Cento giorni di felicità
Letteratura italiana
Editore
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Opinioni inserite: 4
HIGHLANDER A TEMPO......
Devo ammettere che le prime pagine di questo romanzo mi hanno piacevolmente stupita…
Lucio Battistini, il protagonista, si presenta. A pagina otto, comunica tranquillamente giorno ed ora del proprio decesso, dialogando con il lettore proprio in merito a questa rivelazione “rovina storia”, affermando che, visti i soldi spesi per l’acquisto del libro stesso, conviene portare avanti la lettura comunque……
E così, altri come me si convincono a fare…. Il killer che ha ucciso Lucio, viene definito dallo stesso, Amico Fritz, ma il suo nome ben più temibile è carcinoma epatocellulare.
Mi sono quindi preparata a leggere una storia emotivamente molto coinvolgente, con un pizzico di ironia a condire le pagine, che, forse, avrebbe in qualche modo reso più sopportabile il tutto.
Ahimè l’ironia, l’autore, non è riuscito a ben dosarla, il pizzico iniziale si è trasformato in poche pagine, in vagonate di stridente cattivo gusto, fino a trasformare la storia stessa in un accozzaglia di banalità e di episodi davvero poco credibili e presentabili come realtà…
Mi sono trovata a seguire il protagonista nei cento giorni precedenti alla propria dipartita a fare le cose più assurde, partendo dalle quotidiane abbuffate con amici e non, a base di ciambelle fritte, menù dall’antipasto al dolce di cibi ipercalorici e grassissimi ( ma il carcinoma al fegato non produce come sintomi inappetenza, nausea, vomito tra i tanti??). A fare veri e propri tour de force fisicamente impegnativi anche per l’italiano medio leggermente in sovrappeso ( la stanchezza e la febbre dove le mettiamo…)
La figura di Lucio Battistini si trasforma sotto i miei occhi in un Highlander a tempo, davvero impossibile da digerire.
E come la mettiamo con i rapporti interpersonali? Passi che il suo matrimonio sia in crisi per una relazione extraconiugale appena scoperta dalla moglie Paola, ma non posso credere che all’annuncio della diagnosi e soprattutto della brevissima aspettativa di vita, Paola non faccia una piega, continui a lavorare normalmente, esca con le amiche, mantenga un atteggiamento distaccato ed indifferente …. Ma dai? Anche gli amici d’infanzia sono macchiette senza arte né parte….
E poi dulcis in fundo…. Ecco che a pagina 73 si affaccia il problema spirituale…. Il protagonista informa il lettore di non credere in Dio, e fin qui, tutto bene, rispettabilissima la posizione “ATEO”, tanto quanto la posizione “CREDENTE”…. Ma caro Brizzi, non si può iniziare una campagna denigratoria nei confronti della religione in generale ed in particolare della religione cattolica, con affermazioni del tutto personali tipo:
“Una società evoluta non può essere schiava di antiche superstizioni.”
“….non esiste nessun aldilà, è un’invenzione delle religioni organizzate”
Piuttosto che mettere in bocca al tuo personaggio principale frasi tipo:
“ Mio nonno Michele era acerrimo nemico nei confronti dei credenti – li chiamava i “cretini”- e immagino che mi abbia trasmesso questo sentimento ostile.
“Nonostante gli sforzi promozionali della Chiesa cattolica e la proliferazione di beati e santi, non c’è un solo miracolo riconosciuto dalla scienza”.
E via di questo passo fino a raggiungere in alcuni punti quasi la blasfemia.
Mi scusi signor Brizzi ma percepisco un problema irrisolto con l’aspetto spirituale, non ritengo opportuno, riempire un romanzo che voleva essere “ironico intrattenimento” di affermazioni così pesanti sul cattolicesimo, perdipiù visto non è un trattato sul credere o meno in Dio.
Questo particolare davvero fastidioso (alla faccia che siamo in piena apostasia), unito a passaggi davvero ridicolmente inverosimili, mi ha fatto andare Lucio Battistini e la sua storia di traverso.
Questo desiderio di strappare la risata ad ogni costo e di sdrammatizzare forzosamente tutto, mi ha proprio infastidita.
Alcune cose non è possibile sdrammatizzarle, alcune cose, come una malattia mortale,vanno vissute in modo degno e decoroso. Non accetto che si costruisca un teatrino inverosimile intorno alla parola tumore tantomeno di fronte ad un'altra frase fondamentale: “fase terminale”.
E ho tutto il diritto di indignarmi signor Brizzi… lo sa?
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Cento giorni di ovvietà!
E' come mangiare una torta al cioccolato non cotta bene al centro! Gli ingredienti sono ancora li, allo stato liquido, e mancano di quella solidità adatta per una degustazione e digestione ottimale!
