Carne
Letteratura italiana
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I clown dal cuore spezzato
Romanzo spiazzante, dissacrante, politicamente scorretto, che si odia o si ama, ma che non lascia spazio per l’indifferenza. Prende già dalle prime pagine per l’ironia tagliente e i personaggi disagiati che popolano una squallida festa di nozze.
Tra simbolismi e ammiccamenti, l'autore alterna abilmente commedia, tragedia, farsa, esplorando i chiaroscuri del grottesco. Si parla di carne, e sarà carne stillante sangue senza misericordia, nonché lacrime e umori di ogni genere. Il dramma arriva di soppiatto, interrompendo, in una galleria (in realtà un po' affollata) di figure decadenti, una colonna sonora da operetta.
Si ride, sia per il linguaggio forbito alternato al triviale, asservito, si direbbe, alla descrizione di manie e perversioni, sia per le presunte competenze artistiche, filosofiche e psicoanalitiche sfoggiate dagli sgangherati protagonisti e messe inevitabilmente alla berlina. La prosa scorre animata e beffarda, e in ogni pagina si avverte l'urgenza del resoconto dettagliato, quasi si trattasse di una visione da rivelare - segno inequivocabile di una scrittura di qualità.
Non è sempre una lettura gradevole: a volte risulta urticante, scandalosa, persino oltraggiosa; è l'esistenza senza filtri, una melma del subcosciente che arriva a toccare la follia. E nella follia, si sa, non c'è logica, c'è solo verità. E' l'esaltazione smodata dei sensi o forse - parafrasando le parole del vescovo del borgo - “l'allegoria di un castigo biblico abbattutosi su una nuova Gomorra”?
Leggendo ci si sente, ad ogni modo, più inclini ad osservare che ad esprimere giudizi, un po' spettatori, un po' voyeur, e viene in mente un passo dal De Profundis di Oscar Wilde: "Tutto nella mia tragedia è stato orribile, mediocre, repellente, senza stile. Il nostro stesso abito ci rende grotteschi. Noi siamo i pagliacci del dolore. Siamo i clown dal cuore spezzato".