Cuore nero Cuore nero

Cuore nero

Letteratura italiana

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L’unico modo per raggiungere Sassaia, minuscolo borgo incastonato tra le montagne, è una strada sterrata, ripidissima, nascosta tra i faggi. È da lì che un giorno compare Emilia, capelli rossi e crespi, magra come uno stecco, un’adolescente di trent’anni con gli anfibi viola e il giaccone verde fluo. Dalla casa accanto, Bruno assiste al suo arrivo come si assiste a un’invasione. Quella donna ha l’accento “foresto” e un mucchio di borse e valigie: cosa ci fa lassù, lontana dal resto del mondo? Quando finalmente s’incontrano, ciascuno con la propria solitudine, negli occhi di Emilia – “privi di luce, come due stelle morte” – Bruno intuisce un abisso simile al suo, ma di segno opposto. Entrambi hanno conosciuto il male: lui perché l’ha subito, lei perché l’ha compiuto – un male di cui ha pagato il prezzo con molti anni di carcere, ma che non si può riparare. Sassaia è il loro punto di fuga, l’unica soluzione per sottrarsi a un futuro in cui entrambi hanno smesso di credere. Ma il futuro arriva e segue leggi proprie; che tu sia colpevole o innocente, vittima o carnefice, il tempo passa e ci rivela per ciò che tutti siamo: infinitamente fragili, fatalmente umani. Con l’amore che solo i grandi autori sanno dedicare ai propri personaggi, Silvia Avallone ha scritto il suo romanzo più maturo, una storia di condanna e di salvezza che indaga le crepe più buie e profonde dell’anima per riempirle di compassione, di vita e di luce.



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Cuore nero 2024-06-25 13:18:12 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    25 Giugno, 2024
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Emilia, Bruno e il passato che determina il futuro

Quando Emilia arriva a Sassaia sembra provenire da un tempo senza tempo. È il Giorno dei Morti e la sua sembra essere una dimensione ferma, isolata, bloccata a tanti anni fa. Già il look lo dimostra, con i suoi jeans strappati, gli scarponcini viola e il giaccone verde fluo, tutto sembra tranne che una donna adulta ormai trentenne. Questa adolescenza che le appartiene sembra confinata in questi suoi modi e in questo tempo sospeso. Non ha voluto sentire ragioni: l’unico luogo dove era disposta ad andare è Sassaia, prendere o lasciare. Ecco allora che il padre, Riccardo, la accompagna, si premura di verificare che tutto sia funzionante, evidenzia la difficoltà di farle avere una televisione e lei che con quello strumento e solo con questo riesce ad addormentarsi, non la prende benissimo. Il monito del padre consiste nell’invito a trovarsi quanto prima un’occupazione perché Emilia deve ricominciare, il suo passato, quell’errore per cui ha pagato, non può essere un marchio a vita. Il “collegio”, come lo chiama lei, è però un luogo difficile da dimenticare e trovare una nuova strada ma soprattutto, darsi una possibilità, è tutto tranne che semplice o scontato. Nel borgo, dirimpettaio alla casa della giovane, vi è Bruno, maestro elementare che con la sua barba lunga ha un’età indefinita. È maestro di scuola elementare in una classe mista, vive da solo da quando era un ragazzo in quella che è la casa che un tempo apparteneva ai suoi genitori. Anche nel suo passato ci sono dei segreti e sono proprio legati alla famiglia. Tuttavia, egli è subito attratto dalla donna, dai suoi capelli rossi, dal suo carnato e anche da quel suo look anni 2000 che proprio cozza con il loro tempo. È chiuso in sé da troppo tempo, l’incontro con Emilia lo porterà a fare i conti con i propri fantasmi.

«[…] Devi perdonarti di essere viva, Emilia
No, non c’è più niente che io possa fare per meritarlo.»

