Narrativa italiana Romanzi Cade la terra
 

Cade la terra Cade la terra

Cade la terra

Letteratura italiana

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Alento è un borgo abbandonato che sembra rincorrere l'oblio, e che non vede l'ora di scomparire. Il paesaggio d'intorno frana ma, soprattutto, franano le anime dei fantasmi che Estella, la protagonista di questo intenso e struggente romanzo, cerca di tenere in vita con disperato accudimento. Voci, dialoghi, storie di un mondo chiuso dove la ricchezza e la miseria sono impastate con la stessa terra nera. Capricci, ferocie, crudeltà, memorie e colpe di un paese condannato a ritornare alla terra. Come tra le quinte di un teatro ecco aggirarsi un anarchico, un venditore di vasi da notte, una donna che non vuole sposarsi, un banditore cieco, una figlia che immagina favole, un padre abile nel distruggerle.



Recensione della Redazione QLibri

 
Cade la terra 2015-03-13 09:17:37 Donnie*Darko
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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    13 Marzo, 2015
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Arriva come una carezza, scuote come un tornado

L'immaginario borgo di Alento è destinato allo sfacelo e all'abbandono. In nefasto sposalizio con il potere erosivo dell'acqua la terra frana, divorata giorno dopo giorno insieme alla memoria di chi in quel paese -posizionato dalla fantasia dell'autrice da qualche parte nel sud Italia- ha abitato, vissuto, amato, odiato, sognato, per poi congedarsi dalla vita senza clamore.
Estella è la voce narrante, ex monaca fuggita prima da genitori castranti e poi da un dio incomprensibile, finita a lavorare presso una delle poche famiglie benestanti del paese.
Qui conosce l'intelligente e cinico Marcello: spalla ora amorevole, ora rissosa, incarnazione di un rammarico intuibile ma mai chiaramente esplicitato.
Marcello è un turbinare di emozioni suggerite e non consumate, mortificate dalla sotterranea misantropia di lui e soprattutto dalla missione di cui Estella si è fatta carico. Ovvero quella di ricordare chi non c'è più, di tenere a mente il significato dell'ennesima crepa su un muro, della buca più grande nello sconnesso acciottolato del paese, di quel particolare sbecco nei gradini di una scala di pietra. Tutto sotto la pacata ed eterna egida dell'olmo della piazza principale, maestoso nel suo essere tutt'uno con quella terra capricciosa amata attraverso radici vigorose, in chiara antitesi con le persone che hanno vissuto intorno a lui, incapaci di ancorarsi saldamente a quel suolo sempre più traditore.

Alento vive ancora, ovviamente attraverso Estella, sorta di linea Maginot umana in strenua difesa contro la dimenticanza, ultimo generoso e amorevole baluardo prima dell'oblio.
La protagonista sacrifica la sua vita, si sottrae ad essa pur di poter continuare a donare splendore a ciò che è stato, a far rivivere i momenti salienti in cui il pur tormentato borgo pullulava di vita. I fantasmi del passato tornano regolarmente a farle visita nonostante siano amareggiati, delusi, sconfitti da esistenze affrontate storte e ora non più raddrizzabili.
Carmen Pellegrino eccelle in eleganza linguistica, gioca sensualmente con le parole narrando di una donna che (per timore di vivere? per pura generosità? o perchè semplicemente ha così voluto il destino) si immola nelle vesti di memoria storica, incurante che l'eredità raccolta possa essere fagocitata dal fango dopo la sua morte.
Una donna impavida con i calcinacci minacciosi come cappello, i muri pericolanti a cingerle il corpo in un abito di insostenibile pesantezza e scarpe scivolose, fatte di terra disfata dalla pioggia.
L'umanità estrapolata è pulsante nonostante le vite presentate siano spesso semplici come il luogo e il tempo che abitano. La malinconia, la nostalgia, l'amore, si ergono negli aneddoti su cui "Cade la terra" non lesina: c'è l'idealista deciso a mettere a tacere per sempre la favella, il progressista accogliente con l'avanzare della tecnologia e non con i suoi affetti, la donna disillusa e vessata dal marito, il piccolo sogno del banditore orbo, il commerciante orgoglioso dei propri figli mandati agli studi e poi al fronte, fino a ritrovare la vecchina generosa che nelle lettere del figlio cerca la forza di tirare a campare, perchè nel ricordo c'è tutto, senza di esso non c'è vita.

