Cuore di pietra
Letteratura italiana
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Il vero cuore di pietra
«Forse è un bene – si disse il nostro personaggio – che la vita umana abbia un termine, e che, quando abbiamo inio di sognar tutti i nostri sogni, arrivi una mano pietosa a toglierci da un'epoca che non è più la nostra epoca.»
Sebastiano Vassalli è un autore noto al grande pubblico per il suo panorama letterario e in particolare per “La chimera” e “Le due chiese”, opere queste che ne hanno consacrato il successo. Con “Cuore di pietra” l’autore pone in essere in primo luogo un ritratto del nostro vivere, del nostro tempo, della nostra storia. Non manca poi quel pessimismo esistenziale che tende sempre a caratterizzare i suoi componimenti.
Tra queste pagine ciò che più ci viene offerto è un focus che va dall’unità d’Italia sino a quasi i giorni nostri. Tante sono le voci che si intersecano e uniscono tra loro in un canto corale. Tutto ha inizio da una casa, un palazzo signorile sito in una località che presumiamo essere del Piemonte e che facilmente tendiamo a ricondurre a Novara.
È questo il teatro dove si susseguono i vari proprietari e dove assistiamo allo snocciolarsi, per loro voce, degli eventi storici che ci appartengono.
Tanto i personaggi quanto i luoghi sono tutti ben delineati e caratterizzati. Ed è questa una delle caratteristiche che maggiormente coinvolgono il lettore che, per mezzo di questa doviziosa ricostruzione, riporta alla luce e nella mente emozioni ed analisi diverse.
È un titolo che scorre leggero, rapido, senza difficoltà. Avvalorato da una penna magnetica che non fa rimpiangere le opere più famose e che accarezza il conoscitore con semplicità. Si tratta di un viaggio nel tempo, nel cuore della Storia, di un viaggio fatto di elementi di causa ed effetto che tornano alla luce e che inducono alla riflessione di quella ciclicità che si ripete e dalla quale fin troppo spesso sembriamo proprio non voler imparare.
Letto in occasione di uno degli incontri del gruppo di lettura della mia cittadina, una lettura davvero gradevole.
«Le grandi opere sono prodotte dal talento, quelle grandissime dal talento e dai tempi.»
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I mille volti degli italiani
“Cuore di pietra” è un gran bel romanzo all'interno della produzione letteraria di Sebastiano Vassalli, che non deve per nulla restare in second'ordine rispetto al più acclamato “La chimera”.
Il pretesto per raccontare il Novecento italiano è dato dalla costruzione di una casa signorile in un luogo non ben identificato ma di cui percepiamo una location piemontese e dalle piccole e grandi storie degli abitanti dell'immobile. I volti sono tanti, diversi tra loro, pittoreschi, pieni di vita, di sofferenza, di affanni, un microcosmo che vuole essere l'Italia intera, dall'uomo della porta accanto al professionista, dal nobile al popolano, dal soldato allo studente, stretti nel pugno ferreo dello scorrere del tempo, in un paese che nasce da un'unità che spezza la frammentazione e che deve sopportare guerre e distruzioni.
Le immagini schiette, talora crude e senza veli, di quest'Italia che nasce e cresce anno dopo anno, sono indimenticabili, i dolori e le amarezze sono palpabili e fanno male, le nubi basse di un destino avverso sono perennemente all'orizzonte, alimentando un filo costante di pessimismo.
Eppure le storie sembrano scappare dalla mano di un narratore e avvicinarsi a quelle di un documentarista, non per la freddezza della rappresentazione, bensì per il valore storico degli eventi che i protagonisti affrontano, per gli spaccati genuini di quotidianità, per l'accuratezza delle ricostruzioni e dei vocaboli utilizzati.
Vassalli ha fatto suo un modo eccelso di scrivere un romanzo storico e questo lavoro ne rende piena testimonianza, regalandoci un viaggio nel tempo fin nel cuore della Storia, per comprendere cause ed effetti degli eventi, perché il mondo di oggi è il frutto dell'evoluzione del passato.
