Cronaca di lei
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Lei, Lui, loro.
«La ragazza allora si copre un occhio, e copre il suo. Mi vedi? Si»
Lui è Milo, “One Way”, Montero, un pugile fortemente indebolito da un intervento invasivo ad un occhio; intervento a seguito del quale ha perso lo sprint, il coraggio, l’energia, ha perso la tenacia di (e per) combattere. Eppure, quel soprannome, non è mai stato casuale. Egli era “One Way” perché non arretrava mai, al massimo poteva fare un passo indietro per saltare addosso e far male, per far sentire che c’era, perché c’era (e c’è) solo la strada dell’andare avanti, mai all’indietro. E lui, piuttosto che intraprenderla questa seconda via, era disposto a tornare nello spogliatoio senza grugno. Era, ma è ancora “One way”, deve solo ricordarlo, deve solo volerlo ricordare.
Lei è una modella, di dubbia moralità, disposta a scendere a compromessi, ove necessario, che non resiste alla chiamata di Montero. Irene, la sorella di quest’ultimo, ha un unico obiettivo ed interesse: LA TUTELA DEL PATRIMONIO E DELLA RICCHEZZA CONSEGUITA GRAZIE ALLE VITTORIE SUL RING. Affinché la posizione di agio e privilegio sia mantenuta, è disposta a tutto. Non manca, a tal proposito, di farlo presente a Lei. Non manca, a tal proposito, da farlo presente a lui. E’ essenziale che torni a combattere e a schiacciare i suoi nemici, così come che accetti di collaborare alla stesura della sua biografia. Compito, quest’ultimo, che è affidato a, Leo Ruffo, giornalista/scrittore, omosessuale, in attesa dello scoop che gli consenta nuovamente di “cavalcare l’onda”.
Sullo sfondo, giochi di potere, ostentazioni di ricchezza, droga, sesso, alcool, tatuaggi e LA VENDETTA. Eh sì, perché in un mondo quale quello descritto e delineato dalla penna di Mari, non poteva mancare questo carattere. Perché si sa, c’è sempre un qualche motivo che può indurla e se questo è determinato dall’aver violato l’integrità di una persona esterna alle vicende, non vi si può passare sopra, occorre necessariamente ricorrervi per ottenere giustizia, per avere redenzione dalla colpa indiretta.
Ovviamente, ad ogni azione corrisponde una reazione, che, anche in questo caso, non mancherà a tardare. Ma quale strada intraprenderanno i protagonisti? E Leo Ruffo, che è chiamato come il lettore ad osservare le vicende del clan, che è investito della veste di confidente e testimone, da quale parte deciderà di stare? Da quella di Irene? Da quella di Lei? Da quella di Montero?
Attraverso la scelta di un linguaggio rude, scarsamente fluente e caratterizzato da periodi brevi composti da termini poco eruditi che spesso confluiscono in volgarità sia sintattiche che contenutive, l’autore dà vita ad una storia che non può essere che definita spietata perché da nulla risparmia e da nulla esenta il lettore. Questo passa da stati di disturbo, a fasi di consapevolezza, a fasi di quasi abbandono, a fasi di auto-interrogazione sulla finalità del componimento, a constatazioni del caso. Perché è vero che il libro arriva, ma poteva essere raggiunto il risultato anche con meno, soprattutto in considerazione della relativa originalità della trama (che può sostanziarsi nella narrazione delle vicende del classico “pugile perduto” e della modella “sfruttata” e di poi in cerca di rivalsa, personaggi attorno ai quali si insinuano i consueti riti dei potenti) e della presunta sfera filosofica/meditativa che si vuol introdurre mediante lo strumento del vedo/non vedo ricollegato all’occhio sano/malato.
La conseguenza di questa mia personalissima impressione è che, o si entra subito in simbiosi con l’elaborato, o al contrario, se ne resta assolutamente indifferenti, faticando, non poco, ad andare avanti.
Ultima nota, non guasterebbe una revisioncina all’editor. Nel testo sono presenti errori evitabili con una più accurata analisi.
«E’ il fatto di vedere, insomma, e prima dell’intervento non ci avevo mai pensato. Ma quando sono tornato sul ring per quel match di beneficenza l’ho capito. Sono diventato campione europeo e mondiale senza vedere bene i colpi che mi tiravano. Semmai li sentivo. Gli ultimi che ho visto bene sono quelli che ho dovuto prendermi per vincere il titolo italiano tanti anni fa. Invece dopo gli interventi ho ricominciato a vederli benissimo. Vedo la velocità e il peso che si portano dietro, la forza del mio avversario e il resto, tutto quanto. Non c’ero più abituato. E’ stato come svegliarsi dopo una lunga notte da sonnambulo. Ma alla fine andiamo tutti incontro alle cose.» p. 91-92
Indicazioni utili
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