Cosa sognano i pesci rossi
Letteratura italiana
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Pesce rosso e camice verde
Pierluigi Tunesi è un dirigente di successo che scopre di avere un tumore in fase avanzata, la diagnosi è senza speranza ma un ambizioso medico gli prospetta la possibilità di essere operato e guarire.
Purtroppo l'intervento ha esito pessimo e Pierluigi si ritrova ricoverato nel reparto di terapia intensiva di un non meglio precisato ospedale.
Pierluigi diventa come un pesce rosso, nel microcosmo del reparto di terapia intensiva, attaccato al respiratore per rimanere in vita ma piuttosto lucido e cosciente per quanto la situazione glielo permetta.
A questo punto si alterna il racconto a due voci del paziente (pesce rosso) e del medico (camice verde) che più di tutti segue l'evolversi della degenza, il dottor Gaboardi, un
dottore scrupoloso ma realista e parecchio disilluso in merito all'inevitabile esito infausto della prognosi del paziente .
Ogni giorno porta con sè un nuovo carico di speranze e dolore , di piccole conquiste e inevitabili speranze da parte di Tunesi, mentre per il dottore le giornate sembrano tutte uguali, ormai assuefatto ai ritmi dell'unità di terapia intensiva dove l'imprevisto più tragico è qualcosa che ti devi aspettare.
Interessante la parte realtiva alla critica del medico verso certi vizi della professione medica, non esente al pari di molte altre, da pedanterie, arrivismo, ambizione, false speranze propinate ai pazienti, ma anche di chi ancora riesce a dimostrare dedizione e amore per il proprio lavoro.
Quello di Venturino non è un saggio ma un'opera di narrativa, con tutte le limitazioni del caso e il rischio di essere superficiali (per esempio i familiari del protagonista
sono ai margini, ), non entra nel dibattito sul fine vita, anche se il punto di vista
del medico ad un certo punto affiora, perchè comunque in tutto il libro nello sfortunato protagonista non viene mai a mancare la speranza di uscire da quella degenza,
di tornare alla sua vita di prima , in qualche modo , a dispetto della situazione disperata, di alzarsi con le proprie gambe da quel letto dal quale la sua percezione
delle cose al di fuori e della propria condizione effettiva è limitata e distorta.
Non è un libro che mi è piaciuto nell'accezione positiva del termine, mi ha colpito, ferito, angosciato, probabilmente era il meglio che potessi aspettarmi, non c'è la pretesa di dare risposte assolute su questioni etiche, apre uno squarcio su una realtà di dolore e speranze dove ognuno porta la sua croce sia tra i pazienti che tra i medici.
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L’acquario della terapia intensiva
Pierluigi Tunesi ha quarantacinque anni, è amministratore di una multinazionale, ha una moglie che lo ama, una figlia adolescente, e fa parte della Milano benestante. Luca Gaboardi ha la stessa età di Pierluigi e una vita personale insoddisfacente: si è separato dalla moglie, non ha figli, esercita la professione medica senza troppo entusiasmo, senza troppi riconoscimenti e con spirito critico nei confronti dell’ipocrisia del mondo ospedaliero.
I destini di questi due uomini si incrociano quando Pierluigi – a seguito di un tumore in fase metastatica e per una complicanza post operatoria – finisce nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale milanese dove Luca lavora come anestesista.
Con il ritmo di un’alternanza narrativa assai serrata, Pierluigi e Luca raccontano la loro storia individuale e la loro vicenda comune da due punti di vista differenti, ma talvolta convergenti.
Molto toccanti sono pensieri e sensazioni di Pierluigi, che giace immobilizzato nel suo letto e non può parlare, mentre assiste al dissolversi della sua vita nelle emozioni, speranze e disillusioni – anche dei congiunti - che attraversano l’acquario della terapia intensiva: un contenitore vitreo nel quale si sente un pesce rosso. Non fosse che il pesce rosso almeno nuota, mentre il paziente è incatenato a “una serie di cavi e tubi che lo attaccano all’esistenza come i fili di una orribile marionetta”.
Intorno alla tragedia della fase terminale della malattia, si svolge la pantomima del potere che, attraverso Luca, l’autore condanna e rappresenta in modo impietoso: mentre la vita di Pierluigi precipita giorno dopo giorno, alcuni colleghi di Luca non perdono occasione per trasformare il lavoro in una gara di opportunismo e di carriera, incuranti di sentimenti e drammi che i malati patiscono.
