Collodoro Collodoro

Collodoro

Letteratura italiana

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Ne ha sempre avuti parecchi di guai, Antoni Sarmentu. Prima e dopo quel terribile giorno di settembre (una di quelle giornate «odorose di cisto e pane appena sfornato») in cui è salito al santuario della Madonna di Gonare a chiederle la grazia di trovare un marito per la figlia e di fermare il tumore che gli sta consumando la moglie. D’improvviso, al momento della comunione, dal cielo carico di nubi sono caduti chicchi di grandine grossi come ghiande e un fulmine, penetrato nella chiesa, ha colpito proprio lui, Antoni, riducendolo come «uno stoppino bruciato» e lasciandogli alla base del collo, laddove c’era la catenina con la medaglietta di battesimo, «un sottile ricamo». È da quel giorno che a Oropische tutti lo chiamano Collodoro. Ma il fulmine (o forse la Madonna stessa) gli ha lasciato un altro dono, più inquietante e più segreto: il temibile potere di guardare dentro la testa della gente, e di vedere i loro peccati. A cominciare da quelli del parroco, don Basiliu, che di tutti i peccatori del paese è il più abietto e il più infido: tant’è che non esiterà ad allearsi con chi in cambio di soldi e potere vuole «trasformare Oropische in una pattumiera». Ma il giorno in cui è previsto l’esproprio delle terre di Monte Piludu destinate ad accogliere la discarica, l’intero paese – «donne, uomini, bambini e vecchi, armati di quarti di pecora, lombi di cavallo, maialini, sanguinacci, trecce di interiora, concali di bue, roncole, accette, pattadesi affilate come rasoi, ferri lunghi e corti, bisacce piene di esplosivo, rotoli di miccia...» – si metterà in marcia contro funzionari, carabinieri, speculatori. E sarà una battaglia memorabile.



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Collodoro 2009-03-18 14:42:39 loreley
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Opinione inserita da loreley    18 Marzo, 2009

che scoperta

Bello questo libro, ma non è stato facile superare il primo impatto. A pesare è stata la difficoltà della lingua e forse l'inconsapevole scetticismo nei confronti di un autore che per l'uso notevole del misto di italiano e vernacolo e latino, mi ha ricordato solo all'inizio Camilleri. Un'altra difficoltà da superare era lo scendere in particolari non piacevoli, intimi, duri, imbarazzanti, la volgarità che poteva sembrare gratuita. Ma poi...

Ma poi ho scoperto Niffoi, tutto ciò che prima ho citato mi ha calato lentamente in un mondo fatto di odori, rumori, colori e parole, un intero paese ha incominciato a popolarsi di persone complesse, a volte rozze, a volte poetiche, malvagie, generose, invidiose lussuriose, virtuose,folli, ingenue, furbe a volte tutto mescolato e alternato a seconda dei momenti.

Rivivono le tradizioni popolari, la natura incantanta, gli animali, le fantasie, le leggende e le storie raccontate da vecchi contadini e pastori. Una religiosità pagana vivacizza e rende più fantastico tutto il narrato.

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Collodoro 2008-06-29 19:46:05 Maristella
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Maristella Opinione inserita da Maristella    29 Giugno, 2008
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Una "brulla mala"

