Con le peggiori intenzioni
Letteratura italiana
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 3
Un terribile brogliaccio?
Questo è il mio primo libro di Piperno e mi ci sono avvicinata semplicemente per la mia passione per Proust. Avrei potuto farne a meno e cominciare dai suoi saggi critici…? A leggere le stroncature che si trovano in giro nelle varie communities di lettori, in cui fortunatamente mi sono imbattuta solo a lettura terminata, si direbbe che ho sbagliato.
In realtà, no. A me è piaciuto e lo sbandiero senza reticenze.
Tuttavia mi chiedo: ma com’è possibile che in Italia osanniamo sempre autori stranieri, considerandoli gli iniziatori di tutti i generi possibili, modelli da non imitare altrimenti diventiamo le “brutte copie” di Roth, Nabokov eccetera e poi, quando troviamo uno scrittore nostrano, uno scrittore italiano vero, lo stronchiamo senza pietà.
Qual è la causa?
Una caratteristica congenita della nostra italianità o…semplicemente l’invidia? Perché Piperno ne ha ben donde per essere invidiato: scrive benissimo, è direttore dei Meridiani Mondadori, accademico ha scritto saggi su Proust e questo libro ha vinto il Campiello Opera Prima.
Scrive meravigliosamente, soprattutto questo.
Nemo propheta in patria.
Per fortuna lo scrittore non si è fermato a “Con le peggiori intenzioni”, il suo romanzo d’esordio, un esordio leggermente maturo, a trentadue anni. Lo stesso autore in una intervista televisiva sostiene che questo libro iniziale sia “un terribile brogliaccio”, esagerato, pieno di imperfezioni. Ci saranno queste imperfezioni: sicuramente quelli che amano Roth, i grandi nomi dei postmodernisti americani e altri autori che non ho ancora letto (Philip Roth grande assente nella mia libreria, ma recupererò) li avranno trovati tutti (ma senza spiegarlo nelle loro recensioni)perché …l’archetipo è insuperabile.
Ma ne siamo sicuri?
Oppure quando uno mostra e sa mostrare la propria virtù linguistica e letteraria dà fastidio?
Non sono solita fare queste lunghe dichiarazioni, ma trovare stroncature così nette e, soprattutto così numerose su anobii, mi ha fatta infuriare, perché non riesco a capirne la causa. È vero che in amore come nelle letture sui gusti non si discute, ma non è onesto stroncare un autore in due righe.
Io ho amato la scrittura più della storia, che pure mi ha dilettato, mi ha fatto riflettere e anche sorridere, tante volte. Per una penna così si perdonano tante cose e non oso immaginare che libri meravigliosi abbia scritto in seguito.
“Con le peggiori intenzioni” è la storia della famiglia Sonnino, di origini ebraiche, (anche l’autore si definisce “mezzosangue”) appartenente all’alta borghesia romana, a partire dall’ esuberante, donnaiolo inguaribile ed uomo di successo Bepy e terminando con lo sfigato, timido, malinconico Daniel, nemesi e voce narrante, personaggio interno alla storia: entrambi conquistano indubbiamente le simpatie del lettore, nonostante le enormi differenze che intercorrono tra le loro storie e il loro temperamento.
Interessante lo sfondo della Roma bene, le feste coi lustrini che riempiono di scandali le riviste patinate, l’ebraismo contemporaneo e le allusioni all’Olocausto, piccola ombra che ogni tanto trapela dalle pagine
“Bepy e Ada si sentivano in credito. Ecco tutto. Solitamente la gente che ha rischiato la pelle sviluppa, in seguito al trauma, una circospezione travestita da incubo notturno o da diurno presentimento. Ecco, invece, i Sonnino attribuirsi una speciale immunità plenaria, sorretta da una parte dalla convinzione che chi ha avuto il fegato di traversare una così enorme sciagura sia attrezzato al superamento delle successive di sicura minore entità, dall’altra dalla consapevolezza del diritto al risarcimento, garantito da qualsiasi religione monoteistica e da ogni giurisprudenza liberale”.