Venturino concede tuttavia un pertugio alla speranza, disegnando la complicità che lega i due coetanei. Una complicità che si nutre di sguardi, nei quali si leggono incoraggiamento da un lato; paura, disperazione, richiesta di soccorso dall’altro.
Un testo per riflettere sui valori della vita e sulla durezza della lotta che talvolta la vita stessa riserva.
Un romanzo decisamente controindicato per gli ipocondriaci. O per chi ha avuto un’esperienza - diretta o per il tramite di una persona amata - della terapia intensiva. E non vuole riviverla neppure nell’immaginazione letteraria.
Bruno Elpis
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Toccante
Ho trovato piacevole e toccante la lettura di questo libro. Avevo vissuto indirettamente una esperienza di Terapia intensiva, e temevo di soffrire troppo nell'affrontare la lettura di questo testo. L'autore affronta invece il tema della morte annunciata in modo umano e serio, ma con uno stile ed un linguaggio chiaro e scorrevole, che lo rende senz'altro più "accettabile" e, in un alcuni momenti, persino divertente. Mi ha aiutato a superare i "fantasmi" del pasato.
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L’inquilino del letto n 7.
Sono in difficoltà nell’esprimermi su questo libro. Non mi è piaciuto.
Se è interessante la narrazione che alterna il punto di vista del paziente e del medico, dunque questa scelta di modalità del racconto, il resto mi lascia fredda e perplessa.
Anche la rappresentazione, da un lato del cinico mondo ospedaliero, fatto di gelosie, indifferenza, carriera e invece di affetto e solidarietà, di missione dall’altro è, nel modo di raccontare, così banalmente semplice, quasi affrettato direi.
Superficiale, ecco l’aggettivo che più mi viene in mente.
Io che a questi temi sono molto sensibile, mi aspettavo qualcosa di completamente diverso. Forse fatti e storie realmente accaduti? Dove i pensieri espressi erano davvero i pensieri pensati dal malato? Forse si.
Voglio conoscere le testimonianze vere. Come quelle di Beppino Englaro opp di Mina Welby.
Non mi interessa, anzi trovo assurdo che chi scrive, si arroghi il diritto di sapere cosa il paziente tracheotomizzato pensi in quella terribile situazione. Oppure questa riportata nel libro è una testimonianza vera, precisa, di un paziente che lo scrittore ha incontrato nel suo lavoro in ospedale? E se si, perché non lo ha specificato chiaramente? Perché, nel parlare per conto del paziente, nell’attribuirgli pensieri di un certo tipo, viene fatta una scelta ben chiara in tal senso. E questo non mi piace.
Cosa tu, Marco Venturino, pensi di sapere loro pensino, non mi interessa. Con tutto il rispetto per ciò che tu pensi ovviamente, e per il lavoro che svolgi. Questo è fuori questione.
Inoltre si legge facilmente, aiutato dalla leggerezza del tono, e anche questo lo giudico negativamente.
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Un libro educativo
Primo romanzo per Marco Venturino, direttore della divisione di anestesia e rianimazione dell'Istituto europeo di oncologia di Milano. E chi meglio di lui poteva scrivere un libro basato sulla sofferenza dei malati e sull'indifferenza dei medici?
In ospedale convivono due tipi di persone differenti: i malati e tutti gli operatori sanitari. Venturino con questa sua opera ci porta alla luce tutti gli aspetti e tutte le relazioni che appartengono a questo mondo, che non tutti conoscono.
Il romanzo infatti alterna due narrazioni, quella del medico e quella del malato ricoverato in rianimazione (che secondo me è la parte più interessente e meglio riuscita del lbro).
Quest'ultimo si trova in una situazione per la quale gli è impossibile comunicare con il mondo esterno: non può parlare, non può gesticolare, non può indicare..può solo ascoltare, ascoltare e ascoltare.. E questo non è affatto piacevole, soprattutto se chi ti circonda non tiene in considerazione la possibilità che tu possa sentirli e che quindi si comporta come se non ci fossi.
Quest'anno ho iniziato a lavorare in ospedale come studente infermiera e aver letto questo libro mi ha insegnato tanto e sopratutto mi è stato da guida su come comportarmi difronte ad alcune esperienze. Perchè la realtà spesso è così, nuda e cruda, non come la si descrive nei film.. Molti ospedali non offrono moderne tecnologie mirate allo sviluppo della comunicazione di questi pazienti come lavagne, computer.. Tutto ciò che hanno per comunicare è il loro sguardo, nei migliori dei casi!
