più gratificata ma insoddisfatta lei nella stessa ditta ove lavora il marito : il fattaccio avviene quando lei si concede una botta di vita, accetta l’invito di un bellimbusto locale con seguito di pranzo e toccata e fuga in motel. Il diavolo, si sa, fa solo le pentole : avviene un fortuito scambio di carte di identità e da qui nasce una serie di equivoci, che coinvolgono un bambino ignaro in visita all’orrido di Bellano, un postino, un’impiegata del Comune, il segretario dello stesso ed il solerte comandante della locale stazione dei Carabinieri. Morale : il marito, con la smarrita e ritrovata carta di identità della moglie (senza foto, però) sospetta, vaga all’insaputa della stessa da un ufficio all’altro, si rode cercando di ritardare l’ineluttabile scoperta dell’amara verità ( ha in mano infatti la carta di identità della moglie priva di foto : ma è evidente che “ di Ilde, ce n’è una sola “, come recita il titolo del romanzo!) e, infine, per amore del quieto vivere e della pace coniugale, rimette le cose a posto con un abile sotterfugio. La vivace e spensierata Ilde non si accorge di nulla, la vita continua : lui, il marito cornuto e paziente, lei, la disinvolta Ilde, proseguono il loro ménage tra picche e ripicche, nella reciproca sopportazione. Come di consueto, Vitali manovra magistralmente i suoi personaggi, con un linguaggio essenziale, scarno, fatto di battute paesane e di riflessioni argute. Il suo stile, apprezzatissimo dalla critica, è ormai ben collaudato ed è forse unico nel panorama attuale della narrativa italiana. I personaggi e gli ambienti (siamo intorno agli anni ’70) sono messi a fuoco con pochi tocchi essenziali : emerge una vita di paese ancora genuina, che vive e prospera sui piccoli eventi della vita quotidiana, sulle mutazioni del tempo, sulla sottintesa speranza in una vita migliore.