Carmen Pellegrino è una voce incredibilmente soave ed avvolgente. E' scrittrice ed abbandonologa, ovvero persona alla ricerca dell'ultimo barlume di vita sotto forma di reminiscenza in ciò che è ormai morto, tralasciato. Per questo motivo ama aggirarsi per luoghi fatiscenti; siano essi case, stazioni, teatri e luna park ormai in balia del logorio prodotto dal tirannico scorrere del tempo. E lì tra quelle macerie, la ruggine, i ferri divelti, i cocci e la polvere individua il lascito di coloro che furono.

Arriva come una carezza e scuote dentro come un tornado, "Cade la terra" è un signor libro, un debutto folgorante in cui la lingua italiana si sposa mirabilmente alla tradizione agreste e alla forza dei sentimenti.

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Cade la terra 2018-01-23 11:16:12 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    23 Gennaio, 2018
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Memorie di solitudine

Strade abbandonate, ricoperte da uno spesso strato di polvere. Case in rovina, lasciate aperte perché tanto non ci sono più abitanti da difendere o ladri da scoraggiare. Ad Alento tutti sono ormai fuggiti, spaventati dal lento e inesorabile franare della terra.

In questo paese che scivola, però, c’è una donna che resiste.

Nella vecchia casa dell’olmo in cui ha lavorato per un’intera vita come istitutrice, Estella si mette il vestito della festa e allestisce il banchetto delle memorie. Perché in quel borgo non vivono più uomini, ma vivono ancora storie. E allora Estella resiste, per custodire tenacemente i ricordi di tutte le solitudini, le nostalgie, le lacrime, le speranze di cui quei muri logori e quegli oggetti impolverati sono stati testimoni. Per cercare disperatamente di animare con il soffio vitale della memoria i fantasmi del passato, affinché il loro coraggio, la loro voce, il loro dolore non sprofondino nel fango dell’oblio.

“Nella polvere di queste rovine, in questa polvere che il tempo ha sparpagliato posso riconoscere volti oggetti capelli rimasti fra i sassi, lacci di scarpe confusi con le piccole nervature delle foglie, giunture schiantate e sedie e tavoli transitori, e una parola per volta, finché avrò vita, imbastirò la storia di questo paese”.

Carmen Pellegrino ci regala un romanzo avvolto in un’atmosfera surreale e sospeso nel tempo, raccontandoci - attraverso Estella - personaggi veri, forti, vibranti, capaci davvero di stagliarsi dalla carta e toccare le corde del cuore del lettore. Evoca storie dimenticate, lasciando che verità e immaginazione, vita e morte, presente e passato si mescolino in parole senza tempo. “Cade la terra” è davvero un romanzo di rara sensibilità, in cui il tema dell’abbandono e della memoria viene affrontato con voce poetica, elegante, ricercata, che nulla concede al facile pietismo per i vinti e gli invisibili, perché ogni solitudine e ogni dolore sono addolciti dalla cura e dalla comprensione con cui li avvolge la loro tenace custode. Un romanzo intenso ed emozionante, di cui non posso che consigliare la lettura.

"Sediamo presso i morti che ci divengono così cari, ne ascoltiamo le parole il cui senso abita in noi e non dobbiamo fare altro che riconoscerlo. Talvolta essi ci ricompensano, quando ritornano a casa nelle forme più strane. D'altronde, nessuno fra i morti se ne va completamente, così come fra i vivi nessuno ci sarà mai del tutto".