Personalmente ringrazio Venturino per questa sua opera che mi ha aperto gli occhi, mi ha insegnato ad avere rispetto dell'altro in qualsiasi situazione esso si trovi, mi ha fatto capire che dentro un corpo che a noi può sembrare inespressivo o morto c'è invece l'anima di quella persona, che va quindi trattata con la giusta considerazione e il giusto rispetto. Penso che questo libro possa essere un'importante guida per tutti gli operatori sanitari (che purtroppo spesso si dimenticano che il paziente non è un cliente, un oggetto.. ma una persona!!) ma anche per tutte le altre persone. Potrebbe capitare a chiunque infatti di trovarsi in una situazione simile, con un parente o un conoscente nella situazione del protagonista di "cosa sognano i pesci rossi" ed è necessario sapere che l'altro può sentire e capire cosa diciamo.
Quindi lettura assolutamente consigliata, sia per la trama che è molto educativa sia per lo stile che è molto scorrevole semplice.
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la leggerezza del mistero della vita e della morte
Ho perso mio padre non molto tempo fa. Ha trascorso venti giorni in Terapia intensiva prima di morire. Leggendo il libro mi è sembrato di vedere "dietro le quinte" tutto ciò che semplicemente immaginavo, al limite "annusavo", succedesse nelle 23 ore su 24 in cui non potevo "colloquiare" (con lo sguardo e il tatto) con lui. Dolore, emozioni, vita e morte sono narrati con, scusate l'ossimoro, profonda leggerezza. I due protagonisti sono eccezionali nel mostrare ansie e paure del genere umano. Gran libro.
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STORIA DI UN AMORE PER LA VITA
Sono infermiera e ho ritrovato in pieno in questo libro l'ambiente, a me così familiare, ad altri così estraneo, dell'ospedale. A me ha calzato a pennello ma comprendo chi, non lavorando in ambiente sanitario, possa rimanere sconcertato e sgomento. La quotidianità in ospedale è fatta di santi e di peccatori, talora sotto lo stesso camice... Ma quanto amore e dedizione traspare dalle parole di Venturino: chi lavora a contatto con la malattia e la morte ha un rapporto di amore e odio. Amore inestinguibile e odio perchè ogni giorno ti arriva in faccia la tua incapacità, la tua pochezza. Ma non puoi dimetterti da te stessa.
http://ritabettaglio.wordpress.com
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COSA SOGNANO I PESCI ROSSI
Credo che comprerò alcune copie di questo libro che regalerò, nel prossimo futuro, a parenti e amici con la speranza che possano far capire anche loro i messaggi che questo libro, scritto in modo originale e finito in modo non banale, ci trasmette e possa far riflettere ad ognuno di loro sulla vita e sulla morte.
L'angoscia che mi ha lascia il libro m'impedisce di mettere 5 nella valutazione "Piacevolezza" (come può essere "piacevole" l'angoscia?)
La mia, comunque, non è una diminuzione alla stima che l'autore merita per questa opera.
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cosa sognano i pesci rossi
Favoloso. Per chi è nel campo è come rivivere la qutidianità, con le sue difficoltà, amarezze, paure, ma anche con tante soddisfazioni. Per chi fa il lavoro del medico con umanità e si prende a cuore i propri pazienti e vive con loro la malattia in tutti i suoi aspetti. Consigliato ai Colleghi che hanno perso di vista il paziente come persona e lo curano solo come una macchina rotta. Consigliato a coloro che ancora si pongono il problema di come curare, di quanto spingersi con le terapie, sapendosi arrestare prima che divengano accanimento, capendo quando si sta aiutando un paziente e quando si sta solo prolungando un'agonia tra inimmaginabili sofferenza fisiche e psicologiche. Consigliato a coloro che hanno ancora voglia di sedersi ad ascoltare un pesce rosso che vuole comunicarci le sue emozioni.
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Sembra scritto sulla mia esperienza in Rianimazion
Innanzitutto complimenti Dott. Venturino,questo suo scritto mi è stato consigliato da un suo caro amico anestesista responsabile della rianimazione del S. Gerardo di Monza.
La veridicità della storia è così palese che rende piacevole ed appassionante la lettura e,chi come me, è passato in quel reparto riesce ancorpiù ad immedesimarsi ed a riconoscersi nella cruda verità della storia e a cogliere l'indifferenza e l'umanità che distinguono le persone.
Mi permetto di consigliare a tutti questo piacevole libro sperando che ogni lettore conosca la "Rianimazione" solo e soltanto attraverso esso.
Alberto