Da soli
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Solitudini a confronto
«Questi sono due modi della mia scrittura: quello femminile, più intimo, in cerca di nuove sensazioni che sono ancora senza parole, e quello maschile, ereditato da millenni di cultura dei padri, si affiancano, si accavallano, armonici o in conflitto: sono entrambi io» p. 7
Due coppie, Andrea e Marta da un lato e Piero e Laura dall’altro. Un incontro sul ponte di una nave, venticinque anni prima, due matrimoni, due figli i primi, tre i secondi, una doppia separazione quella del presente. Marta lascia Andrea perché schiacciata dalla vita di coppia, da quella solitudine dettata dalla consuetudine, da quel ricordo di un padre scappato per le stesse identiche ragioni, dal desiderio impellente e folgorante di indipendenza, al contrario Piero lascia Laura perché non si sente amato e perché desideroso di conquistare una presunta libertà che di fatto soltanto il legame coniugale era in grado di dargli. E così, nella seconda metà della vita ti riscopri un fiume in piena, un fiume alimentato dalla foga di chi scappa e dalla calma di chi resta, da quel silenzio che adesso è proprio di stanze riempite di un vuoto tanto ricercato, di serie tv sul divano, di pasti da rosticceria presi all’ultimo e consumati in ambienti sconosciuti e arricchiti da foto ricordo di un passato sempre più sbiadito, da una rinnovata complicità con i figli, dalla riscoperta del corpo, del tempo, dei pensieri, di sé stessi, di quel che si era e di quel che si è.
Una storia di solitudini è quella che ci narra Cristina Comencini con il suo ultimo romanzo “Da soli”. È un libro, questo, dove la maturità propria dell’età dei protagonisti non traspare a dimostrazione che anche in una fase dell’esistenza di solito associata a calma, saggezza, esperienza e bilanci, si è invece preda di tempeste, si è prodighi alle decisioni e non si ha timore di lasciare e di separarsi dal passato perché quel futuro è ancora un desiderio intatto e costituisce un traguardo da raggiungere e conquistare. Ci si risveglia e ci si chiede: “Quando ho iniziato a nascondermi? Quando la mia sfera dell’io è diventata maggiore della sfera del noi? Perché ho cercato di cautelarmi lasciandomi una dimensione individuale a discapito della coppia? E alla fine, alla fine dei giochi, cosa resta”?
Di fatto questi destini non si separano mai del tutto. La sofferenza, le disillusioni, i tradimenti, le passioni e anche quel vissuto che si è trascorso insieme è e resta un qualcosa di vivo e pulsante. Perché lo stesso malessere non è mai dell’uno, bensì è di tutti. Può essere rappresentato in modo diverso tra uomo e donna, ma alla fine tutto si mescola e sovrappone, confondendosi.
«Il nostro mondo è fatto di separazioni, di individui liberi e soli. Lo sarà sempre di più. Forse si resterà insieme fino alla crescita dei cuccioli, come in alcune coppie di animali, e poi tutti in mare aperto, incrociando ogni tanto qualche altro nuotatore, ci si ferma per un po’ a riposare su un’isola, per poi riprendere a dare bracciate, immersi nei pensieri solitari, tra messaggi silenziosi, qualche rara telefonata, senza voci.» p. 10
Con questa opera l’autrice dà voce nella dimensione della rottura a due voci, a due cori, il cui confine tra l’uno e l’altro è sottile, tanto che soventemente finiscono con l’invertirsi, l’amalgamarsi. Il tutto in un continuo alternarsi di quegli stereotipi per cui la donna è la parte debole, fragile e abbandonata e l’uomo è l’insofferente alla realtà familiare.
E così, mentre un uomo fugge perché convinto di non essere amato e mentre una donna è alla ricerca dell’autonomia tardiva, il fato sopraggiunge inarrestabile in quanto non si può fuggire da quello che è la sorte di tutti dovendosi difendere dal sopraggiungere di eventi non programmati quali il dolore e la malattia.
Rinascita, senso di fallimento, rottura, ricostruzione, il rischio di cadere in una voragine, la tentazione di essere felici, la fatica di restare a galla magari crogiolandosi nelle illusioni ma pur sempre senza quella maturità che lo scorrere degli anni comportano, è l’elaborato della sceneggiatrice. Perché per quanto Marta, che di lavoro è una ristrutturatrice d’interni, sia alla ricerca di novità e di continuo cambiamento, non si è mai liberi da quel fardello, da quella valigia pesante e ingombrante, che fa parte del nostro trascorso. Una valigia, in realtà, doppia.
Uno scritto psicologico, riflessivo, da leggere con calma e sui cui meditare.
«L’altra volta, quando ora, tra dieci anni, per sempre, un anno ancora, tre giorni, domani… Il significato di quello che ci è accaduto, la morte, la separazione, è indecifrabile e chiarissimo, un insieme di eventi futuri, presenti, passati, che muoiono e tornano a esistere. La sua mano si posa sulla mia, la contiene tutta, la tiene stretta.» p. 109
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una dualità di solitudine
Cristina Comencini pubblica Da soli: un libro di amori, separazioni, ricongiungimenti e tanto, diverso, amore. La storia è di quelle che colpiscono e di grande attualità: due coppie mature,si
“lasciano nella seconda metà della vita”.
Su tutto aleggia prepotente e al contempo seduttivo il potere della solitudine, perché
“restare soli, è l’unica garanzia di verità.”
Colpisce una poesia di Majakovskij, dedicata alla poesia, ma che l’autrice trasposta alla narrazione:
“Niente cancellerà via l’amore né i litigi/ né i chilometri./ E’ meditato, provato, controllato. /Alzando solennemente i versi, dita di righe/ lo giuro: amo/ d’un amore immutabile e fedele.
