Di ferro e d'acciaio
Letteratura italiana
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Le vite degli altri
Di ferro e di acciaio è un romanzo sulla Passione. L’idea dell’editore con la sua collana Croce Via è di sviscerare l'eco sul mondo di oggi di parole (come la parola passione) legate tradizionalmente alla Passione di Cristo, avvenimento storico che è parte della nostra cultura indipendentemente dalla nostra adesione alla religione cattolica. Alla Pariani è affidata la parola passione e lei svolge il compito riscrivendo la Passione traslandola nel tempo. I personaggi Jesus e Maria N sono Gesù e Maria, spostati nel futuro, in una società Orwelliana, con una ambientazione che a me ha ricordato tantissimo un film eccezionale: Le vite degli altri. Il film è consigliato a tutti, un capolavoro. L’idea della donna che intercetta le conversazione e spia una persona fino a farsi coinvolgere da quella persona è avvincente. Nel film questo aspetto è reso con efficacia indimenticabile.
Nel romanzo una donna, l’operatrice Lusine, spia Maria che è alla ricerca di suo Figlio Jesus rapito dalla polizia e accusato di idee sediziose, in una società che ricorda quella sovietica di altri tempi, ma spostata nel futuro.
Il romanzo riscrive alcune parti della vita di Gesù innestandolo in questo mondo fatto di regole rigide, controllo e con poche aperture. La prima metà del libro spicca più per l’uso del linguaggio che per la storia. La narrazione si appoggia molto sulla lingua originale dell’autrice più che sulla trama in sè. La Pariani usa un linguaggio suggestivo fatto di termini obsoleti/dialettali/milanesi. Si capisce che lei si diverte a inventare la lingua molto più che a scrivere la storia. Però questa modalità di scrittura può risultare stancante e invasiva se non è a servizio del testo ma cerca il primo piano. Secondo me lo stile deve rendere più espressivo il contenuto senza comprimerlo e soffocarlo. Comunque l’attenzione al linguaggio nella seconda parte del testo è molto più leggera. Quanto ai personaggi, Jesus richiama molto Gesù volutamente. E questo non sarebbe un problema, anzi. Così come Maria N richiama Maria. Però proprio per questo i personaggi hanno un termine di paragone importante e le cose che dicono avrebbero dovuto essere molto più curate. Un Jesus che scrive un diario in cui parla come Cohelo non funziona. In fondo sarebbe bastato rileggersi un Vangelo e riprendere qualche frase detta dal Gesù storico trasponendola e rivitalizzandola con un uso sapiente della lingua, cosa in cui la Pariani è bravissima. Nei dialoghi e nelle pagine di diario l’attenzione alla lingua e qualche milanesismo ci sarebbe stato bene. Il personaggio risulta abbastanza sbiadito invece, anche per le cose che dice con spiacevoli sdolcinature. L’impressione è che l’autrice si appassioni alla sua storia solo alla fine. Le ultime 8 pagine sono bellissime, direi perfette. Il resto secondo me andava riscritto dopo aver trovato il passo del racconto in quelle bellissime pagine. Comunque io sono dell’idea che se un romanzo ha dieci pagine davvero belle vale la pena di leggerlo anche solo per quelle.