Infatti, il libro di Fausto Brizzi "Cento giorni di felicità" [Einaudi 2013] è un miscuglio di sensazioni che sono difficili da estrapolare! Da una parte il romantico racconto di un uomo che, pur sapendo di essere destinato a breve alla morte, cerca di ricostruire il rapporto tradito con la moglie e di riflettere, in maniera serena, sulla sua vita aiutato dal suocero Oscar e dai fedelissimi amici che sono, come al solito, compagni, guarda caso, di zingarate, dall'altro un coacervo di luoghi comuni che non ha confronti con la storia della letteratura toccando argomenti di una complicanza unica con una profondità di una pozzanghera di inizio luglio!
Si può risolvere il tutto con la scelta, non condivisa con la moglie e fatta in 5 righe, di ricorrere, dopo 100 giorni, al suicidio assistito in Svizzera? è possibile che il protagonista faccia l'amore 3 volte 2 giorni prima di morire con la moglie mentre è affetta da un super tumore aggressivo allo stato terminale al fegato e ai polmoni? E' possibile che affronti avventure strabilianti nonostante i dolori, cavalchi la bici per 100 km, vada a cavallo, giri l'Italia e guidi per migliaia di km? e tutto senza fare accenno ad un medicinale ad ospedali o, tanto meno, alla morfina nominata, non so per quale motivo, a 3 pagine dalla fine?
Alla fine il libro è scritto bene, si legge volentieri in 2 giorni ma, il contenuto, "risolve", in maniera semplicemente superficiale, un problema che non può essere affrontato con una leggerezza simile!
Non so, francamente, se sarebbe stato pubblicato nel caso in cui l'avesse scritto un autore alla prima esperienza... A Fausto Brizzi riconosco la genialità nel leggere, sul grande schermo, le piccole avventure italiane ma, nello scriverle, si barcamena in una avventura più grande di lui cercando di toccare temi così distanti tra di loro che sembrano non avere punti di contatto.
Forse Brizzi voleva toccare un argomento enorme sorretto dalla forza delle piccole cose ma, per alcuni argomenti, ci vogliono i contro-coglioni e, in questo libro mancano!
Non so se questo libro sarò da apripista per un film... io spero serenamente di no! o almeno spero possa essere riletto in chiave più serena ma molto più confacente alla realtà reale delle cose!
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Da leggere...
Un libro sulla vita, sul senso della vita.
Stiamo facendo davvero quello che ci piace?
Stiamo davvero dando importanza alle cose che realmente ne hanno?
Questo libro è un invito a cambiare rotta, a riprendere in mano la nostra vita, la riscoperta dei valori che questa vita ormai troppo frettolosa ci fa purtroppo perdere per strada.
Davvero un bellissimo libro, pieno di spunti di riflessione, scrittura semplice, uno di quei libri che si legge in un pomeriggio.
Nonostante il tema sia davvero drammatico, spesso mi sono ritrovata non solo a sorridere ma addirittura a ridere.
Naturalmente mi ha strappato anche tante lacrime, lacrime di commozione.
Lo consiglio vivamente.
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Il mio amico Google
Lucio Battistini, quarant'anni , moglie e due bambini.
- Come va in famiglia Lucio ?
Bene grazie. Finche' non decido di tradire mia moglie - che tonta non e' nata - lei mi scopre e mi butta fuori di casa.
- Oh Lucio, come va la salute ?
Bene grazie. Perlomeno finche' un giorno, un dolorino che tira l'altro, arriva l'esito degli esami clinici : carcinoma epatocellulare. BANG se mi sparavano forse era meglio, almeno non me ne rendevo conto.
- Ahia. Ahia ahia ahia. Lucio, cosa dice il tuo amico Google ?
Lasciamo stare.
- Capisco. E i medici ? Cure, speranza ?
Circa tre mesi di vita abbastanza accettabile, prima che soppraggiunga l'agonia.
Cento giorni. Cento giorni di felicita' . Ce li meritiamo tutti prima della fine.
Se la penna non e' degna di lode e se la trama e' iperinflazionata, sarebbe auspicabile quel quid che garantisce il buon esito del lavoro, perche' altrimenti il treno deraglia e ci escoriamo tutti le caviglie ed i gomiti.
Se il quid si cercava nella tragicita', io mi son persa per strada nell'oscurita' dei sensi, perche' qui mi sono emozionata ben poco ( in realta' solo per qualche riga di una graziosa paginetta verso la fine).
Se il quid si cercava nello humor, io sondavo alla ricerca di qualcosa di divertente ed invece ho trovato una penna che ostenta simpatia, seppur evidentemente sforni battute come ciambelle senza buco. E mi risuonava l'eco assordante delle risate fittizie del Drive in...
Insomma alla fiera della banalita' e dei luoghi comuni sono invitati tutti , io pero' non mi sono divertita per nulla. Ho concluso con una riflessione che invoca un interessante quesito.
Vedete, rovistando alla ricerca della chiave di lettura sfuggitami, ho appreso che questo libro edito niente di meno che da Einaudi, verra' tradotto in ben dodici paesi. Mi chiedevo, se invece che da un famoso regista romano il manoscritto fosse stato spedito da un metalmeccanico di Latina, in quante lingue lo avrebbe tradotto la Casa Editrice ?