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Cade la terra 2015-09-17 03:08:54 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    17 Settembre, 2015
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Siamo l’invisibile di qualcun altro

“Cade la terra” di Carmen Pellegrino è un’opera in tre atti, ciascuno anticipato da versi di poesie bellissime.

Estella (“la sua faccia di patifacula”) ritorna ad Alento dopo aver abbandonato l’abito monacale. Alloggia presso la famiglia più facoltosa del paesino e lì svolge il ruolo di istitutrice del figlio Marcello, un ragazzo asociale e dispettoso. Intanto il paesino sta franando e si spopola.
Nonostante il pericolo, Estella decide di rimanere nel vecchio nucleo (“Non mi resta che il paese, la sua magica impostura”). Nella solitudine visionaria (“Mi chiedo… se ci fu il paese o se il paese fu un sogno, se fu solo una magica impostura”) le fanno compagnia (“È bello il nostro olmo. Non rimane che lui del paese”) le storie dei “bifolchi” (non ricordano “i cafoni” di Fontamara?), personaggi essenziali e veraci dei quali l’autrice interpreta spirito e drammi. L’immedesimazione si realizza in una cena metafisica, alla quale partecipano lo scettico Marcello e… i fantasmi degli abitanti di Alento (“Parlavano di memorie, e d’un paese morto, e d’una terra che fu. Ora vi stagna sopra una gran palude”).

I versi che anticipano i contenuti delle tre parti sono tratti, nell’ordine, da “Amore per la vita” di Alfonso Gatto, “Forse un mattino andando in un’aria di vetro” di Montale, “Il giorno dei morti” di Pascoli.

“Cade la terra” è un romanzo particolare (“Il gallo non aveva ancora cantato, tanto più che non avevamo alcun gallo”), stilisticamente interessante, colpisce per la profondità e per l’efficacia nel cogliere le dimensioni sotterranee della realtà (“Si è sempre l’invisibile di qualcun altro”), esprime solidarietà verso i protagonisti anonimi della storia, realizza artisticamente l’esigenza umana di comunicare anche attraverso le barriere strutturali e culturali, interpreta la preoccupazione per le tragedie ecologiche, demografiche e urbanistiche che affliggono la contemporaneità.

Bruno Elpis

L’occasione è buona per riproporre la poesia di Montale, di rara bellezza e di immenso significato:

Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me ne andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

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Cade la terra 2015-08-12 10:49:52 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Agosto, 2015
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Estella, Marcello, Alento. Il tempo che fu.

