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Camere separate Camere separate

Camere separate

Letteratura italiana

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"'Camere separate' è uno straordinario e felice romanzo d'amore e di morte, di nostalgia e maturità, di impotenza e grandezza, nel quale riconosciamo la cisi del nostro tempo e le sue misteriosi ragioni." (Cesare De Michelis)



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Camere separate 2024-05-28 19:40:01 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    28 Mag, 2024
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Una veste di estrema solitudine

Un corpo snello, membra adolescenziali, un viso forte, deciso, con una coppia di intensi occhi neri e un ciuffo di capelli del colore del miele. Una maniera inconfondibile di muoversi, e finalmente una voce che ha l'intensità di un bacio soffocato e l'emozione di una risata. Questo è l'amore secondo Leo, questa è la descrizione del momento in cui il protagonista vede per la prima volta Thomas e capisce subito, al primo sguardo, che non potrà mai più amare nessun altro che non sia Thomas. La passione travolge i due ragazzi, in una Parigi bohemian che sembra lo sfondo ideale per una storia d'amore tra giovani artisti assetati di vita, rampante scrittore italiano Leo, tedesco musicista di belle speranze Thomas. Viaggi, cene, interminabili serate alcoliche, caratterizzano la vita dei due, alle prese con il fuoco iniziale che accompagna la forza di un sentimento che, pur restando vivo e intenso con il passare del tempo, inizia a generare esigenze diverse per l'uno e per l'altro. Mentre Thomas dimostrerà un attaccamento quasi morboso nei confronti del compagno, un'esigenza viscerale di avere sempre al fianco quello che ritiene l'uomo della sua vita, Leo inizierà a manifestare un bisogno di indipendenza che rischierà di corrodere il loro rapporto. "... La piccola frase che si trovò a scrivere in una di queste lettere fu 'camere separate'. E spiegò a Thomas che avrebbe voluto, con lui, un rapporto di contiguità, di appartenenza ma non di possesso. Che preferiva restare solo, ma nello stesso tempo, pensava a lui come all'amante prediletto, al favorito di un fidanzamento perenne. Che non dovevano temere della loro solitudine, anzi viverla come il frutto più completo del loro amore perché, in fondo, pur nella separatezza, loro si appartenevano e continuavano ad amarsi. Che ogni anno avrebbero trascorso la primavera e l'estate insieme, viaggiando, e che ognuno, durante l'inverno, avrebbe lavorato ai propri progetti. Che era una scelta difficile, soprattutto diversa, ma che in cuor suo, Leo non si sentiva di fare altrimenti. Che, infine, a 'camere separate' lui sarebbe stato fedele fino alla morte". Sarà proprio la tragedia della morte, implacabile, ineluttabile, spietata, a mettere un punto sulla questione, ammantando ogni pagina di una veste di estrema solitudine. Intimo, malinconico, disilluso, questo libro dal carattere fortemente autobiografico di Pier Vittorio Tondelli racconta la vita attraverso la bellezza dell'amore, l'orrore della morte, il dolore del lutto, con una voce delicata, quasi sussurrata, come il racconto confidenziale che si fa ad un caro amico: il lettore. La prosa dolce, gradevole, accompagna finemente una storia intrisa di dolore e senso di colpa, sentimenti che dominano l'animo dell'amante sopravvissuto, che si rende conto di non poter più amare come fatto finora, di non poter più vivere una vita piena come lo è stata la sua prima del triste evento. Chiuso in se stesso, inizia un viaggio nella propria interiorità, mettendo in discussione il suo lavoro di letterato, il suo modo di essere, cercando un riavvicinamento alle proprie radici. L'aspetto introspettivo, predominante in quest'opera, è eccellente e questo può sembrare facile, visto che il protagonista è dichiaratamente un alter ego dell'autore, ma non è così scontato, perché non è mai facile mettere a nudo se stessi e i propri sentimenti con la maestria che qui dimostra Tondelli. Intensa e commovente, quest'opera appare come un vero e proprio testamento letterario, una struggente confessione che sa di commiato, una sorta di congedo dell'autore nei confronti dei suoi lettori, della vita (l'aids lo porterà via di lì a poco), da un mondo nel quale, probabilmente, non si è mai sentito veramente a suo agio. "Allora, forse, tutta la sua vita, il suo essere separato, non è altro, come aveva compreso perfettamente Thomas, che una elaborata messa in scena della propria, inestinguibile, volontà di svanimento; la spettacolarizzazione pubblica di un complesso di colpa, di un’angoscia che lui ha sentito forse fin dal primo giorno in cui ha aperto gli occhi al mondo, e cioè che non sarebbe mai stato felice. E questo senso di colpa, per essere nato, per aver occupato un posto che non voleva, per l’infelicità di sua madre, per la rozzezza del suo paese si è dislocata in un mondo separato, quello della letteratura, permettendogli di sopravvivere, anche di gioire, ma sempre con la consapevolezza che mai la pienezza della vita, come comunemente la intendono gli altri, sarebbe stata sua. Il senso di una sottrazione primaria, probabilmente è questo che l’ha spinto al punto in cui è ora."