Gli occhi di Bruno e gli occhi di Emilia si riconoscono: entrambi hanno conosciuto la solitudine, entrambi hanno conosciuto il male. Entrambi hanno scontato la loro pena, entrambi cercano un nuovo inizio. Per Emilia questo è Sassaia e poi Bruno, per Bruno diventerà Emilia. La verità che si cela dietro la storia della ragazza non potrà essere celata a lungo e quando verrà a galla, l’uomo dovrà decidere da che parte stare, se far prevalere il dolore, se far prevalere l’amore, se accettare che per tutti c’è una possibilità di redenzione e rinascita.

«[…] Qualsiasi parola sarebbe stata impossibile per entrambi, mentre stordirci l’uno contro il corpo dell’altra e poi l’uno dentro l’altra, era quasi una liberazione. Sentivo tutta la mia solitudine e la sua solitudine che si aggrappavano e si annientavano a vicenda su quella piazza e mezza che sapeva di chiuso, di bosco, di ricordi. L’unico bagliore acceso tra le montagne.»

Ed oltre ad Emilia e a Bruno vi sono tanti altri personaggi incastonati che vanno dal Basilio, che subito la riconosce, a Marta che rappresenta una sfida e che quella sfida l’ha vinta. E ci sono ancora i paesani che hanno paura del nuovo e del diverso, che sono gelosi e che sono pronti a puntare subito il dito e/o a condannare a loro volta perché preda della paura e del pettegolezzo.
Silvia Avallone torna in libreria con un romanzo che ha veramente tanto da dire e che dimostra, ancora una volta, la sua grande maturità come scrittrice. Ne è passata di acqua sotto i ponti da “Acciaio”, “Marina bellezza” o ancora “Da dove la vita è perfetta” e lei ha il grande merito di non aver avuto paura di questo suo osare. È un’autrice mutevole, empatica, attenta ai temi attuali e mai banale.
Con “Cuore nero” affronta un tema molto complesso che oscilla tra la riabilitazione e la redenzione, tra la rinascita e il ricostruirsi una vita quando un fatto del passato ha determinato in modo indelebile quelli che sono i successivi quindici anni della nostra vita.
Nulla è lasciato al caso tra queste pagine. Dietro c’è uno studio, ci sono incontri in Istituti penitenziari minorili quali quello di Bologna, ci sono incontri con giovani uomini che quelle sentenze di condanna le stanno vivendo e da qui cercano di ripartire.

«[…] Esiste di più. Esiste così tanto che respiri con un polmone solo perché l’altro è schiacciato, la gola è ostruita, il cuore è un buco. Ma dirla significa sfilare un proiettile così ben conficcato che ormai fa parte del tuo organismo, i tessuti gli sono cresciuti intorno, le arterie lo hanno innervato. Estrarlo equivale a morire.»

Non è un romanzo esente da pecche, sia chiaro. Nella seconda parte, in particolare, cade un poco nel moralismo e si perde in digressioni che potevano essere sintetizzate. Lo smacco che porta Bruno a “svegliarsi” e la reazione che consegue è altrettanto intuibile ma è anche naturale. Forse non brillerà di originalità per trama e/o personaggi che tendono ad essere stereotipati ma, francamente, credo che questo fosse proprio l’intento della Avallone perché quando si immagina una data realtà noi tutti tendiamo a cadere nello stereotipato e a rimodellare nella nostra mente un personaggio in un determinato modo. Io ho avuto modo di studiare per anni la realtà carceraria, anche visitandola e nell’immaginario comune tanti, troppi volti, sono confinati a un determinato e univoco disegno. Esattamente come è naturale confinarli in personalità che raramente riescono a rifarsi una vita. Il lieto fine tra queste pagine è voluto anche per questo, e cioè per ricordarci che tutti abbiamo diritto a una seconda possibilità anche quando nessuno avrebbe mai creduto in noi. Ciò che regge le fila e che porta “Cuore nero” a vincere è il tratto emozionale e su questo, vince a mani basse.