Quando Estella arriva ad Alento, borgo immaginario destinato all'abbandono e allo sfacelo, non è altro che una giovane diciottenne fuggita prima da genitori che non hanno saputo donarle amore e di poi da quel convento dove Dio non le ha offerto asilo, una donna senza famiglia e senza radici.
Trovato lavoro quale istitutrice presso una delle poche famiglie benestanti del luogo la giovane inizia subito a prendersi cura del suo sedicenne Marcello ricoprendo anche ruoli che vanno ben oltre il compito assegnatole.
La personalità del ragazzo velata dalla maschera dell'intelligenza nonché da quella del cinismo non è altro che una facciata di quel che questo è; l'odio verso le persone che costantemente “invadevano” la sua casa, i continui sbalzi d'umore in cui ora si mostrava amorevole ora rissoso non erano altro che “l'imbuto” con cui contenere quel rammarico mai espresso ne mai compreso.
E' un turbinio di emozioni Marcello, sempre contenute mai consumate. La stessa attrazione che nutre verso Estella è un qualcosa che cercherà di negare, di non ammettere, nascondendosi in quell'idillio dell'abbandono, dell'essersi liberato di un peso quando si trasferirà dalla casa della sua giovinezza sita nella vecchia cadente porzione di paese a quella nuova e solida nella porzione più sicura di terra. L'amata si farà carico delle memorie dell'abitazione, delle storie del posto, dei giorni che furono e delle scelte che li determinarono e dunque rifiuterà di spostarsi da quel luogo che ben otto anni prima l'aveva accolta, lei che non indossava altro che stracci, lei che fuggiva da un mondo senza amore e comprensione. Sacrificherà la sua intera vita alla memoria pur di far rivivere quei momenti in cui il borgo pullulava di speranza e di futuro. I fantasmi del passato non mancheranno di tornare a farle visita – insieme all'instancabile Marcello che più volte tenterà di portarla via con sé da quel mondo di ieri – cercando di trasmettere la propria amarezza per quell'esistenza che Estella cerca di tramandare e da cui loro sono delusi, sconfitti, puniti. Cercano di farla riflettere, di farle capire che hanno già pagato per i loro errori e che altro non possono fare per espiare quelle colpe che in vita li hanno indotti a quella sorte, la invitano pertanto a cambiare il suo futuro nonché il loro passato rendendogli ora espio da quelle sconfitte.
Una narrazione intensa è quella che Carmen Pellegrino ci regala, una esposizione malinconica che avvolge il lettore e lo invita a riflettere su passato, presente e futuro, sul tempo che ci resta e di quel che di noi sarà prima dell'inevitabile oblio.
Alento, tramite i silenzi e le parole dell'autrice non è più un borgo immaginario nella mente di chi legge ma un luogo concreto e tangibile ricco di aneddoti, feste, gioia, tristezza, rimpianto. Non stupitevi di provare la sensazione di osservare l'olmo, di camminare per quelle vie che lo hanno reso così speciale, perché tutti abbiamo una nostra Alento nel cuore.

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Cade la terra 2015-08-08 16:07:07 ferrucciodemagistris
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    08 Agosto, 2015
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Fantasmi dimenticati

Qualche attimo prima di iniziare la lettura di questo romanzo, ho dato, come spesso accade, un rapido sguardo alla quarta di copertina dove ha colpito la mia attenzione la parola “abbandonologia”; un neologismo indirizzato, nel sostantivo “abbandonologo”, a chi perlustra il territorio alla ricerca di borghi abbandonati, edifici pubblici e privati in rovina, strutture e attività dismesse (luna park, orti, giardini, stazioni, ecc.), di cui documentare l'esistenza e studiare la storia (da Treccani.it/vocabolario).

Alento è un paesino immaginario del Cilento abbarbicato in cima a una montagna che frana in maniera impercettibile ma costante; l’Io narrante è Estella, una giovane donna con un’infanzia difficile scappata da un convento di suore dove era stata programmata la sua esistenza; si ritrova, per sua fortuna o meno, a diventare precettrice di un adolescente presso una distinta e facoltosa famiglia del borgo montanaro i cui abitanti sono descritti con dovizia di particolari nella più vasta accezione caratteriale e di rango nella piccola comunità.

Gli accadimenti e le storie di ogni famiglia, di ogni elemento, sono raccontati da Estella che mette in luce la durezza della vita, le miserie e i fardelli, oltre agli inevitabili lutti, di tutto un borgo con i suoi dintorni di campagna che viene via via abbandonato dalle persone a causa del pericolo incombente dovuto al terreno franoso che gradualmente annichilisce le case, le strade, le piazze di antica origine; la popolazione, nei decenni, si stabilisce in altro luogo lasciando la sola Estella, che nulla vuol sapere di abbandonare il pur insidioso borgo, quale ultimo baluardo a difesa e guardia delle abitazioni ridotte a ruderi e delle strade sconnesse sempre più divorate dalla forza di gravità cui il terreno soccombe.

Nella sua voluta e desiderata solitudine in mezzo a fantasmi del passato, Estella rivede nella sua mente tutte le persone, la maggior parte morte o sparite, e li fa rivivere secondo uno schema diverso dal precedente reale, in un’atmosfera di poesia che rievoca un benessere mai esistito, un avvenire radioso, gli stenti banditi in un clima dove la prepotenza è sepolta e prevale la giustizia.