Il passato non si cancella ma è terreno su cui nasce il presente ed il futuro.
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La vita di una casa dall’Unità d’Italia
“Gli uomini continuavano a nascere e morire, come dappertutto, e come dappertutto impiegavano la maggior parte del tempo che intercorre tra le due date fondamentali e forse uniche della loro esistenza, per trafficare tra di loro e per infastidirsi a vicenda; ma questa attività è assolutamente normale, in ogni epoca, e non ha mai fatto notizia”.
Di Sebastiano Vassalli ho già letto La chimera e Le due chiese, splendidi romanzi in cui l’autore a suo modo ripercorre la storia con l’occhio attento a un microcosmo, come a voler dire che i fatti eclatanti, gli avvenimenti, i personaggi di primo piano di determinati periodi sono il frutto esclusivo dei tempi e delle genti che vivono in quell’epoca. Ma su ogni cosa appare evidente che questi piccoli esseri fragili che si agitano, gli uomini, sono appena un soffio di vita che come si leva si spegne. Per gli uomini esiste il tempo, per gli dei no, che anzi si divertono a osservarci nei nostri inutili tentativi di dare scacco proprio a quel tempo che scorre inesorabilmente e che dimostra, una volta per tutte, che per noi non c’è speranza. Anche in Cuore di pietra è presente, forse in modo più marcato, questo pessimismo esistenziale, ma non incide sulla piacevolezza della lettura di un’opera che alcuni considerano minore nella produzione di Vassalli, ma che, secondo la mia opinione, è invece una delle migliori.
Il ritratto storico del nostro paese dall’unità fino quasi ai giorni nostri, per quanto affastellato di personaggi e di vicende, è quanto di meglio abbia letto sull’argomento in questi ultimi anni e il tutto parte da un punto fisso, da una cosa inanimata, quale è una casa, un palazzo signorile, eretto in una città della pianura, che non è difficile identificare in Novara, località di residenza dell’autore.
In questa abitazione si succedono proprietari e inquilini, appunto dall’unità d’italia fino quasi ai giorni nostri; è un palazzo gentilizio e come certa nobiltà con il tempo va decadendo e piano piano giunge a un limite di estremo degrado, tanto che si ha la sensazione che da un momento all’altro possa crollare, e invece è ancora lì, gli intonaci disfatti, il tetto che lascia passare acqua, gli infissi pressoché distrutti. Anche la casa, così ben descritta, ha un legame ben preciso con lo scrittore, perché si tratta di Villa Bossi, in cui ha vissuto a lungo, ora purtroppo mal ridotta, decrepita, ma che muove a tenerezza in chi lì ha maturato un periodo di esistenza, in un gioco della memoria che si intreccia con la Storia. Ed è appunto la Storia la vera protagonista, la Storia che non sconfigge il tempo, ma attrae nel ricordo i fatti, riporta l’eterna disfatta degli uomini nella loro illusoria lotta con il tempo, in cui le idee, gli sforzi, le passioni sono la rappresentazione di un’opera allestita sul palcoscenico della vita, per vincere la morte, inutile battaglia perché la commedia, pur variando i personaggi e le scene, ha sempre quella inevitabile conclusione. Il pessimismo, quindi, regna sovrano e viene spontaneo associarlo, soprattutto come fonte dello stesso, a quello leopardiano. E’ giusto, però, tener presente che non ci troviamo di fronte a un romanzo deprimente, perché è presente in Vassalli un’autoironia che snellisce il racconto, lo rende più facilmente assimilabile, quasi nascondendo quella malinconia di fondo che invece lo sorregge e lo anima. Ci si accorge di ciò lentamente, pagina dopo pagina, con indotte riflessioni sui numerosi protagonisti, fuochi fatui che si perdono nel turbine del tempo e che solo la parola scritta di un grande autore riesce a far uscire dal buio in cui sono precipitati.
