Cuore primitivo
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Cuore primitivo
Da pochi giorni è possibile leggere l'ultimo romanzo di Andrea De Carlo, “Cuore primitivo”.
Ad una primissima analisi, il romanzo appare proseguire le riflessioni dell'autore intorno alla società attuale, le cui basi sono state ben gettate con il precedente “Villa Metaphora”.
Tuttavia in questa prova narrativa De Carlo sembra perdere il bandolo della matassa o meglio, sembra avventurarsi lungo un percorso senza averne delineato a sufficienza le tappe.
Siamo veramente lontani un abisso dalla complessità di costrutto del precedente romanzo, siamo in una terra di mezzo in cui s'intravvede luce all'orizzonte ma si fatica a veleggiare.
Antropologo lui, scultrice lei, sono le due figure trainanti dell'intero racconto; una coppia il cui rapporto si è raffreddato, un piccolo paese ligure, una vacanza estiva, incontri imprevisti.
La narrazione langue fin dalle prime pagine, gli eventi sono stereotipati e prevedibili, le incursioni dell'autore su tematiche antropologiche e sociali sono fredde e didascaliche.
Un romanzo mal congegnato, in cui i personaggi anziché seguire un processo di evoluzione, sembrano involvere arrancando sul terreno melmoso della mediocrità.
Tra gli argomenti seminati tra le righe ma incompiuti vi è quello della propensione naturale dell'uomo a determinati comportamenti, insomma quel cuore primitivo che dà titolo al romanzo e di cui sarebbe stato interessante approfondirne gli aspetti sul piano umano e sociale.
Un'occasione perduta per De Carlo per continuare a raccontare un pezzo di attualità, per scavare in profondità nel cuore primitivo dell'uomo; l'operazione non vuole essere semplice tuttavia il lettore cerca questo tra le pagine di un libro, cerca vita e calore, cerca sentimenti ed emozioni.
La stesura di questo ultimo romanzo appare figlia della fretta, generando una mole di pagine che se passate al setaccio lasciano pochissimi granelli di riflessione.
Attendiamo De Carlo alla sua prossima prova, in quanto le sue capacità narrative non si esauriscono qua, ma possono confezionare romanzi di ben altra fattura.
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Opinioni inserite: 4
Scultoreo
Questo romanzo narra di un triangolo, nato per caso, vissuto intensamente, con una forza che esce addirittura dalle pagine del libro. La tecnica narrativa utilizzata è quella dello spostamento della prospettiva, ovvero tre sono i protagonisti di questa storia, il marito, la moglie, l’amante di lei e, in modo ordinatamente alternato, ogni capitolo è narrato dal punto di vista di uno dei tre, intanto che il canovaccio narrativo avanza. Tecnica stilistica che adoro, l’avevo già apprezzata in “Lei e lui”, del medesimo autore, e da allora mi è rimasta nel cuore. L’autore è un maestro nello stile, dimostra una conoscenza ed una padronanza della lingua italiana direi quasi senza paragoni. Il suo stile è ricercato, elegante, particolare ed in questo libro l’ho trovato riuscitissimo, mentre in “Villa Metaphora” mi aveva un po’ stancato. La storia parte da un elemento scatenante, fortuito, la caduta del marito dal tetto, punto d’origine del motivo della casualità dell’incontro con il terzo personaggio, Ivo, che entra nelle loro vite e le sconvolge. I sentimenti e gli stati d’animo raccontati, di qualsiasi natura, sia la passione, sia l’odio, sia l’incertezza, sono forti, violenti. Bellissimo fin dalle prime pagine, senza mai rallentare il ritmo. Direi quasi scultoreo talmente ti segna e ti resta addosso.
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CHIARO e ZERO
E’ stato il quinto libro letto di Andrea de Carlo. Non sapevo nulla della trama; classica mattinata al mare e voglia di iniziare a leggere una storia scorrevole, scritta con originalità, da uno scrittore “collaudato”. Devo dire che la scelta si è rivelata giusta. La trama, anche se ruota all’apparenza intorno ad un semplice tetto da rifare, riesce ad irretirti, a coinvolgerti nelle sue spire che piano piano toccano argomenti tanto moderni quanto classici, ti portano a riflettere, ti portano persino ad adattare la tua velocità di lettura rispetto ai personaggi trattati. Apprezzo molto il De Carlo che ripete volutamente parole e pezzi di frase a distanza molto ravvicinata, per ribadire un concetto o sottolineare i modi di pensare ed esprimersi dei personaggi. Due parole che fissano spesso un concetto, molto usate in questo libro, sono “Chiaro” e “Zero”. Infine, ho anche un po’ scoperto un De Carlo nuovo, incisivo e attento ai particolari nel raccontare, verso la fine, una lunga sequenza di azioni rapide e cruente. Il finale rimane incerto fino alle ultimissime parole del libro.
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Il mio cuore primitivo
“Cuore Primitivo” di Andrea De Carlo si svolge a Canciale, paesino sull’Appennino ligure, nella casa di vacanza di Mara Abbiati, artista specializzata nella scultura di gatti (“Indica il blocco di tufo avviato a diventare un ennesimo felino”).
