Chi manda le onde
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Solo se
Versilia – Forte dei Marmi.
Il mare, le ville dei nuovi ricchi russi, l’atmosfera del paesaggio marino fuori stagione.
Protagonisti il quarantenne Sandro e i suoi amici, tutti inesorabilmente fuori stagione. Vivono di espedienti - Sandro fa il supplente solo per audacia materna - e rappresentano una generazione fallita.
Serena, altra quarantenne, madre di due figli è la declinazione al femminile.
I ragazzi, compreso un bielorusso reduce da Chernobyl, hanno invece chi per un verso chi per un altro caratteristiche che dovrebbero richiamare la diversità: Luna è albina, Luca ha doti intellettive e caratteriali straordinarie, Zot ha un passato e un presente fuori dal comune.
Il mare porta nelle loro vite le onde e unisce i loro destini.
Ho letto faticosamente tutto il romanzo la cui trama cerca di intrecciare i fili di queste esistenze attraverso un alternarsi di punti di vista che riescono veramente genuini solo, a mio parere, nell’ottica maschile di Sandro. Il linguaggio è scurrile e accompagna il vuoto delle esistenze tristi e meschine rappresentate, la lingua italiana è l’abdicazione della norma a favore della lingua parlata caratterizzata da negazione assoluta del modo congiuntivo, da risoluzione di ogni subordinata affidata al che completivo e da un lessico di base.
Ho apprezzato l’ironia dell’autore nella rappresentazione di tale realtà e confesso che mi ha strappato qualche sorriso, non ho apprezzato invece le deboli metafore (dall’onda in giù) che reggerebbero l’impianto e in effetti non ho colto proprio l’impianto narrativo in sé, non ho nemmeno amato i personaggi.
Ne consiglio la lettura solo se:
- si ama Genovesi
- si cerca una lettura scanzonata
- si apprezza un’ironia pungente, alternativa
- ci si ritiene uno spirito libero.
Non mi ci ritrovo affatto ma ciò non toglie che per altri lettori potrebbe essere una lettura gradevole.
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Naufraghi sulle rive della vita
Fabio Genovesi con il suo stile delicato e ironico ci racconta le vite di alcune persone che sembrano a prima vista diverse tra di loro in tutto ma sono accomunate da una cosa : essere dei naufraghi. Naufragati dalle loro aspirazioni lavorative, dal loro cammino a causa di un destino crudele, dalla fragilità dei propri genitori, dall'inconcludenza delle promesse che hanno fatto a se stessi.
Si ritrovano negli stessi luoghi, cercano di ignorarsi, perfino di evitarsi ma il destino, come onde del mare che insistono a battere sugli scogli convinte di poterli un giorno scavalcare, li riporta ogni volta l'uno accanto all'altro.
Abbiamo Serena, donna bellissima ma che sembra aver perso la forza di combattere dopo una tragedia, Luna la figlia albina, da sempre considerata speciale per la sua genetica che si trova improvvisamente con il suo nostromo di mamma che sembra aver perso la bussola, Luca pieno di sogni ed entusiasmo, Sandro e i suoi amici che vivono di espedienti per tirare a campare tra sogni adolescenziali mai realizzati e la dura realtà. Poi c'è Zot un bambino russo di Chernobyl assolutamente fantastico, parla come un anziano e ha una sconfinata cultura "classica" del nostro paese, dalla letteratura alla musica passando per i modi di dire, un personaggio riuscito bene come pochi, la madre adottiva italiana di Zot sparisce lasciandolo a nonno Ferro, un anziano burbero ed irascibile ma in fondo con più umanità di tanti finti buoni.
C'è l'adolescenza con il suo disperato bisogno di qualcuno di cui fidarsi, c'è l'amore molto imperfetto e impacciato ma non per questo meno vero di uomini arrivati alla soglia dei 40 anni con l'impressione di non aver mai veramente vissuto, c'è la disillusione di un vecchio bagnino che tra un improperio e l'altro cresce il piccolo Zot seppur in modo molto non convenzionale.