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Camere separate 2020-02-24 11:46:42 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    24 Febbraio, 2020
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L'amore che trema

Il Tondelli che nel 1989 pubblica “Camere separate” è molto distante dal giovane autore di “Altri libertini”, libro scandalo pubblicato pochi anni prima, tanto crudo e violento nella immagini, quanto immaginifico e affascinante nel linguaggio. Al di là di una certa continuità tematica, infatti, “Camere separate” approda a una scrittura più placida e misurata, ricca ma mai soverchiante, graziata com’è da un candore delicatissimo, da un rispetto quasi sacro per il dolore e per la solitudine. Sulla scia del bel libro di Isherwood, “Un uomo solo”, Tondelli supera il modello costruendo una storia difficile e commovente, una storia che trema in ogni suo palpito, in ogni sua pagina, perché la mano non può essere ferma quando si descrive la grazia di un amore che nasce, il dolore di una vita che finisce. Leo e Thomas, scrittore l’uno, musicista l’altro, stregati da uno sguardo in una sera qualunque a Parigi, i corpi slanciati, tonici, gli occhi di brace su un una stanza che è quasi solo un letto, su un amore che è quasi tutta una vita. Eppure Thomas è morto, lo scopriamo subito, stroncato troppo giovane da una malattia che gli ha gonfiato le viscere, che lo ha spento poco a poco. E Leo che è sopravvissuto, che lo ha potuto vedere solo un’ultima volta implorando i genitori di Thomas, porta su di sé il peso di essere ancora vivo, la colpa di poter ancora ridere, godere, piangere. È un’accettazione dolorosa che dall’apatia passa all’edonismo, che dal torpore passa all’ubriachezza, perché la morte di Thomas non è solo la fine di un mondo, ma forse la fine della possibilità d’amare.

Accartocciata su se stesso, la storia di “Camere separate” modula un tempo liquido, che fluttua dal passato al presente senza soluzione di continuo, che fa sospirare e atterrisce, capace nella sua sconcertante e crudele normalità di conficcare il lettore alla croce della propria impotenza, se la vita è vita, capace anche di distruggere la bellezza. Eppure “Camere separate” non è primariamente un libro sulla fine dell’amore, piuttosto è un libro sulla solitudine, sullo spazio della propria indipendenza, sull’altare della propria libertà. Per questo Leo vuole vivere ancora distanti, separati appunto, per separare dal cuore anche la possibilità di precipitare per sempre nella vita e nell’amore, perché l’amore puro e assoluto può anche essere una caduta rovinosa. E dunque elaborare la morte di Thomas non è solo elaborare un lutto, ma la ricerca di un perdono per se stesso, un’occasione per scoprire quello che in Leo è più profondo di Leo e forse per uscire dal proprio narcisistico egoismo, dal proprio riflesso.

Ho amato molto questo libro, perché ho riconosciuto in certi punti la mia scrittura, il mio modo di sentire e intendere il mondo, perché Tondelli ha scelto la strada dell’attenzione e della delicatezza, quella che sfuma invece di ferire, come si può notare nelle bellissime scene d’amore che brillano di una luce soffusa. Non è un libro perfetto, a volte divaga, a volte perde il centro dell’attenzione (ritorna la droga, alla politica, ma non ce ne è bisogno), si potrebbe rivedere l’intreccio, anticipare quello che viene detto in fondo e dire in fondo quello che viene detto all’inizio, eppure, nonostante questo, un libro che sa toccare là dove fa più male, nella consapevolezza cioè che a volte ognuno di noi vive in camere separate, sullo stesso letto, certo, ma fissi nel nostro riflesso, come lo sguardo di Leo che nella primissima scena si contempla perduto nell’oblò di un aereo. Perché a camere separate, non si può toccare la vita.

