Casa di guerra
Letteratura italiana
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Da una foto di famiglia
Giunto all’ultima pagina mi è venuto spontaneo esclamare: “Ma quanto è brava Isabella Bossi Fedrigotti!”. E credo di non aver esagerato nel giudizio, perché questa narratrice trentina, di cui avevo già avuto modo di leggere e di apprezzare Di buona famiglia e Amore mio uccidi Garibaldi, ha un notevole talento letterario e una capacità rara di coinvolgere pur con vicende non eclatanti, addirittura, in alcuni casi, banali. Sarà per lo stile piano, per un linguaggio oggi un po’ desueto, ma per nulla arcaico, sarà il ritmo mai veloce, ma nemmeno lento, insomma sta di fatto che è pressoché impossibile non entusiasmarsi leggendo i romanzi di questa scrittrice. Aggiungo, poi, che nel raccontare la vita (nel caso specifico si tratta dell’ultimo anno e mezzo della seconda guerra mondiale), lo fa con eleganza, smussando le tinte forti, sondando l’animo umano, e non solo quello femminile, con straordinaria abilità.
In Casa di guerra tutto parte da una fotografia di carattere familiare; è un esterno e quelle figure in primo piano, che la scrittrice descrive, fornendone le caratteristiche essenziali, piano piano sembrano animarsi e uscire da quella carta lucida, ognuna per rivendicare il ruolo di protagonista e per parlarci di come fu la sua vita in quel duro periodo di guerra, magari integrandosi a vicenda nel racconto, chiarendo punti oscuri, fornendo la propria versione dei fatti.
E’ così che facciamo la conoscenza con la tedesca Bertha Wesemann. La governante di casa, con la sudtirolese Resi Raffler, la cuoca, con il padrone di casa conte Fedrigotti, un uomo che sta con i partigiani, con l’altro sudtirolese, ma nazista, Franz Stauderer, con la signorina Maria Luigia Firmian, protagonisti che si incrociano fra loro, che un poco parlano della loro vita, soprattutto di quei mesi, dopo l’8 settembre 1943 e fino alla fine di aprile-inizi maggio 1945 in cui il Trentino—Alto Adige divenne di fatto parte integrante del Terzo Reich in quella macro regione che i nazisti si compiacquero di chiamare Alpenvorland.
E poi cì sono tantissimi personaggi che sgomitano quasi per ritagliarsi la loro briciola di notorietà, non semplici comparse, ma vere e proprie spalle dei protagonisti, figure tutte a cui la narratrice nell’ultimo capitolo intitolato “Oggi” cerca di dare una collocazione, un seguito, perché è naturale e spontaneo chiedersi che fine hanno fatto una volta terminata la guerra, Queste pagine conclusive sono un colpo da maestro, perché uniscono idealmente le immagini della fotografia iniziale alla realtà di molti anni dopo e sanciscono il valore storico e affettivo di una semplice istantanea che ha immortalato sulla carta uomini e donne la cui memoria non è solo lo spunto per scrivere un romanzo, ma è un tributo a chi ci ha preceduto, a chi prima di noi ha mosso i piedi sull’eterno palcoscenico della commedia della vita.
Sì, Isabella Bossi Fedrigotti è veramente brava e pertanto non posso che raccomandarvi la lettura di questo bellissimo Casa di guerra.