Ma il romanzo ha anche un altro valore, per nulla indifferente, perché Vassalli ha saputo raccontare il Novecento con una straordinaria levità e con saggezza, così che alla fine del libro ci si accorge che ha scritto di noi italiani, di come eravamo, di come abbiamo percorso gli anni di questa nazione ancora giovane e di come siamo diventati, un autentico gioiello per comprendere l’attuale situazione, perché nella storia nulla appare d’improvviso, tutto ha un’origine, ogni cosa ha un suo motivo.
Cuore di pietra è un romanzo di grande bellezza e pertanto la lettura è senz’altro raccomandabile.
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La chimera, di Sebastiano Vassalli
Una protagonista dal cuore di pietra
“Cuore di pietra” è il secondo libro che leggo di Vassalli e, devo dire, l’ho affrontato con un po’ di timore. Suo è anche il ben noto “La chimera”, romanzo stupendo ma straziante. Era per questo motivo, perché avevo paura che anche questo suo libro mi scuotesse l’anima, che ho aspettato del tempo prima di leggerlo. Già il titolo faceva presagire il peggio, mi immaginavo una donna rigida e senza sentimenti.
Ebbene, mi sbagliavo.
Certo, resta il Vassalli che racconta un periodo storico dell’Italia aggiungendo a piene mani dalle fonti storiche, così come resta la (splendida) abitudine di raccontare tali fatti attraverso gli occhi di protagonisti i cui nomi non sono riportati nei libri di storia.
Ma è scomparsa quell’aria straziante che tanto mi aveva colpito ne “La chimera”. Chiariamoci subito: uno dei personaggi principali, colei che ha il cuore di pietra, è una casa, una casa che, quando fu costruita, era enorme. È ovvio, a ben pensarci, che il suo cuore non potesse che essere fatto di pietra.
Di primo acchito, “Cuore di pietra” pare un libro leggero, ma, poi, a guardarlo bene, non è affatto così. È come un dipinto, anzi: una serie di dipinti. L’artista Vassalli tratteggia linee di colori vivi e chiari, ma ciò che narra con la sua arte sono spesso episodi che lasciano l’amaro in bocca.
L’intera storia si svolge nell’arco di numerosi decenni e Vassalli in ogni capitolo si concentra su un determinato periodo storico, della durata di massimo quattro-cinque anni. È quindi chiaro che l’attenzione si sposta, capitolo dopo capitolo, sempre su pochi personaggi centrali. Questi si alternano, muoiono, vengono sostituiti da altri personaggi che rincontreremo oppure di cui mai più sapremo la sorte. Vi è un unico personaggio sempre presente: la Casa, silenziosa coprotagonista, fil rouge di tutta la narrazione.
Vassalli se la prende un po’ con tutti: coi socialisti, coi fascisti, con gli artisti e con gli uomini di affari. Ma non giudica, semai suggerisce una suo opinione, ma mai in modo trasparente. Non leggerete storie di eroi, in questo libro, ma storie di esseri umani che vivono in una città di cui il nome non verrà mai svelato con certezza al lettore. Son esseri umani normali, che siano avvocati, che siano politici, ma anche portinai e tipografi. Hanno pregi e virtù, ma anche difetti. Commettono atti che fanno storcere il naso, ma anche gesti che ci riempiono di gioia. Esseri umani, appunto, non infallibili, ma veri, come tutti noi. E la loro storia si intreccia con la Storia e, attraverso le loro vite, noi lettori veniamo trascinati in questa cavalcata attraverso il tempo, in cui anche un decennio può passare tra un capitolo e l’altro.
Un bel libro, che scorre leggero, un libro di cui si può anche leggere un capitolo a distanza di giorni da quello precedente, senza che la magia venga intaccata. Perché a Vassalli bastano le prime due righe di qualsiasi capitolo per riportare il lettore ad osservare la storia di questi personaggi la cui vita trascorre sotto gli occhi di una coprotagonista dal cuore di pietra.