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Isherwood, "Un uomo solo"

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Camere separate 2013-10-05 03:53:22 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    05 Ottobre, 2013
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Eros e Thanatos

“Camere separate” di Pier Vittorio Tondelli è una storia d’amore e morte che indaga nel profondo del sentimento e scava il dolore dell’amante che sopravvive e affronta il processo che – nelle razionalizzazioni – viene generalmente chiamato “elaborazione del lutto”.
Tra analessi e prolessi continue, la narrazione si svolge in tre parti:
Primo movimento: Verso il silenzio
Secondo movimento: Il mondo di Leo
Terzo movimento: Camere separate

VERSO IL SILENZIO
Le fasi della conoscenza e dell’innamoramento (“nessuno può tenere distanti due persone che si appartengono e che si stanno cercando”) sono soltanto accennate e seguono la dinamica dell’istinto: “Le parole non sono contemplate in questo momento per entrambi primordiale, arcaico, in cui la vita chiama la vita attraverso la più profonda energia della specie”.
I ricordi vengono posseduti dal dolore per la scomparsa e dal tragico senso di solitudine: “Così, privato ogni giorno del contatto con l’ambiente in cui è cresciuto, distaccato dal rassicurante divenire di una piccola comunità, lui si sente sempre più solo, o meglio, sempre più diverso”.
Leo è sospinto da forze difficilmente governabili, ma che sa analizzare: “Stava discendendo in sé e questa discesa muta, senza parole, avveniva come un aggiustamento continuo di prospettiva”.

IL MONDO DI LEO
La seconda parte è dominata dalla presa d’atto (“Abbiamo bisogno di molto tempo per accettare la brutalità del fatto di non essere più soli”) di una realtà che Leo non riesce ad accettare (“Sentiva che fra gli orrori della Storia esisteva per lui un punto di riferimento e che avrebbe potuto fidarsi di quello”) nonostante i tentativi culturali e coscienti che compie per incanalare il proprio dolore (“Leo deve incominciare a difendere questa solitudine”).
L’immagine della morte della persona amata (“nel sudario”) si carica di sacralità, assume la dimensione di un ritorno all’infanzia che si stampa sul volto e si imprime negli occhi sofferenti, apre a un’introspezione che assume i caratteri del percorso religioso: “Così quella che lui chiama preghiera, altro non è che un atteggiamento di ascolto delle cose e degli uomini, un osservare e contemplare, che ha a che fare con il suo stesso modo di essere.”
In queste dinamiche, la mente scava nelle modalità in cui si è svolta la storia d’amore: “Per questo chiamava il loro amore camere separate”. Per rimproverarsi, ricredersi o convincersi che “la separazione era una forza costitutiva della loro relazione e ne faceva parte…”
Mentre amore, vita e morte si compenetrano in modo indissolubile e producono la trasformazione di chi non c’è più “in una presenza che pulsa e che vive dentro di lui, lo sforzo maggiore della sua vita è accettare di scoprire il senso della propria solitudine.”
Naturale per Leo, che ormai “sa vivere esclusivamente di simboli”, cercare un rifugio: il ritorno a casa (“Tutto lo spinge all’indietro, verso le tradizioni della sua famiglia”) diventa la forma esteriore di una ricerca disperata per trovare la ragione di un evento “contro natura”: non tanto la scomparsa prematura della persona amata, quanto “la sopravvivenza forzata del più vecchio.” Perché per Leo “non è morto solo l’amore, ma anche la sua, personale, strategia d’amore”.

