Narrativa italiana Romanzi Coordinate d'Oriente
 

Coordinate d'Oriente Coordinate d'Oriente

Coordinate d'Oriente

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La ragazza dell'albergo accanto a Malpensa guarda partire, e non parte; del mondo intorno coglie solo frammenti di vite vissute altrove, vite che non sono la sua. E di Pietro Fogliatti scorge due istanti decisivi. La fine della sua storia con Francesca, il grande amore, ormai consumato dal dolore per la perdita di una figlia non sua, per lui più di una figlia. E un nuovo inizio: destinazione Shanghai, opposta all'Occidente nelle parole e nei fatti. Per Pietro è l'unico modo per liberarsi del passato, ma è anche una sfida: misurarsi con un paese dove i contrasti sono infiniti ma non esplodono mai. Ed è a questo punto che conosce Yin, una donna che ha vissuto e perduto come lui, una madre, il contenitore vuoto di un amore che nessuno è più in attesa di ricevere. E negli occhi di questa donna, lontana ma anche vicina, Pietro si perde.



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Coordinate d'Oriente 2017-05-15 21:23:12 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    15 Mag, 2017
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Ognuno ha bisogno di raccontare e di raccontarsi

"Ognuno ha bisogno di raccontare e di essere raccontato".
Questa frase che chiude il romanzo di Perissinotto ne rappresenta anche la chiave di lettura: Coordinate d'Oriente è il racconto di una storia che ha come protagonista Pietro Fogliatti, ingegnere ed imprenditore torinese.
Chi ce la descrive è un professore universitario che l'ha scoperta per caso, sfogliando i compiti consegnati dai suoi studenti con l'obiettivo di intervistare qualcuno con un'esperienza lavorativa interessante da raccontare.
E ne rimane affascinato perchè è una storia esemplare, positiva pur nella sua drammaticità, la rivalsa di un uomo che ha saputo reagire ad un destino beffardo che lo ha privato del suo bene più prezioso offrendogli però la possibilità di trasformare quella perdita nella realizzazione di un sogno, un Grande Sogno, quasi un'utopia.
Una storia ricca di insegnamenti e di umanità, un'umanità variegata e poliedrica come quella che popola le strade e gli edifici di Shangai dove Pietro Fogliatti si trasferisce per concretizzare il suo sogno che non è solo frutto di un'ambizione personale ma un tentativo di riscatto, di rinascita, la volontà di una svolta radicale nella sua vita.
E il professore non può fare a meno di rivivere in prima persona quel racconto, seguendo le tracce di Pietro lasciate nel compito della sua allieva, le coordinate geografiche e temporali che rappresentano punti precisi nella mappa della sua vita, quasi fosse una caccia al tesoro in cui ogni indizio scoperto, ogni coordinata raggiunta consente di avvicinarsi alla verità.

Una verità tanto bella da sembrare quasi straordinaria, impossibile:
"Se sono qui, a cercare quell'uomo, è perchè quando ti raccontano una storia, la sola cosa che ti interessa veramente è sapere come va a finire. Poi però si aggiunge un tarlo diverso, una strana frenesia di sapere quanto ci sia di vero in tutto quello che ti hanno detto. E' quella frenesia che mi trascina qui, in Cina."

Poco conta se Pietro Fogliatti sia un personaggio di fantasia, la finzione diventa per l'autore solo il mezzo per veicolare messaggi forti e che spaziano su più fronti, sia quello più ampio della denuncia sociale sia quello che coinvolge la sfera emotiva del singolo individuo: l'accusa per niente velata contro l'imprenditoria spregiudicata, contro la classe dirigenziale che schiaccia i diritti dei lavoratori sotto i piedi del dio profitto; lo sconcerto alla vista degli operai bambini nelle fabbriche di Shangai e l'impotenza dinanzi al lento ma inesorabile incedere del cancro ai polmoni del padre, divenuti ricettacolo di polveri velenose dopo anni di lavoro come verniciatore presso l'IPCA di Torino.
Quella fabbrica, colpevole della morte di molti operai costretti a lavorare in condizioni disumane ed in totale assenza di protezioni fisiche, non solo ha privato Pietro del padre quando lui era ancora ragazzo ma lo ha anche derubato dei gesti, dell'amore e della dedizione che un padre dovrebbe avere verso un figlio:
"E se il risentimento si era nutrito di tutti gli atti mancati del padre, il senso di colpa, bulicamente, si alimentava di ogni gesto che Pietro aveva negato a suo padre, degli abbracci, dei 'come stai?', dei 'vuoi che mi sieda vicino a te?' che non c'erano mai stati".
Ma se la perdita prematura del padre ha lasciato Pietro con il senso di colpa per non aver saputo rafforzare il suo rapporto con lui quando ancora poteva, ben più straziante e destabilizzante sarà un'altra perdita, indescrivibile a parole, perchè solo chi la subisce può capire quanto possa far male, lacerando corpo ed anima. Un dolore così forte e totalizzante che crea un vuoto intorno perchè tutti, anche le persone prima più vicine, diventano quasi estranei, incapaci di comprendere a fondo quella sofferenza.
La vendetta, l'odio cieco e senza tentennamenti verso chi ha causato, seppure indirettamente, quel dolore sembra l'unico sentimento in grado di dare un senso alla vita di Pietro, l'unico appiglio per non sprofondare nell'abisso.
Almeno sin quando tra le strade di Shangai che sembra costruita sul set cinematografico di Blade Runner, 'la pioggia, gli ombrelli, il cibo per strada, gli schermi giganti', non incontra lei, Jin, una 'donna cinese figlia di altri tempi', colpita dallo stesso dolore e tormento per una perdita incolmabile.
L'amore, il legame che nascerà tra loro, diventerà più forte del loro solitario egoismo, il silenzio del loro cuore colmo di odio verrà poco alla volta disperso dalle note di una musica che suona solo per loro.
"Uno alle volte crede che la felicità consista proprio nel realizzarsi dei desideri e non capisce quanto sia molto più piacevole il desiderare stesso".

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