«[…] Qualcosa lo sapevo, eppure non sapevo niente. Solo che, se anche fosse stato il nostro ultimo ballo, dovevo ballare. Se anche fosse stato il nostro ultimo istante, lo dovevo vivere. Tanto, tutto finiva. Era inevitabile, il futuro. Quindi la baciai con tutto me stesso.»

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Cuore nero 2024-05-13 13:47:28 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    13 Mag, 2024
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La metà oscura

Questo è un romanzo duro e forte, letteralmente di acciaio, che non è un metallo ma una lega minerale; acciaio come quello che a suo tempo donò buona notorietà all’autrice, in verità alquanto ben meritata. Anche questa nuova uscita è un buon libro, una buona lettura, però non facile, magari indigesta, trama e lessico possono talora apparire critici. Il testo è ben scritto, davvero molto bene, Silvia Avallone è dotata senza dubbio di una penna scorrevole, narra con un tono eclettico, istruito, sapiente, però descrive più che riportare. Rende bene l’essenza del narrato, ma si fatica ad attribuirlo con realismo agli attori, gli dà voce con fine eleganza, tant’è che si esprimono forse anche troppo chiaramente.
“Cuore nero” parla di persone, e di persone che raccontano di sé stesse, ognuna suo modo; Silvia Avallone riporta, fa da tramite, ma non si immedesima, traduce e resta in rispettosa distanza. Però funziona. Le persone possono essere buone o cattive, dipende da cosa predomina in un certo momento della loro esistenza, quale lato del dualismo bene/male è prevalente in quell’istante, pur nelle mille sfumature di luce evidenti in ogni chiaroscuro. Qui si parla in particolare della metà oscura delle persone: ma le persone non possono essere solo giuste o solo sbagliate per tutta la vita. Perché le cose cambiano, la vita scorre diversamente, l’esistenza ti forgia a sua immagine, l’animo umano conta versatili caratteristiche plasmabili, talora evolvi in meglio, talaltra in peggio, si persiste in certi modi o si svolta. Dipende: dipende dai fatti che ti accadono, dalle persone che incontri, anche se al momento ti appaiono tutto tranne che salvatori, le chiami Frau Direktorin anziché eroi, ma sono angeli custodi anche quando ancora non lo sai. Si cambia, tutto passa: per questo esiste il linguaggio, usa poche lettere ed infinite parole proprio per poter evidenziare i molteplici cambiamenti di una comune, magari banale, esistenza. Questo è racconto di arrivi e partenze, è storia di un viaggio, ma non di una fuga, è la ricerca di un riparo, un sito di riflessione per ritrovarsi, e possibilmente salvarsi. Il luogo scelto, la destinazione finale in cui le anime ferite dei due principali protagonisti si incontrano, si permeano, si