Forse un po’ per questo “sentirsi a credito”, un po’ per la naturale propensione alla bella vita (e alle donne giovanissime e belle), lo scialo del denaro nella famiglia di Bepy non porta sensi di colpa.
Ho avuto qualche difficoltà all’inizio a destreggiarmi coi nomi dei componenti della famiglia del protagonista e i personaggi che ruotano intorno a lui: i nonni, i genitori, suo fratello, lo zio gay che torna a Gerusalemme e scopre di avere un cancro , Gaia, la ragazza di cui è innamorato, che lo considera solo un caro amico e nulla di più, il fratello ubriacone e depresso di lei, il suo migliore amico, Davide, Nanni Cittadini che fa della sua somiglianza con una statua nel giardino della sua villa il pretesto per vantare origini illustri….di tutti c’è la storia familiare e probabilmente qualche piccolo taglio sarebbe stato opportuno. Tuttavia ho letto il libro con immenso godimento, l’ironia, la bravura nel narrare e nel descrivere fanno di questo esordio una promessa della nostra letteratura, la speranza che il mercato editoriale possa fare un salto di qualità.
Indicazioni utili
Se non la buttasse in caciara
Lettura piacevole, umorismo all'altezza di Roth, personaggi godibilissimi. Piperno avrebbe tutte le potenzialità per essere il più grande scrittore italiano vivente. Peccato sciupi a volte il suo talento per colpa di un desiderio spasmodico di esagerare e per colpa di una voglia quasi irrefrenabile di strizzare l'occhiolino a un lettore entusiasta. Si direbbe che tema di annoiare, temi la seriosità, perciò "la butta in caciara". Probabilmente il limite di Piperno è un limite, per così dire, dannunziano. Vorrebbe tenere sempre alta l'ammirazione del lettore verso la propria arguzia, il proprio virtuosismo. Ma così la struttura si disgrega. E quello che potrebbe essere un capolavoro si degrada in un libro godibilissimo ma pieno di difetti.
Indicazioni utili
Odio e amore
Devo dire,che è proprio “Con le peggiori intenzioni” che ho dato inizio alla lettura di questo libro,dopo aver letto i commenti e le recensioni dei lettori,commenti per la maggior parte oltremisura negativi e con sole poche voci di apprezzamento per lo piu’ fuori dal coro. Inaspettatamente mi sono trovata ,invece,trasportata,in uno dei libri piu’ ben scritti ed originali che io abbia letto ultimamente. Un romanzo,che racconta la sagra dei Sonnino ebrei della ricca borghesia romana,dagli anni ’60 fin quasi ai nostri giorni,che mi ha avvinto e trascinato,con la sua prosa ridondante e sofisticata, la sua esuberanza stilistica,la sua sofisticatissima aggettività .La sagra della paura,della vergogna ,di un epico nichilismo che tende all’annientamento o alla drastica svalutazione della realtà o di ampie parti di questa. In questa potenza di parole,prendono forma personaggi estremamente vivi ed eviscerati fino all’estremo, ognuno di essi ben plasmato e delineato dallo sguardo e dalla minuziosa elaborazione dell’IO narrante,in una sorta di scrupolosa ed accurata psicanalisi ed autoanalisi continua ed efficace per la comprensione dell’intima essenzialità di ognuno di essi.
Un libro che vale la pena di leggere,in quanto “caso letterario del momento”,per vedere,se non altro da che parte si sta: c’è li lo stronca e c’è chi lo ama incondizionatamente. Io sono tra questi ultimi,anche se posso capire le opinioni contrarie alla mia e giustificare il non gradimento di chi, non avvezzo all’abuso avverbiale ed aggettivistico,alla traslazione metaforica, al narcisismo espressionistico e alla intrinseca ed assoluta analisi dell’indole umana,si è perso nei meandri di pensiero ed intreccio,non riuscendo a ritrovare la strada dell’interesse per il contenuto. Un libro che lascia sicuramente il segno di un totale accoglimento o di un “apotropaico”(Aggettivo piperniano dall’autore molto amato ed usato) rifiuto.