Carola
Letteratura italiana
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Come l'acqua scorre la vita
Una bambina, sulle rive di un canale, perde la sorellina e fugge dalla sua famiglia, viene adottata da una compagnia di attori. Sono gli scavalcamontagne, dei saltimbanchi curiosi, con cui affronta un pezzo di vita: fra di loro c’è Leo, un bambino che subito le si affeziona e lei si prenderà cura di lui. Finchè non ritornerà a sentire il bisogno di fuggire. Il filo conduttore che ci accompagna in queste pagine è l’acqua. Che è il primo elemento che tradisce Carola, portandole via la sorella e che, ciclicamente, ritorna nella vita di questa ragazzina, che diventa via via donna, fino al momento in cui il cerchio, in qualche modo, si chiude. E’ un libro che arriva ad un piano intimo, perché tocca alcune corde private. E’ un libro che parla di sentimenti e di solitudine, perché è difficile vivere con un carico di assenze. E’ un libro che celebra anche la potenza e la bellezza del teatro, di strada e non solo: un mondo nel mondo; non è solo uno spettacolo, ma è come vedere la vita moltiplicarsi ed ingrandirsi. Ben scritto, con uno stile fluido ed armonico, che scorre, come un fiume tranquillo; ambientato ad inizio secolo, parte in Italia parte a Parigi, ci offre anche uno scorcio di storia.
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La vita come l'acqua
1905. Italia. Milano.
Un mondo di cui non avevo mai sentito parlare si apre con la lettura di questo libro delicato e magico, popolato da attori girovaghi poveri bambini adulti ragazzine anziane sarte e pittori.
La storia di Carola è una di quelle storie da leggere tutta in un giorno, quasi in un'ora sola tanto scorre leggera sulle parole. Una vita vissuta seguendo docile il destino, senza porsi domande, senza mai pensare al domani, una vita che toglie e solo in ultimo dona qualcosa che rimarrà per sempre.
Carola è una ragazza di campagna che ha il coraggio di lasciarsi trasportare dalla corrente degli eventi e in essi riesce a costruirsi una vita, sempre in fuga, sempre accompagnata dai fantasmi. I Meravigli sono una compagnia teatrale girovaga composta da una famiglia troppo ingombrante dove i segreti sono il pane quotidiano. Alba è una donna caparbia, pronta a tutto pur di ottenere il più possibile dalla vita nel teatro. Leo è un bambino che ha scelto di capire non essendo capito. Poi ci sono Rosa, i Beltrami, Giulio, Marguerite, Jacob personaggi appena accennati che Carola incontra nella sua vita, dalla campagna Milanese ai boulevard parigini.
Barbara Garlaschelli ha creato una storia magica legata dal filo rosso della perdita, una perdita però che non colpisce dritta al cuore del lettore ma resta sospesa sulle pagine per cadere come un manto solo alla fine quando ti rendi conto che Carola è sopravvissuta, nonostante tutto, nonostante tutti.
Un libro che ho divorato in una sola giornata per la piacevolezza con cui si legge e la particolarità del mondo che descrive, una storia lieve che consiglio caldamente a tutti coloro che hanno voglia di evadere dall'oggi.
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C’erano una volta Carola e gli scavalcamontagne…
Il percorso letterario di Barbara Garlaschelli non delude i suoi lettori. Brava, talentuosa scrittrice di razza non lascia dubbi nemmeno in questa sua opera che trasuda di emozioni pure dell’amore romantico, dei sentimenti verso la famiglia e il rispetto verso l’amicizia.
E’ di scena il teatro del primo novecento nelle forme sfaccettate di alcune piccole comunità ambulanti in giro per l’Italia, con attori e impiegati tutto- fare che montavano un sipario e facevano del loro meglio per rappresentare sprazzi di vite inventate e fiumi di lacrime finte, un mondo affascinante e certamente curioso che si avvicinava al vagabondare degli zingari e ai tristi preconcetti di gente poco per bene.
“Anche quella fu una delle tante lezioni che imparai da Alba.
Essere e fare, due universi lontanissimi”
Un mondo imperfetto, dove la giovane Carola si troverà catapultata come per magia, impersonando la figura dell’immaginario mondo dei bambini rapiti dagli zingari, sola e sperduta solo per aver avuto paura delle sue colpe legate a un fiume e alle temute conseguenze di non riuscire a superare il rimorso. Crescendo vivrà tutte le difficoltà che questo vagabondare le arrecherà, cercando e accarezzando tutto quello che di piacevole e importante può donarle la felicità meritata.
“La mente degli uomini era un posto grande, per la maggior parte inesplorato, e che esistevano mille strade per essere felici, tutte diverse.”
Acqua e teatro sono temi che l’autrice tesse in maniera impeccabile, attraverso cui srotola una matassa e tesse una storia sorprendente e ricca di inquietudine, dai tratti poetici, soavi e affilati nello stesso tempo.
“Quello che non aveva previsto era che uccidere un uomo non era semplice come andare in bicicletta.
Uccidere era complicato come vivere.”
Amo come scrive questa scrittrice e amo il suo percorso letterario, “Non ti voglio vicino” (finalista Strega nel 2010) è sicuramente l’opera che rappresenta la sua consacrazione nel firmamento del genere drammatico e inquietante, a differenza di quanto riportato nella quarta di copertina non mi piace che venga tacciata di scrittrice che finalmente si toglie l’etichetta noir, come se il noir rappresenti una pecca o un difetto o un genere secondario ad altri. Diversamente penso che la migliore opera rimanga quella noir, i suoi primi romanzi che ha scritto giovanissima trapelano una maturità e una genuinità che nel genere noir appartengono solo ai grandi nomi e comunque al di là di questo, sperimentare generi diversi rimane una sfida che finora le ha fatto vincere tutti i traguardi.
Lettura consigliatissima.