Black out
Letteratura italiana
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Cortocircuito mentale. Cattiveria o follia?
Ho provato per questo libro, fin da quando l'ho visto sullo scaffale della libreria, un'attrazione ipnotica di tipo acustico.
Mi risuonava quel "crack" della plastica accartocciata nelle orecchie, non riuscivo proprio ad ignorarlo (ed infatti il libro è tornato a casa con me)... ma mai avrei immaginato quanto fosse importante e tristemente definitivo quel suono ai fini della storia in esso raccontata.
Emiliano Bardanzellu, il protagonista, non sopporta il rumore delle bottiglie di plastica compattate.
Non lo sopporta al punto da andare in "cortocircuito", da perdere completamente la testa e compiere un'azione terribile, la peggiore che si possa immaginare, di cui però non ricorderà nulla, di cui (almeno apparentemente) non sembrerà portare alcuno strascico a livello morale, né sensi di colpa, né pentimento... solo una pacata accettazione della pena.
Ma si può provare disperazione e pentimento per qualcosa di cui non si ha memoria?
È difficile autoriconoscersi come "mostro" se non si riconosce come proprio il gesto compiuto.
Oppure ci troviamo di fronte al più subdolo calcolatore che si nasconde dietro l'alibi del black out mentale?
Cattiveria o follia?
Il romanzo cerca di esplorare proprio questo, ovvero dove risieda il limite tra le due cose.
Quando si può davvero affermare che un atto di violenza inaudita sia figlio di un momento di buio totale e quando il frutto di un sentimento rancoroso?
Sì, certo, ci sono le perizie psichiatriche, ma... la verità è custodita solo lì, nei meandri della mente degli assassini.
Delogu nell'esplorare questo abisso mentale, ci porta in Sardegna, ci apre i cancelli delle carceri, in particolare quella di Buoncammino e la colonia penale di Is Arenas, ci fa fare amicizia con i compagni di cella di Emiliano, con il direttore, con il secondino...
Impareremo a guardare i criminali con occhi più "umani", scoprendo i loro piccoli gesti quotidiani, le loro piccole fragilità.
Ci indispettirà la mitezza di un uomo che vorremmo vedere straziato dal dolore, non riusciremo mai a comprendere fino in fondo il suo distacco, la sua oltraggiosa compostezza.
Saremo spiazzati da un finale che ci costringerà a fare quello che per tutto il libro abbiamo cercato di evitare di fare: schierarci.
Un romanzo che non assolve il male, ma che vuole raccontarci una storia, una brutta e triste storia, da una prospettiva scomoda, difficile... e vuole portare il lettore a riflettere sul nostro tempo, sulle nostre nevrosi e idiosincrasie.
Un libro che non fornisce risposte (come dovrebbero fare tutti i buoni libri), ma che vuole obbligarci a pensare, a prendere una posizione nostra, a portare a termine quello che lo scrittore ha lasciato volutamente ambiguo.
Molto bello, ma di sicuro non compatterò mai più le bottiglie con lo stesso stato d'animo...