Personaggi uniti dal dolore per una perdita o una valanga di sogni infranti che camminano sui cocci della loro vita cercando sempre qualcosa per cui valga ancora la pena sognare e con la consolazione che quello che conta è il cammino non la meta più o meno raggiunta, tutti feriti più o meno profondamente ma ognuno di loro ha ancora un posto nel proprio cuore e cerca disperatamente qualcuno che arrivi ad occuparlo.
Genovesi racconta esistenze di persone apparentemente comuni scavando nelle loro vite e trovando perle di umanità che lui sa raccontare come pochi. Sempre TOP.
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La potenza degli elementi
Una vicenda che ha luogo in un lembo di terra della Versilia dove il mare, il bagnasciuga, il cielo e le miriadi di abitazioni di vario tipo fanno da sfondo alla vita di tanti personaggi che vivono, e sopravvivono, alle oscure e inaspettate sorprese dell’esistenza.
Protagonista è Luna, una bambina problematica a causa di una rara malattia genetica che la costringe a vivere in maniera singolare, al fine di proteggere il proprio corpo dalle insidie della luce; Luna ha un fratello Luca che può considerarsi agli antipodi sia per carattere sia per fisicità.
Quest’ultimo vive in maniera avventurosa con una passione per il surf che mette in primo piano al di là degli studi, dove peraltro eccelle nonostante il poco impegno, e che lo conduce in meravigliose località balneari in ogni parte del mondo.
Si contrappone a questa vita strabiliante e di avventure sportive estreme, un’esistenza variegata e di routine di tutti gli altri personaggi stanziali in Versilia; ecco il supplente professore a tempo perso, il vigile ausiliario, Serena la madre di Luca e Luna che si barcamena con la sua attività di parrucchiera e così altre persone.
Tali esistenze all’apparenza slegate tra loro, si accomunano quando subentra all’improvviso una tragedia che ha la forza di turbare profondamente il loro abituale modo di vivere e li trasforma interiormente.
Ci si chiede, appunto, chi manda le onde poiché sono proprio queste che hanno il potere da cui deriva il cambiamento esistenziale.
Un romanzo un po’ ripetitivo e senza particolari colpi di scena che si può leggere con l’accortezza di non pretendere chissà quale capolavoro.
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Per vedere cosa porta il mare
Fabio Genovesi ambienta “Chi manda le onde” nella Forte dei Marmi trasformata dalla crisi economica di un’Italia sconclusionata e spaventata dalla colonizzazione di personaggi avventizi, preferibilmente russi.
Serena ha generato due figli nel modo più improbabile, con un uomo (“Si chiama Stefano, ma tutti lo chiamano Ghigliottina per un tatuaggio che ha sul petto…”) che sembra predirle il futuro: “Chiamalo Luca”, “Chiamala Luna”. Due ragazzi così diversi: Luca è un surfista affascinante e sensibile, Luna è una bambina albina (“Io al sole non ci dovrei proprio stare, sennò mi brucio…”) dalla fantasia fervida, frequenta Zot, bimbo di Chernobyl che vive con uno stravagante vecchio in un sinistro casolare (“Zot abita proprio qua, nella Casa dei Fantasmi!”). Con lui si diverte a camminare sulla battigia (“Saranno dieci minuti che camminiamo sul bagnasciuga per vedere se le onde hanno portato qualcosa d’interessante…”), a raccattare gli oggetti che il mare restituisce e che sono fonte di fantasie ingenue e colorate (“Mi manda delle cose sulla riva del mare e io capisco cosa mi vuol dire”).
La storia della famiglia di Serena s’intreccia con le sorti di Sandro, Rambo e Marino: tre bamboccioni quarantenni, ancora alla ricerca di un’identità professionale, sessuale ed esistenziale.
