Narrativa italiana Romanzi Borgo Vecchio
 

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Borgo Vecchio

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Nel piccolo quartiere raccontato da Giosuè Calaciura sembra concentrarsi l’energia esplosiva di un’intera città. È solo una manciata di viuzze nel cuore di Palermo ma ne contiene tutto il carattere, l’oscurità, la violenza e la bellezza. Qui si rispecchia, si deforma ogni vizio e virtù, cuore e budella, come fosse un condensato di vita, una versione raggrumata e forte di sapori palesi e occulti, pubblici e privati. Qui vivono Mimmo e Cristofaro, amici fraterni, compagni di scuola e complici di fughe; Carmela la prostituta e Celeste, sua figlia, che porta in nome il colore del perdono; Totò il rapinatore che tiene la pistola nella calza perché – così si dice – è più difficile da usare. Qui si allevano cavalli per le corse e si truccano le bilance delle salumerie, mentre l’ululato del traghetto che parte verso il Continente si confonde con i lamenti causati dai pugni di un padre ubriaco. Da un lato c’è il mare, col suo vento che scombina gli odori in vortici ballerini, portando fragranza di carne nelle case di chi carne non mangia mai. Dall’altro c’è la piana distesa della metropoli, coi suoi negozi, le signore benestanti, la legge e le guardie. Nei vicoli il profumo del pane sfornato due volte al giorno suscita un tale stupore che ciascuno si segna con la croce. E può capitare che le forze dell’ordine cingano in assalto il quartiere fino a presidiarne gli ingressi, come in un assedio medievale. Sembra tutto fantastico e inventato, e invece nell’immaginazione di questa storia, nella lingua che la racconta, nel suo ritmo frenetico, domina la verità. Quella difficile, contraddittoria, di una città che non può soffocare le sue viscere, il suo cuore, perché lì si è posata la sua anima, lì si intravedono i miracoli e la meraviglia di ogni giorno, la fierezza e l’efferatezza dell’antico, del presente, e la speranza del futuro.



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Borgo Vecchio 2017-12-23 08:39:50 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    23 Dicembre, 2017
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La brutale quotidianità di un quartiere palermitan

Borgo Vecchio di Giosuè Calaciura: storie d’amore e di crudeltà nei labirinti di Palermo.
Mimmo e Cristofaro sono amici fraterni, compagni di scuola. Il padre di Cristofaro tutte le sere torna a casa con una cassa di birra, beve al buio aspettando il ritorno del figlio per riempirlo di botte. Mimmo accudisce il cavallo Nanà e di nascosto ama Celeste, che passa il suo tempo chiusa fuori dal balcone mentre la madre prostituta riceve i clienti in casa. E poi c’è Totò, il rapinatore con la pistola nel calzino, che vuole sposare Carmela, diventare padre di Celeste e cambiare le loro vite a partire da quella di Cristofaro. Questo è un quartiere della vecchia Palermo con la sua violenza e tutto il suo carattere oscuro ed umano.

In questo libro i temi trattati, con solerzia e sapienza, sono tanti: il rapporto tra infanzia ed ambiente, la difficoltà a crescere, l’innocenza delle creature più fragili nel confronto con la miseria economica e morale degli adulti. E sono motivi letterari calati nella realtà, o meglio ancora nella irrealtà, siciliana, sempre in bilico tra il mondo antico e quello incompreso, o frainteso della modernità. Il Borgo Vecchio è un quartiere di Palermo che potrebbe essere la contrada urbana di un qualunque meridione, non solo europeo, alle prese con la povertà, e la micro e macro delinquenza diffusa nei cervelli degli uomini prima ancora che nella società. Si comprende bene perché uno dei luoghi mitici del libro è la macelleria, lo scannatoio dove le vittime sono vittime sacrificali. Come l’agnello che viene addobbato di lucine colorate alla vigilia di Natale e scannato per Pasqua, davanti ad un pubblico curioso e feroce; magari lo stesso animale che aveva condiviso con lo scimunito Nicola, disperato per quella fine brutale e convinto che presto la stessa sorte sarebbe toccata pure a lui. Il romanzo, dalla trama delicatissima, si svolge nel crudele e poetico accostamento di odori, sentimenti e personaggi opposti e ambivalenti, spesso legati da vincolo parentale, la cui vicinanza crea tragiche frizioni. E via via che si procede nel viaggio, che è un percorso nel reticolo labirintico di vicoli e cortili, tra assassini potenziali e antichi odi che aspettano solo l’occasione giusta per sfociare in tutta la loro barbaria, il racconto pare sempre più una favola, con pagine di effetto straordinario, dove il profumo del pane inebria buoni e cattivi o dove la collera di Dio contro l’ostinazione di Celeste concentrata sui libri di scuola scatena un delirio di pioggia:

“Versò secchiate di acqua violenta, soffiò ruggiti di vento a gonfiare le tende del mercato, che si liberarono da tutti i nodi, strapparono tutte le corde e si alzarono sul Quartiere a terrorizzare con il presagio della fine del mondo.”

Un microcosmo di una bellezza intellettuale infinita.

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