salvano e si disfano a vicenda, ha un nome che è tutto un programma, isometrico ai personaggi detti, si chiama Sassaia. Un paesino anche ai tempi belli popolato di poche anime, fatto di sassi, di pietre, giusto per questo un macigno, statico e inossidabile assai più di qualsiasi lega minerale. Uno di quei borghi antichi e rimasto sempre uguale a se stesso, sperduti sulle alture più impervie del Piemonte, spopolato da tutti, abbondonato a se stesso come tanti, troppi, piccoli borghi del nostro paese, con le case tirate su di sassi, appunto, e perciò Sassaia, brullo, roccioso, riarso.
Ne restano solo due di abitanti, vivono qui fuori dal mondo con sporadici e logistici rapporti con l’esterno, il vecchio Basilio, artista, restauratore ed imbianchino ad un tempo, ed il maestro Bruno, ancora giovane e già dannato, auto confinatosi per scelta ed autoflagellatosi per convinzione.
Un giorno a Sassaia, accompagnata dal proprio straordinario papà Riccardo, un uomo comune che è invece la quintessenza buona del concetto stesso di paternità responsabile, giunge anche Emilia Innocenti, e con lei tutto il codazzo in ricordi e racconti delle sue amiche, prima di tutti la sorella di dolore assoluto Marta Vargas, e poi Yasmina, Afifa, Myriam e tante altre ancora.
Ragazze, giovanissime, adolescenti, o appena maggiorenni, che per i casi della vita si portano dentro l’inferno. L’inferno ha tante facce, è un fuoco perenne, quindi ha tinte diverse e calore differente, può solo scottarti o carbonizzarti del tutto, dipende da dove sei situato, le lingue di fuoco hanno le sembianze fluttuanti di abusi, di pedofilia, di incesti, di sfruttamento di ogni tipo, di lutti materni mai metabolizzati, di bullismo, di indifferenza familiare e sociale.
Tutte cose che avvenute ad una certa età pesano, è sempre l’adolescenza che decide chi sei.
Senza adatti strumenti ed artigiani che ti insegnano ad usarli, non puoi lavorare la pietra, meno che mai l’acciaio, in sintesi allora il male che subisci ti appare sempre molto più grave di quello che fai. Servono mirabili ingegneri, usi a forgiare l’acciaio in strumenti, trarne anziché lame per ferire, utensili degni di insigni artisti. I veri protagonisti di questo romanzo restano sempre sullo sfondo, senza mai apparire, sono gli umili fabbri, maestri costruttori che rispondono ai nomi della dottoressa Gilda Pavulli in arte Frau Direktorin, delle educatrici Sara, Rita, Vilma, la Pandolfi, perché l’unica vera risposta è l’amore. L’amore è la cura, il solo che lascia traccia, che innalza vertiginosamente la temperatura di un pezzo freddo di acciaio, portandolo al punto di fusione, rendendolo incandescente, forgiandolo a forma di cuore, rosso come l’amore e non nero, così come è giusto che sia.