Per assicurarsi l’incontro con Serena, la donna della quale Sandro è da sempre innamorato e che è stata colpita da una tragedia immane (“Tu vuoi capire come mai, quel giorno là, quel giorno maledetto…”), l’insegnante precario non esiterà a costruire espedienti approfittando dell’occupazione preferita dai bambini (“Sono delle sculture bellissime, fatte… tremila anni fa e anche più. Sono a Pontremoli…”).
Ne seguiranno una girandola di equivoci (“A parte la mamma di Marino secca e dura nel freezer”), situazioni paradossali (“Io nel freezer con la mamma di Marino non ce le metto”), occorrenze amare (“E in fondo che differenza c’è, fra stare sottoterra o nel freezer?”) e assurde (“Quel freezer là è sacro, lo dobbiamo pensare come una tomba…”), che conducono il lettore attraverso il crocevia di una narrazione triplice: quella condotta in prima persona dalla piccola Luna, quella rivolta in seconda persona a Serena, quella oggettiva del narratore onnisciente…
Se la tecnica è variata e movimentata, il linguaggio utilizzato mutua le sue espressioni direttamente dalla lingua parlata (“Le pianure e le gobbe e le pieghe sempre diverse e sbilenche di questa nazione incasinata”), attraverso una trama ora rocambolesca, ora realistica (“Questa crisi ci ha cambiato la vita, figurati se non ci cambia la morte”), in declinazione tragicomica (“La presenza di Dio che sta dentro ai polpi, ai castori, ai miracoli disseminati nella Natura”).
Bruno Elpis
P.S.: L'occasione è buona per pubblicare questo commento sul mio blog (come sempre avviene con i commenti di qlibri) con foto (di altri) che colleziono sulla chiavetta USB. Questo è il link pieno di onde: http://www.brunoelpis.it/recensioni/1210-chi-manda-le-onde-di-fabio-genovesi-qlibri
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Il popolo della Luna.
Signori e signore buongiorno o buonasera e benvenuti in quel di Forte Dei Marmi. Dinanzi ai vostri occhi un sipario sta per essere aperto ed i suoi corollari sono quanto di più reale e concreto possa esistere. Non stupitevi pertanto delle situazioni che animano questo romanzo, non sorprendetevi dinanzi al fatto che le parole dell’autore ricordano molto un sit in di cabarettisti in erba pronti a trascinarvi con e nella loro follia, non meravigliatevi degli alternativi protagonisti che ne colorano le pagine riuscendo a creare nel lettore l’effetto del perfetto “teatrino” perché nell’intento di Genovesi non vi era null’altro se non quello di raccontarci con semplice ironia la quotidianità tanto di una cittadina di mare nota per essere considerata la località toscana “dei quattrinai” ma anche di vite che non sono poi tanto distanti da quelle di ognuno di noi.
Con semplicità la narrazione si alterna rendendoci partecipi di fatti diversi, quando con l’ingenuità di una bambina albina accompagnata dal fedele innamorato compagno di classe russo radioattivo, quando con le parole del demoralizzato quarantenne Sandro convinto fallito, quando con quelle di Serena giovane madre che non si ritiene nata per amare.
E pian piano le vicende si snodano, le trame si infittiscono ed ogni vicenda prende forma, acquista la sua peculiarità, facendo al tempo stesso ridere, piangere e restare basito il lettore. Se infatti da un lato è ineludibile non domandarsi dove il romanziere voglia andare a parare – sensazione che è impossibile scrollarsi per tutto il componimento – dall’altro è inevitabile riflettere sulle circostanze. Come non immedesimarsi in questa madre che ha tirato su da sola due figli (Luca diciassettenne spirito libero affascinante e carismatico e Luna bambina albina dall’indole idealista e dall’animo puro e sincero), che ha rinunciato ai suoi sogni, agli studi universitari, ai rapporti con i propri genitori pur di portare avanti quelle gravidanze che gli hanno donato il regalo più bello: due creature offerenti amore incondizionato.