CAMERE SEPARATE
Il “terzo movimento” si fa concitato. Leo si getta in disperati tentativi: incontra un vecchio amore, fa un viaggio negli Stati Uniti, cerca sollievo in incontri sessuali a pagamento, si lascia coinvolgere in incontri organizzati dagli amici. Tutto inutile.
Nella confusione emotiva emerge un sentimento religioso “confinato in uno spazio non di verità ma di ricerca”.
Ma soprattutto dirompe l’analisi retrospettiva: “Che fine avrebbe fatto il loro amore? Dovevano per forza normalizzare un rapporto che la società non poteva recepire come norma?... Non sarebbero diventati, nel corso del tempo, due androidi isterici…?” La radiografia di una scelta (“Voleva continuare a essere un amante separato, voleva continuare a sognare il suo amore e a non permettergli di infangarsi nella quotidianità”) praticata anche con forme inconsuete (come la conduzione del rapporto in forma epistolare: “Così le lettere, da parole d’amore, si trasformavano in documenti del divenire e, da questi, calcificavano, bianche come il granito, in reperti di una archeologia del loro impossibile, ma vero, tentato amore”; o la scelta di un regalo: “due copie di uno stesso romanzo affinché lo potessero leggere insieme”) per preservare “un rapporto di contiguità, di appartenenza, ma non di possesso”. Anche a costo di un rischio: “Dopo tutti quei mesi, e quelle lettere, erano realmente due persone differenti”.
Soltanto nel finale, Leo intravede uno spiraglio artistico: “La sua diversità, quello che lo distingue dagli amici del paese in cui è nato … è … proprio il suo scrivere, il dire continuamente in termini di scrittura quello che gli altri sono ben contenti di tacere”.
* * *
Volutamente ho commentato il romanzo tacendo quello che invece nel romanzo è chiaro sin da subito: Leo ama Thomas, la storia narra fin dalla prima pagina di un amore omosessuale, declinato nelle sue difficoltà (“Vivendo insieme sarebbero diventati uno la caricatura dell’altro, come due osceni e imbellettati dioscuri sulla scena di un cabaret berlinese”) e gelosie (“Quando Leo apprese che Thomas viveva con un’altra persona - ndr: Susann - diventò furioso”).
Ho voluto in questo modo esprimere quella che è l’idea di fondo del romanzo: l’amore non ha un genere, né è uno schema. Tanto più che la storia d’amore è sempre condotta con un respiro cosmico ed è immersa in coralità multiformi: quella di un concerto al momento della conoscenza (“C’è un’atmosfera irreale come se una tribù di primitivi avesse iniziato una danza di guerra”), quella di una processione di “uomini delle confraternite, raccolti davanti alla cattedrale” (“Il suono dei tamburi giungeva ossessivo, ritmico, un colpo, un altro colpo, un terzo colpo e poi la cadenza”), quasi un’oreibasia (“Seguirono il rullo dei tamburi fino alla piazza centrale della vecchia città”), o di uno spettacolo (“Il giorno di Pasqua Thomas insistette per andare alla corrida”) durante il viaggio in Spagna, quella della comunità locale nel ritorno al paese…

Bruno Elpis

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Camere separate 2013-03-07 12:32:37 petra
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petra Opinione inserita da petra    07 Marzo, 2013
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Camere separate

Mesi fa sono rimasta letteralmente incantata da un commento su “Camere separate”, dal quale trapelava la grande finezza psicologica dell’autore, Tondelli, che non conoscevo, e la sua capacità di scavare nel profondo, in ogni pagina, in ogni riga, in ogni recesso dell’animo. La lettura di questo romanzo ha superato le mie aspettative, perchè si tratta di un testo che non ha il timore di indagare impietosamente le nostre paure più recondite, nascoste anche a noi stessi. Ed è proprio l’intimità dell’autore – protagonista che, messa a nudo in modo così schietto, genuino, talvolta doloroso, mi ha definitivamente conquistata.

In “Camere separate” Tondelli racconta, attraverso il suo alter ego Leo, il protagonista, del suo tormentato tentativo di vivere in pienezza un amore, pur mantenendosi “in camere separate”, cioè sempre a debita distanza, sempre un passo indietro dal manifestarsi all’altro per quello che si è realmente, con il terrore costante che questo sentimento possa diventare indispensabile, totalizzante, accentrante. Leo teme di abbandonarsi per paura, certo, ma soprattutto per eccessiva sensibilità, per il timore inconscio di essere fagocitato da una passione che non ritiene di meritare. Il senso di colpa, infatti, così come il senso di estraneità, giocano un ruolo fondamentale nella vita e nel sentire del protagonista, omosessuale, per il quale è doppiamente difficile lasciarsi andare a un legame che a livello profondo desidera ma che vive forse con una certa angoscia; è come seil suo trasporto si accompagnasse alla colpa, non fosse realmente autentico in quanto non riconosciuto e “categorizzabile” come tale anche in società, al di fuori della propria ristretta cerchia di amici.

Credo che una scrittura che scava così a fondo, così tanto da fare quasi male, possa suggerire anche a noi qualche riflessione sui nostri timori , sulle remore e sulle scuse che spesso accampiamo quando crediamo di non meritare abbastanza. Accade quando ci chiudiamo, come il protagonista, in un mondo solo nostro, un mondo fatto di stordimenti incessanti, viaggi, peregrinazioni, bevute, o distrazioni di qualunque tipo, senza però prestare attenzione a ciò che conta davvero nella nostra vita, senza badare alle reali ferite pulsanti dentro di noi. Il rischio però è che tali ferite, se ignorate, rischino di portarci a una sorta di vera e propria cancrena emotiva.

Si tratta di un centinaio di pagine soltanto, densissime però di riflessioni e descrizioni sublimi,arricchite da una prosa curata e splendida.

"Camere separate" è caratterizzato da una straordinaria raffinatezza narrativa e dalla squisita sensibilità con cui Tondelli ha saputo, senza inutili affettazioni, far scorgere al lettore un sentire autentico, sincero, in cui è facile immedesimarsi. Per tutte queste ragioni, anche se è una lettura non facile, mi sento di consigliarla di cuore.

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