Bàrnabo delle montagne
Letteratura italiana
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C’è un Barnabo in ognuno di noi
Barnabo ama la montagna. Ama guardare il sole levarsi dalle grandi cime e vederlo tramontare dietro al Col Verde. Ama la casa dei Marden, con le vecchie travi marcite e le finestre che non si chiudono, l’intonaco scrostato e le tavole nere, il tetto che, stanco di contare le piogge e discutere con il vento, ha cominciato a slabbrarsi. Ama la vita del guardiaboschi, l’estremo contatto con la natura, i turni di guardia alla polveriera, le serate passate vicino al fuoco a raccontarsi vecchie storie. Ama quell’eterno vivere nella perenne attesa che arrivi qualcuno da un momento all’altro ma non arriva mai nessuno. Intanto le cime hanno lo stesso colore delle nubi e non cambiano mai. Ma alla fine qualcuno arriva, sono i briganti, e Barnabo non si fa trovare pronto, viene sopraffatto dalla paura, pietrificato dal panico. C’è poco da fare, quando un guardiaboschi non compie il suo dovere viene rispedito a casa, non c’è posto per i codardi. Ah se soltanto avesse osato, se avesse fatto fuoco sui nemici. Se avesse anche semplicemente provato a giustificarsi davanti al suo capo e ai suoi compagni. Invece la vergogna gli ha tolto ogni volontà. Allora non gli resta che ricominciare da capo, rifarsi una vita nelle campagne. Ma il suo pensiero è sempre lì ai monti, alla casa, ai compagni. Barnabo non riesce a dimenticare, non riesce a vivere lontano da ciò che ama. Ed ecco che dopo tanta attesa gli si presenta l’occasione per tornare, per riscattarsi, per riguadagnarsi il suo piccolo paradiso. Saprà essere pronto questa volta? E’ l’attesa la grande protagonista di questo breve romanzo di Buzzati che porta il lettore in mezzo a paesaggi incontaminati, tra cime battute dal vento, boschi misteriosi e silenzi interrotti soltanto dai suoni della natura. Una storia semplice ma ricca di metafore, raccontata da una penna delicata e fantasiosa e scandita da un tempo che scorre lento e sornione ma tuttavia inesorabile. Impossibile per il lettore non immedesimarsi nel protagonista, perché ognuno di noi è a suo modo come Barnabo, sempre in attesa di un’occasione, di un evento, di qualcuno o qualcosa che trasformi la nostra vita, che dia una scossa alla nostra esistenza, che ci dia la possibilità di riscattarci. E noi, quando l’attesa sarà finita, sapremo farci trovare pronti? “Barnabo ha rialzato il capo per ascoltare; è il suo cuore che batte oppure è il passo della sentinella fuori della polveriera? E’ stanco, un po’ addormentato, non riesce più a ricordare. Allora, come una volta, come nei tempi lontani, Barnabo prende il fucile e si avvicina alla soglia. Fuori c’è il grande silenzio e una pallida luce nel cielo tutto coperto. Le montagne sono nascoste ma si sentono vicine; sono immobili e solitarie, sprofondate nelle nubi”.
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La magia della natura
Bàrnabo delle montagne, scritto nel 1933, è stato il primo romanzo di Dino Buzzati. Opera breve, tuttavia ha in sé i germi di tutta la produzione successiva, con l’immensità della montagna, raccolta in un silenzio al tempo stesso imperioso e sublime, che crea un’atmosfera magica tale da rapire l’attonito escursionista, o comunque da lentamente attrarre a sé l’uomo che ritrova in essa un senso della vita in completa armonia con il creato.
C’è anche l’attesa di Bàrnabo nel il desiderio di riscattarsi, attesa che sarà il fil rouge di un’opera successiva di grandissimo valore, Il deserto dei Tartari. In un certo senso il personaggio di Bàrnabo anticipa, pur in veste diversa, quello del tenente Drogo, in questo tempo sospeso che fa dimenticare il trascorrere dei giorni, stregati rispettivamente dalla montagna e dal deserto, tutti intenti inconsciamente a ricercare e a concretizzare un senso della propria esistenza.
La costruzione del racconto, denso di metafore, l’aria fiabesca che vi si respira nella comunione con una natura spettatrice imparziale dei tentativi dell’uomo di affermarsi come essere privilegiato, le descrizioni dei paesaggi, gli affascinanti misteri dell’ambiente evidenziano una propensione naturale di Buzzati verso il fantastico, ma contingentata ai luoghi dove egli, più che vissuto, ha soggiornato da appassionato escursionista.
E se Il deserto dei Tartari è stato ispirato dalla solitudine in cui si trovava da giornalista nella sua stanzetta presso Il corriere della sera, in Bàrnabo delle montagne c’è tutta la meraviglia verso la maestosità della montagna che lo accompagnerà per tutta la vita.
In particolare, oltre agli umani, sembrano avere un’anima anche gli alberi, i torrenti, il vento, la nuda roccia, circostanza che mi induce a pensare che in Buzzati sia emersa una visione celtica del mondo, propria di chi cerca di vivere in armonia con il creato.
Comunque si resta stupiti per il fascino di questa narrazione, per la fantasia che la pervade e che porta il lettore a fantasticare, a vedere questo mondo magico come se fosse presente, come se ne fosse parte.
La lettura, ovviamente, è più che raccomandabile.