Nel 1992, la popolazione di Orani si sollevò per opporsi alla realizzazione di una discarica per rifiuti speciali sul Monte Nigheddu, nei pressi del paese e cercò in tutti i modi di contrastare un’operazione che avrebbe irrimediabilmente pregiudicato la tutela dell’ambiente e la dignità dei suoi abitanti. Salvatore Niffoi, arrestato il 17 Marzo 1993, con l’accusa di sobillazione e detenzione di esplosivi, rimase in carcere per diciassette giorni. Una volta riacquistata la libertà, venne sospeso dal suo incarico scolastico per due anni e mezzo. Fu durante questo periodo di “vacanze forzate” che concepì questo libro con l’intento di consegnare alla memoria le tracce degli avvenimenti accaduti. Lo scrisse e lo pubblicò nel 1997 con la Casa Editrice Solinas di Nuoro. Oggi il romanzo, completamente “rivisitato “ dall’autore, à stato ristampato da Adelphi, in un momento in cui questo tema cioè il problema dello smaltimento dei rifiuti e l’emergenza che suscita in Italia per tutta una serie di cause ed effetti ad esso concatenati, è di grande attualità. Il libro racconta, in una corale sagra degli umili, vinti ma non sconfitti, l’eccezionale lotta degli abitanti di Oropische contro l’esproprio del Monte Piludu, progettato dai potenti per contenere le scorie provenienti dal “Continente”.Il titolo del libro è desunto dalla singolare vicenda occorsa al protagonista principale, Antoni Sarmentu, il quale, recatosi al Santuario della Madonna di Gonare a invocare grazie per la risoluzione dei suoi numerosi problemi familiari, viene colpito da un fulmine davanti all’altare.La catenina battesimale che porta al collo si fonde imprimendogli sulla pelle il suo disegno filigranato e regalandogli, da quel giorno, un soprannome : Collodoro. Il divino fulmine gli elargisce anche un altro singolare ed inquietante dono: la facoltà di leggere in profondità nell’animo altrui, tanto da poter afferrare e conoscere ogni peccato nascosto ed ogni segreta indole, tanto da poter valutare l’entità del bene e del male presenti in ciascuno.Intorno alla sua figura, una lunga galleria di personaggi straordinariamente tratteggiati e variopinti anima il romanzo e catalizzando l’attenzione del lettore prende il sopravvento sui fatti principali avvalendosi anche della cornice descrittiva di una natura, a volte madre e a volte matrigna, che scandisce i ritmi vitali di ognuno ammantandosi di pennellate di mistero e sfumando la realtà di suggestivi colori dai toni immaginari e fantastici.C’è molto di Niffoi in questo romanzo, c’è tutto il suo passato. Ci sono i suoi giorni bambini, i profumi dei fiori e degli alberi, l’incanto dei panorami e la durezza di ogni pietra, ogni avidità e ogni magnanimità della terra, cieli di stelle e di nuvole grasse come pecore o sottilmente impallidite e disperse dal vento, animali liberi o asserviti ai bisogni dell’uomo, ancestrali racconti che palpitano fino all’orlo della tangibilità e come sempre si legano al doppio filo dell’umana condizione, di un ciclo vitale che ha un inizio e una fine, che ha una nascita e una morte.Ci sono le sue origini, i suoi pensieri, la magia insita nelle narrazioni dei nonni, la forza di un padre, l’ansia tenera di una madre, le utopie della giovinezza, l’amore per la poesia e la musica che scandisce il battito della vita con onomatopeiche pulsazioni, c’è l’orgoglio, il riscatto, il mondo che gli appartiene intimamente.Ho letto critiche di una inaudita ferocia dirette verso Salvatore Niffoi, critiche che imputano il suo successo alle sue fortuite conoscenze, ( e chi non ne ha usufruito e continua a farlo spiccando voli artificiosi e costruiti in cima alle classifiche? Ometto i nomi…..ma più d’uno si sentirà toccato….), di descrivere una Sardegna vivente solo nel suo immaginario mentale usando un guazzabuglio linguistico che scade in una “retorica del sublime basso”(v. Massimo Onofri), di usare interiezioni volgari amalgamandole a noiose e sovrabbondanti onomatopee e accompagnandole con lirismi e differenti neologismi, di indugiare sulle laide emozionalità di afrori, putridumi e cruente tradizioni che così assumono caratteristiche caricaturali.Io amo molto le sue opere, ricevo continui e suggestivi stimoli che mi piegano sempre all’incanto delle sue metafore, ne subisco la magia, la ricchezza, i colori. Riesco a vivere questa narrazione di quotidianità che si inabissa e riemerge continuamente in un fantastico alone di irrealtà e che mi sollecita i sensi con immagini, rumori,odori che si compenetrano ad originare una musicalità tutta particolare e dalle caratteristiche inconfondibili. E, l’unico appunto che posso fare a questo libro, è quello di essere eccessivamente ricco e direi quasi sontuoso, nella quantità e nella minuziosa qualità della descrizione(esteriore ed interiore) degli attori che lo popolano, ognuno dei quali ti trascina tanto intimamente nel suo groviglio che è come se intraprendesse una “brulla mala” cercando di sedurti, di condurti a sé, per farti perdere il filo di una storia e costringerti a tornare indietro, prenderlo di nuovo per mano e portarlo con te ad attribuire il giusto valore a ogni singola vita .

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