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Cuore nero 2024-05-02 07:11:26 marialetiziadorsi
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marialetiziadorsi Opinione inserita da marialetiziadorsi    02 Mag, 2024
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La vita dopo la colpa

“Ci sono buchi che non puoi riempire. Che resteranno lì per sempre, neri e profondi. Però, se vorrai, potrai costruirci una vita intorno.”

“Il male che subisci è molto meglio di quello che fai. Dal male che fai non c’è via d’uscita.”

Due solitudini, due desideri di annullarsi e scappare dal mondo anche se per motivi diversi, si incontrano, si trovano e vivono in modo disperato uno scampolo d’amore che sentono loro concesso. Il resto della trama è facilmente prevedibile, lo schema è semplicissimo e già molto visto.
Emilia e Bruno, l’una scappata dalla vita “normale” per un delitto commesso in gioventù dopo aver pagato i conti con la giustizia e una lunga permanenza nel carcere minorile, l’altro sopravvissuto ad un passato che lo fa sentire in colpa pur nell’innocenza, si trovano in un microscopico borgo piemontese, Sassaia, del quale sono gli unici abitanti insieme all’anziano Basilio.
Il loro desiderio è sparire, pur mantenendo un piccolo desiderio di rinascita che li aiuta a trovarsi su questo minimo comun denominatore.
Emilia ha il padre che le è sempre rimasto vicino nel dolore e che vorrebbe una vita nuova per la figlia: la sprona, la aiuta, la supporta e la comprende.
Bruno è il maestro del paese vicino. E’ completamente solo ed è dirimpettaio di Emilia a Sassaia.
Emilia e Bruno vivono una intensissima storia d’amore che fugge dalle spiegazioni che sono vietate tra i due, come se il loro passato non esistesse, soprattutto per Emilia. Alla fine Bruno cede e si racconta. Ma chi è davvero Emilia?
Lei non è pronta, troppo forte la paura di perderlo di fronte ad una verità terribile per la quale non si è probabilmente mai perdonata e che sente la segnerà per sempre. Eppure il padre, Riccardo, cerca di convincerla che la verità non va nascosta, e che occorre onestà per costruire un rapporto solido. Il debito è stato pagato, e occorre saper guardare avanti. Ma Emilia non riesce, troppo forti i fantasmi del passato.
Quello dei protagonisti però, di Emilia in particolare, è uno scappare dal passato che non ha lo scopo di ricostruirsi, ma ha l’obiettivo di nascondersi per negare se stessi. Serve davvero, ha un senso?
Ini questa avventura Emilia è aiutata da Marta, amica conosciuta in carcere, che la accoglierà quando Bruno, una volta scoperta la sua storia, la caccerà in malo modo. Le insegnerà che non bisogna vergognarsi del proprio passato.
Il romanzo alterna la prima persona di Emilia a quella di Bruno, parti della vicenda a lunghi stralci della vita in carcere di Emilia e del suo rapporto con la direttrice e con l’educatrice.
Il libro è sicuramente avvincente in alcune parti, seppure non in modo omogeneo, in particolare le parti nelle quelli racconta in passato ristagnano un po’. Ma la trama è scontata, piena di stereotipi e di luoghi comuni. Ne sono due esempi lampanti la storia (felicità, rottura, ritorno) e il personaggio di Emilia che risulta davvero molto, ma molto stereotipato, ed è un peccato. Ma davvero una ragazza che ha un delitto sul suo passato deve essere raffigurata come una macchietta? Davvero non era possibile un personaggio diverso? E poi perché mai Emilia, solo per il suo passato, deve parlare in quel modo, quasi da ritardata? Non esiste davvero una diversa possibilità di rappresentazione di un personaggio che potrebbe invece essere molto sfaccettato e ricco?
E poi il vecchio Basilio, il saggio ovviamente, Bruno con la lunga barba che, ovviamente, si taglierà quando si sentirà meglio. E’ davvero tutto in questi particolari il negare se stessi?
E ancora Marta, la migliore amica di Emilia, e la direttrice del carcere, che si spende tanto per far studiare le ragazze e, ovviamente, si commuoverà al rivederle libere. Tutto è scontato, ovvio, senza un guizzo di originalità.
E’ ben triste che si pensi al mondo del carcere solo in questo modo, soprattutto in un romanzo.
Il tema è importante e poteva essere trattato con una ben diversa profondità anziché scadere nei più vetusti cliché. Non c’è un personaggio che non risulti banale macchietta di se stesso, che non aiuti il lettore a fare un passo in più.
Possibile infine che non si pensi a nessuna diversa alternativa di redenzione se non quella delle solitudini che sole riescono ad unirsi?
Un vero peccato, un messaggio, quello che si fa passare, che davvero non pensavamo, oggi, di dover più sentire.

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Cuore nero 2024-04-29 14:29:17 barbara.g.76
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barbara.g.76 Opinione inserita da barbara.g.76    29 Aprile, 2024
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DUE ANIME, UN CUORE NERO

