Bastaddi
Letteratura italiana
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Picciotti e dintorni
Bastaddi di Stefano Amato ambisce a ribaltare il corso degli eventi che negli anni Novanta hanno visto perire Falcone e Borsellino come vittime sacrificali di un nemico vigliacco e crudele. Per ottenere questo scopo, il romanzo si appropria dell’idea che fu alla base di “Bastardi senza gloria” di Tarantino: stipare gli avversari in un luogo chiuso e farli esplodere…
I Bastaddi del titolo sono un manipolo di giovani (“Non siamo poliziotti, e nemmeno carabinieri… Siamo nel campo dell’eliminazione dei mafiosi”), che covano rancore contro la mafia, sono disposti ad adottare ogni mezzo per combatterla e, capitanati dal tenente Ranieri (“Aldo Ranieri, che i mafiosi hanno soprannominato Aldo l’indiano… perché ha il vizio di fare lo scalpo a tutti i mafiosi che ammazza”), non esitano a utilizzare sistemi sbrigativi e atroci per combattere le cosche.
Negli anni Novanta la Mafia ha subito una battuta d’arresto soprattutto a causa del pentitismo (“Che poi io i pentiti non li capirò mai. Perché lo fanno secondo te? Per una questione di principio? Per paura? Per vendetta?”). Per questo, alcuni sinistri capoclan (“Certuni lo chiamano anche la Bestia”) e personaggi senza scrupoli (“L’uomo senza occhi gli rivolse uno dei suoi enigmatici sorrisi… e il dente d’oro fece capolino…”) pensano di rilanciare Cosa Nostra con una serata mafiosa (“Salvo vuole… organizzare la prima proiezione del suo film nel tuo cinema…”). Per l’evento viene scelta la sala cinematografica gestita dall’unica sopravvissuta a una faida (“I Randazzo sono qui vero?”) che ha sterminato un’intera famiglia (“I pagamenti erano in regola, e in più stava proiettando tutti i film che volevano… L’avevano scoperta? Sapevano che lei era Giovanna Randazzo…?”).
La sala gremita di padrini e picciotti si trasforma in una santabarbara per l’azione congiunta dei Bastaddi, infiltratisi tra gli invitati per condurre “l’operazione cinematografo”, e della bella Giovanna, proiezionista più intenta a realizzare la sua vendetta che a deliziare i malviventi con i film di loro gradimento.
Il romanzo ha il pregio di mostrare il vero volto della criminalità organizzata (“S’immaginavano i mafiosi come maestri del crimine o dei geni del male, quando di geniale non avevano niente…”), in una rappresentazione paradossale dietro la quale forse si nasconde il sogno dell’autore siciliano: quello di veder sgominato un nemico tanto invisibile quanto presente nella vita economica e sociale dell’isola, quello di vedere gli eroici magistrati ancora in vita e vittoriosi…
Bruno Elpis