Majakovskij si riferiva alla poesia, ma io non sono un poeta e la dedico all’amore tra un uomo e una donna. Ma a loro, ai miei figli che mi guardano e mi implorano di essere ancora felice, mentirò e dirò che mi sono innamorato della vomitosa o di un’altra e poi di un’altra ancora. Non c’è niente di più incongruo e antimoderno che amare una sola persona per tutta la vita.”.
Uno sguardo determinante sui matrimoni, sulla convivenza e sull’amore che non dura in eterno, infatti:
“lo sguardo determina tutto, l’amore ma anche la paura e la fuga. “.
La sofferenza accomuna due coppie: Andrea e Marta, Laura e Piero. Si conoscono venticinque anni prima su una nave, si sposano, hanno dei figli, e poi….. si lasciano a poca distanza una dall’altra. C’è la fuga al femminile e al maschile, il dolore al maschile e al femminile, la ricostruzione al maschile e al femminile. Una dualità che percorre tutta la narrazione e che è anche una dualità di linguaggio, di punti di vista, di modi di reagire e di comportarsi. Una duplicità che conduce alla visione di flussi di coscienza pregnanti e ricchi di pathos, che affascinano il lettore che divora letteralmente il testo. Un bellissimo libro di grande attualità, in cui il narrato e il genere si fondono in un unicum di grande pregnanza narrativa.
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Anime sole e lontane...
Un profondo respiro psicologico attraversa il racconto, pagine che scrutano un complesso sistema relazionale ed affettivo di coppia e singolo amplificato dalla indecifrabile fragilità umana.
Due matrimoni scoppiati, una situazione a quattro, simmetrica, casuale, come il proprio inizio, venticinque anni prima, sul ponte di una nave.
Oggi i protagonisti sono soli, ognuno nella propria casa, circondati dal silenzio, tutto è lì, inspiegabile, inimmaginabile, eppure avvenuto. Laura è stata lasciata da Pietro, Marta ha lasciato Andrea, carriere ben avviate, figli, amici, viaggi, condivisioni imbrattate da una noiosa routine, dalla paura di non essere amati, dalla certezza di non amare e da un senso ancora tutto da capire.
C’ è sempre un motivo scatenante o solo un lento stillicidio a svuotare contenuti relazionali ed affettivi costruiti nel tempo e dissoltisi per incuria e logoramento riaccarezzando un senso di libertà primigenio ( da un lato ) o affranti da uno smarrimento inspiegabile ( dall’ altro ).
Il ritorno alla condizione di single riconsegna dialogo intimo e fragilità personale, un senso di rottura e solitudine che ha origini lontane, un padre improvvisamente scomparso e poi ritornato ( Marta ), l’ idea ancora vivida di una moglie-madre ( Andrea ), nessun desiderio, solo amicizia, un esercizio di controllo eccessivo ( Laura ), un senso di soffocamento manifesto ( Pietro ).
Si pretende un riscatto sottratto o sacrificato in nome di altro ( figli e doveri coniugali ), immergendosi in una riflessione non sempre pacata e ragionata, figlia di rabbia e dolore manifesti, sovente narcisistici ed egocentrici, in nome di una idea di libertà personale.
Che cosa resta di una coppia e di quel “ noi “, sommo rappresentante di significato ed essenza ? Apparentemente ben poco oltre la solitudine di un matrimonio ai titoli di coda, il vuoto di un presente enigmatico, un tentativo di rinascita, figli schieratisi più o meno apertamente in attesa di esiti futuri che tracciano il bollettino della discordia ed auspicano una prossima riconciliazione.
Intanto la vita continua, imbrattata da attesa e rimpianti, aperta a novità e gioie improvvise, interrotta da un vuoto di senso, inciampata nella malattia e posta di fronte alla morte.
Un dialogo protratto in un percorso mentale e fisico alla ricerca di un focus, ma cambiamenti e ripartenze prevederebbero contenuti diversi, in primis la conoscenza e la accettazione di se’, l’ ascolto e la riflessione, l’ autocritica, la crescita emozionale, un percorso di condivisione, tempi lunghi ed introiettati.
i personaggi della Comencini, fagocitati da vite borghesi autoreferenziali e noiosamente adattate, inseguono ed esprimono una interiorità pervasa da interrogativi e vuoti incolmabili, angoli bui e ed emozioni rimosse.
Uomini e donne soli, profili psicologici che ricoprono e riscoprono una relazionalita’ che soffre di solitudine ed abbandono, spesso di immaturità, nascosta dietro condivisione apparente.
Il rapporto uomo-donna rimanda a due diverse anime conviventi, una maschile e una femminile, dibattute tra passionalità e razionalità, programmazione ed improvvisazione, un marcato senso di responsabilità ed una giocosa superficialità emozionale.
Storie incrociate e sovrapposte, cambiate, sconfitte, vincenti, esauste, rinate. Ciascuno affronta e vive l’ amore in modo diverso, figlio di un passato irrisolto e di una casualità non indirizzabile, ma c’è dell’ altro, se di vero amore si tratta.
Ed allora trauma e separazione segnano fine ed inizio, presentano la stessa storia o un’ altra storia, riconsiderando il passato, rivivendo il dolore della perdita, la forza del silenzio, la bellezza dell’ abitudine, l’ esplorazione del noto, la paura dell’ ignoto, rivalutando un presente comunque diverso e la gioia della condivisione, prima che sia tardi, troppo tardi, irrimediabilmente e definitivamente….