Narrativa italiana Romanzi Città irreale
 

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Letteratura italiana

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Nel 2008, quando lascia l’Italia, Alina ha 26 anni: Roma le sta stretta e lei non ama limiti e definizioni. La sua meta è una Londra finora sognata, che si trova proprio alla vigilia della crisi, nell’ultimo momento di porte aperte e possibilità infinite per la sua generazione. Fra piogge improvvise e sprazzi di sole, inerzie e incontri fortunati, trova un lavoro più promettente di quello che ha lasciato da noi e inizia a farsi strada nell’unica società a cui spera un giorno di appartenere. Per lei, credeva, l’identità è un concetto fluido, da piegarsi a piacimento. Scopre che non è così quando entra in scena Iain, giovane medico inglese, e con lui il suo giro di amici. Alina se ne innamora ma il riserbo britannico di lui e l’ostinazione di Alina nel guardare solo al futuro alzeranno la prima barriera fra la ragazza e il suo mondo elettivo. Perché anche Iain ha conosciuto più di un altrove. Nei tardi anni Novanta, a neppure vent’anni, lui e la giovane Vicky avevano lasciato le loro belle case londinesi per andare a vivere in Italia lavorando come volontari. Il fantasma di quel periodo ha ombre lunghe che toccano Alina, costretta a misurarsi con una realtà più inafferrabile del previsto e con il rischio costante di restare sospesa fra due mondi.



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Città irreale 2019-08-12 10:17:06 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Agosto, 2019
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Alina

Il suo nome è Alina e ha ventisette anni. È nata a Roma e per molto tempo ha cercato di diventare inglese nonostante il profondo legame che la lega alla sua città natia. È una persona incostante che per tenersi viva fa tante cose, anche sbagliate. Evita con cura tutto quello da cui non può tornare indietro, anche l’Italia che ha lasciato da molto tempo. Quando è arrivata a Londra, Miwa ha dovuto spiegarle tutto perché nemmeno come si facesse un foglio Excel si ricordava.

«Mi ha dovuto spiegare tutto da capo Miwa, perché io nel mio piccolo avevo qualcuno sotto di me che si occupava di queste cose, a Roma. Non lo rimpiango mica, preferisco stare in quel palazzo alto che si dà arie da fucina di talenti con uno stipendio da multinazionale che sottopormi a quel processo di stagionatura lenta che qualcuno in Italia chiama carriera. Soprattutto nel nostro settore, dove non salviamo certo vite umane ma al limite facciamo sapere in giro se qualcuno l’ha fatto, tanto vale fare le cose in grande.»

Perché lei nella capitale un buon lavoro lo aveva, aveva anche i suoi sottoposti, ma non riusciva ad avere quella pazienza di tanti colleghi per fare una carriera che sarebbe stata incapace di renderla felice. È giovane la protagonista del romanzo d’esordio di Cristina Marconi ma ha anche le idee chiare: Roma non è il luogo in cui poter essere felice. Le sta stretta, ha bisogno di evadere, ha bisogno di realizzarsi, vuole distinguersi dagli altri, è ambiziosa. E allora trova il coraggio di andarsene e di vivere la sua vita da un’altra prospettiva, non ha più niente a trattenerla.
E così siamo a Londra in un continuo di salti temporali, attimi che scorrono, realtà che si contrappongono a quella che conosciamo. Osserviamo le fasi dell’ambientazione dell’eroina, con quegli appartamenti condivisi o di periferia dove la notte siamo accompagnati da sconosciuti occasionali e un bagaglio di pensieri, scrutiamo le nostre più intime contraddizioni, vediamo il nostro paese da un differente punto di vista ma ci rendiamo anche conto che perfino nel luogo che crediamo essere più libero e trasgressivo ci si può sentire soli e in bilico tra le tante identità che indossiamo quando la libertà ci abbraccia. E c’è anche l’amore, quello di Iain che sarà una storia tutt’altro che facile e che porterà Alina a doversi confrontare con un altro e ulteriore mondo a quelli che già ha conosciuto. In questo contrasto di universi che si incontrano, riuscirà questa relazione a riportarla alla sua dimensione?
Amicizia, amore, ricerca della propria identità, ambizione, voglia di realizzarsi, abbandono, sono soltanto alcune delle tematiche che l’autrice affronta in questo non impegnativo scritto mediante uno stile semplice e fluente che accompagna e conduce senza troppe difficoltà il lettore. Purtroppo, però, per quanto ne riconosca le potenzialità non sono riuscita a lasciarmi completamente coinvolgere dalle vicende e soprattutto dalla storia, circostanza, questa, che ha inevitabilmente influito sul mio grado di piacevolezza dell’opera.
Da sottolineare, in conclusione, che il testo si ferma volontariamente al 2016 e quindi a prima della Brexit.

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