Suo marito, l’antropologo Craig Nolan, nel tentativo di valutare l’origine di un’abbondante infiltrazione, cade rovinosamente e rimedia distorsioni e ferite (“Si è occupato più di una volta dei riti di scarificazione presso i Karo dell’Etiopia...”).
La coppia sta vivendo un momento di stanca e i caotici lavori di ripristino del tetto – che vengono affidati a Ivo Zanovelli (“Occhiali a specchio, capelli lunghi raccolti a coda, … jeans scoloriti, scarponi da biker…”), costruttore che svolge la sua attività in modo poco ortodosso e avvalendosi di lavoro “in nero” - è l’occasione per far esplodere le tensioni della coppia. Anche perché tra Mara e Ivo scocca la scintilla…
Andrea De Carlo scandaglia le dinamiche della coppia (“Lui tutto diffidenza e sospetto, lei tutta istinto e sentimento”) nelle diverse fasi: l’innamoramento iniziale (“Era la fase di adattabilità quasi illimitata che si attraversa agli inizi di un intenso coinvolgimento sentimentale”), la normalizzazione, la crisi, la diffidenza (“questa espressione da ladra spinta sotto le luci per la foto identificativa”), il tradimento, il rimorso (“La voce oscilla tra irritazione e tentativo di giustificazione, lo sguardo è evasivo, la postura chiusa e obliqua rispetto al tavolo: tutti gli indicatori classici di un senso di colpa”), la possibile rottura.
La tecnica utilizzata implica che lo scrittore si cali nei panni dei tre attori principali, assumendone forma mentis, ragionamenti e modalità espressive.
Così, in modo camaleontico, De Carlo è ora Mara - emotiva e intuitiva – ora Ivo: rudimentale, sincero e istintivo. Ma il ruolo che lo scrittore meglio impersona è quello di Craig: intellettuale (“l’impulso è comune a tutti i primati, nel caso di un incontro con un individuo sconosciuto dello stesso sesso”), continuamente impegnato a catalogare la realtà (memorabile la tipizzazione umana in esploratori, divulgatori e guardoni: “Quanto alle proporzioni numeriche, per ogni esploratore ci sono un centinaio di classificatori, e almeno un migliaio di guardoni”), sempre teso a razionalizzare ogni aspetto della vita e delle persone (secondo lui, il rivale Ivo possiede il “fascino della triade oscura (DT), la combinazione di narcisismo, machiavellismo e psicopatia che le donne trovano tanto irresistibile negli uomini”).
Inutile negarlo: trovo la narrazione di De Carlo affascinante, doviziosa, ironica, stralunata.
Il suo stile è immediatamente riconoscibile. Si articola in domande incalzanti, ricorre a definizioni (ad esempio riporta la definizione di “passato”) e etimologie (“A proposito di zelo e gelosia, non è interessante che abbiano la stessa etimologia in zelus?”), è attento a leggere le manifestazioni esteriori dei personaggi (“La distanza tra lui e Craig Nolan in questo momento è certamente inferiore al metro: secondo il diagramma di Edward T. Hall, sono più o meno sulla linea di divisione tra la distanza minima personale accettabile e quella intima”) e a rappresentare i moti interiori con minuzia di particolari. In questa lettura mi sono molto divertito, e ho gustato il romanzo assaporando il piacere sopraffino dell’intelletto abile e ondivago di uno scrittore purosangue.
Bruno Elpis
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La ricerca narrativa che ho conosciuto in “Treno di Panna”, la profondità drammatica di “Due di due”, l’umorismo sottilmente intellettuale di “Giro di vento” e la caratterizzazione dei personaggi di “Uto” confluiscono in quest’opera nella quale ho assaporato il gusto compiaciuto dell’espressione e dell’analisi.
Lei lui...e l'altro
In quest'ultimo romanzo mi sembra di aver avvertito un leggero cambio di tendenza, quasi l'autore stesso volesse tornare al suo "cuore primitivo", raccontando l'amore : quello nuovo-forse- e quello usurato e messo alla prova da anni di condivisione di spazi e momenti, con la sua consueta abilità nello scandagliare l'animo dei personaggi e "farli parlare", raccontandone i dubbi - tanti- certezze- poche, aspirazioni, delusioni ,aspettative...Anche qui, come negli ultimi romanzi, De Carlo usa la collaudata tecnica di affidare i capitoli ai personaggi alternando punti di vista e stati d'animo, così da ottenere una visione corale del racconto.L'entrata in scena del "terzo personaggio" nella vita della coppia collaudata-e un po' usurata- fa emergere frustrazioni, aspirazioni represse, delusioni, ma anche e soprattutto dubbi.Con grande maestria- e forse un po' di compiaciuta ampollosità e descrizioni a volte anche troppo minuziose, l'autore ci porta a riflettere ancora una volta sui meccanismi dell'amore, ma anche a tutto tondo sulla società odierna, sui valori persi di vista, sul senso della vita - perchè alla fine una decisione la si deve pur prendere e l'epilogo obbligato si riduce a due finali, entrambi scontati, ma Andrea sceglierà quello -secondo me- meno "credibile" e, conoscendolo un po', non mi sono affatto sorpresa.