Emilia arriva a Sassaia il giorno dei morti. Ha trent'anni ma veste come un'adolescente: jeans strappati, scarponcini viola e giaccone verde fluo. Quando entra nel minuscolo borgo insieme al padre Riccardo, Bruno, uno dei due abitanti, traballa e il suo cuore sussulta. Lui lavora come maestro di scuola elementare, vive da solo dall'età di diciotto anni nella casa appartenuta alla sua famiglia e sembra evitare ogni contatto umano con il mondo esterno.
Quando si conoscono, Bruno riconosce negli occhi di Emilia un abisso simile al suo, ma di segno opposto. Entrambi hanno conosciuto il male : Bruno lo ha subito e si è chiuso nel suo guscio a Sassaia, Emilia lo ha commesso e ha pagato con quindici anni di carcere, ora vuole ricominciare proprio da qui.
Emilia cerca di tenere Bruno lontano dal suo passato, ma la verità è inevitabile e quando verrà a galla, lui dovrà fare i conti con la realtà dei fatti, dovrà capire e decidere di che parte stare: quella del dolore o quella dell'amore.
.
Ho conosciuto Silvia Avallone qualche anno fa. Durante il firma copie dopo la presentazione di "Da dove la vita è perfetta" mi aveva stupita la sua profonda empatia con ogni lettore: con ognuno di loro sorrideva, instaurava un dialogo, chiedeva riscontri ; così ha fatto anche con me.
A distanza di sei anni da quell'incontro, la ritrovo per la presentazione di Cuore Nero; stesso sorriso, stessa empatia, stessa voglia di presentare il suo romanzo. Un Romanzo che mi è entrato dentro, a cui ripenso tantissimo anche a distanza di giorni dalla lettura dell'ultima pagina.
La precisione dei dettagli riguardanti la permanenza di Emilia in carcere, deriva da incontri avvenuti con i ragazzi detenuti nell'istituto penale minorile di Bologna, un''esperienza, definita da lei stessa come "una delle più potenti della sua vita" .
Ciò le ha permesso di dare vita ai personaggi di Emilia e Marta, due donne che alla fine riescono, pur con percorsi molto diversi, a redimersi dai propri errori.
Cuore Nero, infatti, ci ricorda che tutti, perfino chi si è macchiato delle colpe più gravi può riscattarsi e avere una seconda possibilità.
Uno dei romanzi più potenti e significativi letti negli ultimi anni!
Consigliato col cuore!
Grazie Silvia Avallone!

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Acciaio
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Cuore nero 2024-03-24 09:07:11 evelyn73
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evelyn73 Opinione inserita da evelyn73    24 Marzo, 2024
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protagonisti indimenticabili

***spoiler***
Inizio a dire che dopo aver finito il libro, ho avuto una forte sensazione di nostalgia dei personaggi e delle loro vicende, nostalgia che dura ancora, dopo oltre una settimana.
Il racconto quindi a mio parere è bellissimo, denso, emozionante, profondo, che dona un messaggio di speranza: può esistere davvero un'altra possibilità per tutti, anche se è faticosissimo ricostruirsi, ritrovare un equilibrio, ridare un senso alla propria esistenza, accettare la pesante gravità di fatti commessi o accaduti. L'Autrice fa tutto ciò senza scadere nella banalità o nell'ovvietà, ma addentrandosi nelle dinamiche psicologiche degli splendidi protagonisti, Emilia e Bruno.
L'assillo del passato sempre pronto a divorare, la difficoltà di non saper gestire la libertà dopo anni di carcere, la fiducia nell'amore, il ruolo della cultura e dello studio quale possibilità di riscatto, i legami familiari interrotti, il rispetto dei tempi dell'altro, l'importanza delle persone che si incontrano durante il proprio cammino, le responsabilità di "un qualcosa d'altro", quando a commettere reati sono minori privati e violati in tutto, sin dalla prima infanzia. Questi sono solo alcuni dei temi trattati per voce di Emilia e Bruno, che ci accompagnano nelle loro sofferte storie facendoci riflettere sull'importanza di conoscere, di non giudicare, di provare a "incontrare" l'altro nelle sua dimensione più profonda. Loro ci parlano della fatica di lasciarsi alle spalle il passato, dell'impossibilità di cancellare l'orrore indicibile che ormai si è commesso o che è capitato. Ci raccontano dell'angoscia di non poter riparare, di non poter tornare indietro. Per fortuna l'essere umano cambia, è in perenne cammino, matura, cresce, ma il passato resta come un macigno, un marchio a fuoco che condiziona pesantemente. Al contempo però emerge l'incredibile forza dell'essere umano, che se trova accoglimento emotivo e comprensione può risollevarsi e ricominciare una nuova vita, trovando sollievo nel prendere atto del passato e - seppur a fatica - lasciarselo alle spalle.

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