Una narrazione che, malgrado possa apparire triste, avvolge il lettore in una sensazione che induce a pensare per quanto tempo ognuno di noi (mi riferisco alla stragrande maggioranza che non sarà menzionata nei libri di storia) rimarrà nella memoria futura prima di cadere ineluttabilmente nell’oscurità dell’oblio.

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Cade la terra 2015-07-19 16:26:32 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    19 Luglio, 2015
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Tra i sassi di Alento

“Cade la terra” è il primo romanzo della storica Carmen Pellegrino, classe 1977.

L'interesse dell'autrice per i borghi e gli insediamenti abbandonati dall'uomo, l'hanno portata ad elaborare un racconto che trae respiro e fonte di ispirazione da un piccolo paese inghiottito da un monte che si sbriciola inglobando tutto ciò che sta sul suo cammino.
Il mistero ed il fascino di case abbandonate, fanno riflettere sulle vite accolte da quelle mura cadenti, sui volti e sulle storie che si sono compiute, sui riti quotidiani, sulle voci che risuonavano da mattina a sera.
Il flusso narrativo che la Pellegrino adotta, assume le sembianze di un mosaico, dove si alternano tessere scure come le disgrazie della vita e tessere colorate come sprazzi di sole e squarci di cielo azzurro sulla vegetazione rigogliosa della montagna che spinta da forze inarrestabili scende a valle.

Le storie narrate dall'abile penna cantano vite interrotte, spezzate, piegate dalla volontà di un destino cieco. Si mescolano atmosfere riconducibili ad un mondo permeato di epicità ad atmosfere dense di realismo, con un bagaglio di immagini fotografiche che fanno vibrare nell'aria emozioni prorompenti.
L'autrice dimostra di cercare una strada narrativa personale sia sul fronte stilistico sia per l'elaborazione del contenuto.
La narrazione frastagliata e stratificata potrebbe apparire un neo di questa intensa storia corale, ma diviene un ottimo strumento per raccontare tante vicende personali e familiari che si dividono quel pugno di case frananti, per raccontare il prima e il dopo di ciascuno, per ritrarre vita e morte alternando le voci provenienti dal passato ai silenzi di oggi.
Al termine della lettura, si apprezza la capacità di aver fatto parlare “i silenzi”, di aver colto la vita tra un ammasso di sassi di cui nessuno si cura più.

Carmen Pellegrino concorre al Premio Campiello 2015.

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Cade la terra 2015-03-15 12:56:17 Foschia75
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Foschia75 Opinione inserita da Foschia75    15 Marzo, 2015
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Dovrebbe entrare con merito nei programmi scolasti

Non sono davvero all'altezza di spiegare ciò che ho letto, sfugge a qualsiasi mia possibilità.

Ho immaginato il vecchio olmo in cima al paese, le donne curve che salgono la china sotto il peso delle gerle, il banditore col suo corno latore di buone nuove... e poi l'edera che colonizza le crepe, gli scuri che resistono sull'ultimo cardine. Ad Alento c'è più vita di quanta se ne possa immaginare, chiudi gli occhi e comincia ad ascoltare... col cuore.