Come non soffermarsi su Sandro, Rambo e Marino. Queste tre personalità sono l’espressione del fallimento dell’uomo adulto. Quarantenni incalliti non hanno un lavoro fisso, non hanno una relazione duratura, non hanno indipendenza di alcun genere. Sandro è un supplente, viene chiamato a sostituire i docenti in malattia e si considera l’ultima ruota del carro. Marino è un vigilante del traffico “a chiamata” quarantenne alla anagrafe ma tredicenne di fatto e Rambo saltella da un impiego all’altro senza fermezza, senza certezza alcuna. Eppure tra i tre Sandro ha una sorta di “risveglio” nel testo. Si sente insoddisfatto, si rende conto che non ha combinato nulla nella sua vita e vuol cambiare la sua condizione, ma in tanti anni non è riuscito neanche a rispondere a quella famigerata cartolina. Nove ne sono trascorsi eppure nemmeno quello è riuscito a fare. Eppure qualcosa è mutato, questa volta ha un obiettivo per il quale vale veramente la pena combattere: Serena. Da sempre la osserva, da sempre ne è attratto, da sempre è totalmente incapace di provare anche solo lontanissimamente a conquistarla. Si ritrova ad essere docente di Luca e quando un imprevisto sconvolge le loro vite come un’onda del mare che spazza via la sabbia dalla riva, trova la forza di agire. Per conquistare la donna amata certo, ma forse anche per fare qualcosa di buono per sé stesso.
E poi ci sono Luna e Zot. La prima, nonostante sia l’emblema della giovinezza e della purezza d’animo si rivela essere molto più matura della sua età, romperà i sigilli che legano la madre al dolore costringendola a tornare a vivere. Anche se forse una vita non c’è perché quando cadi nella sofferenza questa finisce per diventare la tua amica più fidata, la tua alleata numero uno, la compagna di avventura di cui faresti a meno ma che non è disposta ad abbandonarti nemmeno per un secondo. Zot, il sopravvissuto di Chernobyl, coetaneo dell’albina veste i panni del cinquantenne ed è munito del linguaggio forbito dell’uomo adulto, sorprende con la sua parlantina e personalmente è il personaggio che più ho amato. Quando Serena per la prima volta gli dà un bacio sulla guancia è impacciato e preso alla sprovvista: quel gesto spontaneo è per lui l’atto materno più vicino che abbia mai ricevuto. E’ solo e vessato dai compagni, eppure va avanti, giorno dopo giorno con le sole sue forze. Il suo amato “nonnino” è viceversa l’emblema del toscano “vecchio stampo” ma perché no, alla fin fine, anche del “nuovo”. Per taluni il suo parlare può risultare pesante poiché caratterizzato dal gergo comune del conversare, non ha peli sulla lingua e nulla risparmia tanto meno ai russi.
Come potete ben capire non è un libro che mira a narrare storie fantascientifiche o particolarmente arzigogolate, non è altro che quotidianità portata su carta, ma nella sua semplicità tutti possiamo un po’ rispecchiarci e riflettere su noi stessi, sulle possibilità che abbiamo, su ciò che vogliamo veramente. Nel complesso è una lettura a tratti lenta ma piacevole, capace di far sorridere fra un avvenimento tragicomico e l’altro.
Vi lascio con un breve incipit:
«Però non è giusto per nulla» dico. Non è che lo penso solamente, lo dico proprio. Perché insomma, cavolo, non è giusto per nulla.
«Ma cosa Luna?»
«Lo spazzacamino. Ma perché lo trattano così?»
«Perché è nero» dice Ferro «A forza di lavorare nei camini è tutto nero e allora la gente gli sta lontana».
« Vabbè, ho capito, ma a me mi stanno lontani perché sono tutta bianca. Come deve essere uno per piacere alla gente?»
Lo dico, e per un attimo non risponde nessuno, anche perché secondo me una risposta non c’è mica. Poi però il signor Sandro fa: « Sai Luna, mi sa che a questo mondo, se vuoi piacere alla gente, devi essere grigio come loro. Noi non siamo grigi, e ce la fanno pagare ogni giorno ».