Ho lasciato scorrere le pagine per giorni, come scorrono le gocce sulle foglie durante un temporale, portandosi dietro i pensieri di chi le osserva, prendendo tutto il tempo di cui ha bisogno. Cinque giorni per un romanzo che si potrebbe leggere in due sere. Ho cercato di metabolizzarlo il più possibile senza mai riuscire a "domarlo". Adoro quando un romanzo diventa un viaggio introspettivo, quando mette alla prova tutto il mio modo di leggere e assorbire. Leggendo i ringraziamenti ( vi assicuro che sono un romanzo nel romanzo!), mi ha colpito molto l'ammirazione dell'autrice per Il giorno del Giudizio di Salvatore Satta, romanzo letto già due volte e ancora non dipanato del tutto. Questa citazione mi ha fatto molto riflettere su Cade la terra, sullo schiudersi e richiudersi a tratti, come farebbe un fiore dall'alba al tramonto. Dietro le storie degli abitanti di Alento, c'è molto, molto dell'animo umano, del suo vivere e morire, dell'egoismo emotivo di chi resta e del senso di liberazione di chi se ne va. Ci sono dei passaggi che ho riletto più volte, perchè sono così incisivi e profondi da far riflettere e forse spaventare chi, non si rende davvero conto di quanto rimaniamo avvinghiati a ciò che resta di chi abbiamo perso. Allora ho visualizzato l'edera, capace di colonizzare pietre, ruderi, fessure sui muri, caparbia, resistente alla mutevolezza del tempo e dell'ambiente. Molti di noi sono come quell'edera, altri sono come i fili d'erba tra i sassi... la prima resiste a oltranza, gli ultimi vivono e muoiono a seconda delle stagioni. L'edera è quella pianta che vive dove tutto è, o sembra abbandonato, non si capisce dove prende ciò che la sostenta, ma caparbia vive e si attacca, come fanno le persone che restano e sopravvivono dopo aver perso una persona cara. Quante similitudini in questo romanzo, quanti passaggi nei quali trovare molto delle nostre esistenze. Ho provato a chiudere gli occhi, immaginare Alento o qualsiasi altro paese abbandonato, ho immaginato di amplificare i sensi, ho sentito le cicale, le fronde degli alberi pettinate dal vento, qua e là una pietra che cade, uno scuro che cigola sul cardine, una porta che lievemente scricchiola.
Cade la terra è una possibilità di fermarsi, rallentare, pensare e ricordare. Mi vengono in mente davvero tanti pensieri ed emozioni, dalle più fisiche alle più introspettive. Forse perchè mi rendo conto che ci vuole davvero tanto tempo per lasciare andare chi si ama e non c'è più, e allora ci si attacca morbosamente alle sue cose, per anni, fino a quando non si fa propria la consapevolezza che non si smette mai di amare perchè non si smette mai di ricordare, e così diventano superflue le cose materiali, ma rimangono i ricordi su cui fare affidamento. Alento è il luogo dove vivi e morti si confondono, dove l 'autrice è magistralmente riuscita a portare i suoi lettori, divenuti affascinati viaggiatori con la possibilità di sbirciare dentro questa o quella casa, e percepire i passi, gli odori i rumori della quotidianità, fuori da qualsiasi tempo. Le vite di Estella e di Marcello, della famiglia Parisi, di Maccabeo, animano il borgo di vita vera o presunta, sospendendoci in una dimensione dalla quale è difficile accomiatarsi, assetandoci con le loro storie che si intrecciano in modo indelebile con la stessa essenza del luogo.
Leggere e visualizzare la piazza di Alento, con l'olmo che ha visto passare sotto di se intere generazioni di abitanti, con le loro miserie e i loro affetti. Entrare in casa de Paolis e cercare di carpire attraverso un gesto e uno sguardo i pensieri dei suoi abitanti, i loro più intimi segreti, attraverso le magistrali parole di Carmen Pellegrino.
Dentro questo romanzo ci sono innumerevoli messaggi, quelli legati al fascino dei paesi abbandonati dove, chiudendo gli occhi si può giocare a immaginare gli abitanti affaccendati nei loro mestieri quotidiani, quelli legati alla vita e alla morte, allo scorrere inesorabile del tempo come scorre la terra sotto le case di Alento, alla caparbietà con la quale i vivi trattengono il ricordo dei propri morti.
Cade la terra è un romanzo che scava nell'animo umano, sfuggente quanto basta da necessitare di essere letto e riletto, perchè capace di lasciare nel lettore ogni volta qualcosa di potente e diverso. Ogni lettore troverà in queste righe qualcosa di personale.

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Consigliato a chi ha letto...
A chi vuole intraprendere un viaggio indimenticabile nei luoghi dei ricordi intensi.
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